liturgia

20 Maggio 2018 – Pentecoste (B)

Dagli Atti degli apostoli (2,1-11) – Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare: “Primitivamente festa della mietitura, la Pentecoste era successivamente divenuta anche festa della rinnovazione del-l’alleanza. Il miracolo della Pentecoste secondo uno dei suoi aspetti, ha una certa parentela con il carisma della glossolalia frequente alle origini della Chiesa”(Bibbia di Gerusalemme). “Il dono dello Spirito è compimento della promessa di Gesù. L’accorrere da ogni nazione vuol indicare la potenza unificatrice dello Spirito che ricostruisce l’unità perduta a Babele e preannuncia la missione universale della Chiesa”(Messale Festivo, ed. LDC).

Salmo 103 (104) – Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra: «Possa io lodarlo in modo che il mio frutto gli piaccia (cfr. Eb 13,15): la mia parola, il mio colloquio con lui, la mia lode. Osserviamo che la salmodia porta in sé la propria ricompensa: porta l’uomo in cielo. Perché la lode sia gradita a Dio è necessario che l’accompagni una vita pura; allora io gioirò nel Signore, nel suo culto, nella sua adorazione, nei suoi comandi e godrò d’avere un tal Signore. Perché io mi rallegro della creazione: del cielo, del sole, delle piante, ma gioisco del Creatore più che di tutto il resto. È lui il mio gaudio infinito» (Eusebio).

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (5,16-25) – Il frutto dello Spirito: L’apostolo Paolo sottolinea inequivocabilmente l’esistenza personale e distinta dello Spirito nell’unica e indivisa natura divina, attribuendogli un’identità non meno precisa di quella del Padre e del Figlio. La fede ci insegna che lo Spirito Santo è una Persona, con una personalità tutta propria distinta da quella del Padre e del Figlio. Credere nello Spirito Santo «significa dunque professare che lo Spirito Santo è una delle Persone della Santa Trinità, consostanziale al Padre e al Figlio, “con il Padre e il Figlio adorato e glorificato”» (CCC 685). Lo Spirito Santo viene come dono di salvezza in forza dell’opera redentrice di Gesù: è l’Avvoca-to (Paràclito) di Cristo, che lo rappresenta e lo glorifica. Dopo l’Ascensio-ne di Gesù, abita nella comunità apostolica come in un tempio, ne crea l’unità ed agisce al suo interno (cfr. 1Cor 3,16; Ef 2,22).

Dal Vangelo secondo Giovanni (15,26-27; 16,12-15) – Lo Spirito di verità vi guiderà a tutta la verità: Il Paràclito, come Gesù, non parla da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e annuncerà le cose future. Gesù (vv. 12-15) ha espresso l’essenziale della sua rivelazione, lo Spirito Santo farà capire ciò che è avvenuto e farà conoscere le cose future non predicendo l’avvenire o apportando una nuova rivelazione, ma chiarendo il mistero di Gesù. In conclusione, lo Spirito prosegue ciò che Cristo ha fatto: rivelare agli uomini il mistero di Dio. Essendo l’ultima parola di Dio agli uomini Gesù rimane in parte un enigma, finché lo Spirito Santo non aprirà la loro mente alla conoscenza sapiente e profonda del suo mistero.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Approfondimento

Cominciarono a parlare altre lingue – La Chiesa apostolica è scossa dal vento carismatico dello Spirito Santo: i diaconi, gli Apostoli, i discepoli operano prodigi, miracoli suscitando stupore e meraviglia (At 3,10). Ma sono soprattutto i cristiani della comunità di Corinto a beneficiare dei doni spirituali tanto da spingere l’apostolo Paolo a ringraziare il Padre della luce datore di ogni dono perfetto (Gc 1,17): «Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza» (1Cor 1,4-5). Questa azione carismatica dello Spirito Santo viene già registrata nell’AT. A volere fare un elenco, senza pretendere che sia esaustivo e senza volere entrare nelle sottili distinzioni tra carisma e dono, si può ricordare il dono di interpretare i sogni, così per Giuseppe (Gen 41,15-16.38-39) come per Daniele (Dn 4,15).

Poi, il carisma della profezia. È già presente nell’AT: il massimo benificiato è Mosè «con il quale il Signore parlava faccia a faccia» (Dt 34,10). Quando lo Spirito di Dio fu tolto parzialmente a Mosè e venne comunicato ai settanta anziani d’Israele, appena lo Spirito si posò su di loro, quelli incominciarono a profetare (Nm 11,24-25). Così fu per Saul (1Sam 10,11) e per i suoi messi inviati a catturare Davide (1Sam 19,20ss). Perché il popolo non si avventuri alla ricerca di indovini o incantatori, il Signore susciterà in mezzo al popolo eletto un profeta pari a Mosè: «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto» (Dt 18,18-19). Questo dono, nel Nuovo Testamento, è il più importante fra tutti i carismi e va ambito perché chi profetizza parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto (1Cor 14,1-5). San Paolo contrappone il dono della profezia al dono delle lingue  o «glossolalia» che è il dono di lodare Dio proferendo, sotto l’azione dello Spirito Santo e in uno stato più o meno estatico, suoni incomprensibili. Proprio per quest’ultima caratteristica è preferibile il dono della profezia: «Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue» (1Cor 14,18-19).

Il dono dei miracoli è il contrassegno dei grandi uomini di Dio: Mosè, Eliseo, Elia, ecc.; poi, marcatamente, privilegio degli Apostoