25 Maggio 2018 – Venerdì, VII del Tempo Ordinario – (Gc 5,9-12; Sal 102[103]; Mc 10,1-12) – I Lettura: Come per i ricchi, il giorno del giudizio arriverà anche per chi vive nelle angustie. Ma mentre per i primi l’attesa di quel giorno è piena di timore, per gli ultimi è un’esortazione alla paziente sopportazione in vista della liberazione e della ricompensa. L’ultima raccomandazione è un invito alla sincerità e a non abusare dei giuramenti. Salmo: “Ognuno di noi inciti la propria anima: Benedici il Signore! E noi tutti, dovunque, siamo un sol uomo la cui testa è nel cielo: esorti, quest’uo-mo, la propria anima e le dica: Benedici il Signore!” (Agostino). Vangelo: Mosè, in realtà, non ha dato un comandamento, ma una norma permissiva. La parola di Gesù è più autorevole, si rifà a Gen 2,23 dove Adamo definisce la donna “carne dalla mia carne”, sottolineando il forte e intimo legame che si crea con il matrimonio.
L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Riflessione: «Così non sono più due, ma una sola carne». Il brano evangelico di oggi ci offre “la definizione della struttura cristiana profonda del matrimonio e della famiglia, disegnata all’interno dell’amore umano dallo stesso Creatore. Gesù, infatti, rimanda al «principio», cioè al pensiero originario di Dio nella creazione della coppia, e le sue parole sono le stesse del Libro della Genesi (2,24), a cui aggiunge solo un breve commento finale sull’indissolubilità dell’autentico legame d’amore. Nel suo discorso possiamo intravvedere quattro nette dichiarazioni. La prima è una citazione del primo racconto della creazione: «Dio li creò maschio e femmina» (Gen 1,27). La dualità sessuale è un bene, è una qualità iscritta nell’umanità da Dio stesso, anzi è un riflesso della fecondità divina che crea sempre nuovi esseri sulla terra. La seconda asserzione è tratta dal secondo racconto della creazione: «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola» (Gen 2,24). Gesù ricorda che ogni matrimonio spezza un passato e inaugura un futuro. La famiglia precedente, le esperienze della giovinezza, i legami del passato restano ancora ma sono superati dal nuovo orizzonte che si schiude davanti alla famiglia nuova che sta nascendo. La terza dichiarazione è propria di Gesù ed è un suo commento quasi letterale alla frase della Genesi: «Così non sono più due, ma una sola carne». È la celebrazione dell’unità profonda creata dall’amore: le individualità dell’uomo e della donna sono reali e buone ma l’amore riesce a compiere il miracolo del fondere senza confondere. La quarta e ultima frase, costituisce il vertice del ragionamento di Gesù: nella discussione con i farisei sul divorzio Cristo conclude affermando che «l’uomo non deve separare ciò che Dio ha congiunto». Dio è introdotto come radice dell’unità della coppia. Il divieto del divorzio non è assolutamente dedotto da un processo naturale ma dalla volontà di Dio che dispone liberamente. Il matrimonio così come Dio lo desidera e lo sogna per le sue creature è limpido e totale, fondato su un amore che non conosce riserve e limiti: è una scelta radicale che coinvolge mente, cuore, volontà e azione. Ed è un’esperienza da conquistare ogni giorno” (Card. G. Ravasi).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il sacramento del Matrimonio – Compendio CCC 337: Dio, che è amore e che ha creato l’uomo per amore, l’ha chiamato ad amare. Creando l’uomo e la donna, li ha chiamati nel Matrimonio a un’intima comunione di vita e di amore fra loro, «così che non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6). Benedicendoli, Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1,28).
Il vincolo matrimoniale – CCC 1639-1640: Il consenso, mediante il quale gli sposi si donano e si ricevono mutuamente, è suggellato da Dio stesso. Dalla loro alleanza “nasce, anche davanti alla società, l’istituto (del matrimonio) che ha stabilità per ordinamento divino”. L’alleanza degli sposi è integrata nell’alleanza di Dio con gli uomini: “L’autentico amore coniugale è assunto nell’amore divino”. Il vincolo matrimoniale è dunque stabilito da Dio stesso, così che il matrimonio concluso e consumato tra battezzati non può mai essere sciolto. Questo vincolo, che risulta dall’atto umano libero degli sposi e dalla consumazione del matrimonio, è una realtà ormai irrevocabile e dà origine ad un’alleanza garantita dalla fedeltà di Dio.
La fedeltà matrimoniale – CCC 1646: L’amore coniugale esige dagli sposi, per sua stessa natura, una fedeltà inviolabile. È questa la conseguenza del dono di se stessi che gli sposi si fanno l’uno all’altro. L’amore vuole essere definitivo. Non può essere “fino a nuovo ordine”. “Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità”.
La separazione… il divorzio – CCC 1649-1651: Esistono tuttavia situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa praticamente impossibile per le più varie ragioni. In tali casi la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della coabitazione. I coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è chiamata ad aiutare queste persone a vivere cristianamente la loro situazione, nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile. Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (“Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza. Nei confronti dei cristiani che vivono in questa situazione e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i loro figli, i sacerdoti e tutta la comunità devono dare prova di una attenta sollecitudine affinché essi non si considerino come separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati: “Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Non ripudiare la tua sposa: significherebbe negare che Dio è l’autore della tua unione […] Tu invece ripudi la tua sposa quasi fosse nel tuo pieno diritto, senza temere di commettere un’ingiustizia, tu credi che ciò ti sia permesso perché la legge umana non lo vieta. Ma lo vieta la legge di Dio: e se obbedisci agli uomini, devi temere Dio. Ascolta la legge del Signore cui obbediscono anche quelli che fanno le leggi: Ciò che Dio ha unito, l’uomo non lo divida [Mt 19,6]. Ma non è soltanto un precetto del cielo che tu violi: tu in un certo modo distruggi un’opera di Dio […] Forse qualcuno potrà dire: Ma allora perché Mosè ha comandato di dare il libello di divorzio e di licenziare la moglie? [Mt 19,7; Dt 24,1]. Chi parla in questo modo è giudeo, non è cristiano: egli obietta ciò che fu obiettato al Signore, e perciò lasciamo al Signore il compito di rispondergli: Per la durezza del vostro cuore – dice – Mosè vi permise di dare il libello del divorzio e di ripudiare le mogli; ma all’inizio non era così [Mt 19,8]. Cioè egli dice che Mosè l’ha permesso, ma Dio non lo ha ordinato: all’inizio valeva la legge di Dio. Qual è la legge di Dio? L’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua sposa, e saranno due in una sola carne [Gen 2,24; Mt 19,5]. Dunque, chi ripudia la sposa, dilania la sua carne, divide il suo corpo. Questo passo mostra all’evidenza che quanto fu scritto a causa della debolezza umana, non è stato scritto da Dio. Perciò l’Apostolo dice: Ordino – non io, ma il Signore – che la moglie non si separi dal marito [1Cor 7,10]» (Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Per essere fedeli all’amore coniugale… – Gaudium et Spes 50: L’unità del matrimonio, confermata dal Signore, appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale che bisogna riconoscere sia all’uomo che alla donna nel mutuo e pieno amore. Per tener fede costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana si richiede una virtù fuori del comune; è per questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell’amore, la grandezza d’animo, lo spirito di sacrificio e li domanderanno nella loro preghiera.
Santo del giorno: 25 Maggio – Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, Vergine: “Nasce nel 1566 e appartiene alla casata de’ Pazzi, potenti (e violenti) per generazioni a Firenze, e ancora autorevoli alla sua epoca. Battezzata con il nome di Caterina, a 16 anni entra nel monastero carmelitano di Santa Maria degli Angeli in Firenze e come novizia prende il nome di Maria Maddalena. Nel maggio 1584 soffre di una misteriosa malattia che le impedisce di stare coricata. Al momento di pronunciare i voti, devono portarla davanti all’altare nel suo letto. Da questo momento vivrà diverse estasi, che si succederanno per molti anni. Le descrivono cinque volumi di manoscritti, opera di consorelle che registravano gesti e parole sue in quelle ore. Più tardi le voci dall’alto le chiedono di promuovere la «rinnovazione della Chiesa» (iniziata dal Concilio di Trento con i suoi decreti), esortando e ammonendo le sue gerarchie. Scrive così a papa Sisto V, ai cardinali della curia; e tre lettere manda ad Alessandro de’ Medici, arcivescovo di Firenze, predicendogli il suo breve pontificato. La mistica morirà nel 1607 dopo lunghe malattie” (Avvenire).
Preghiamo: Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…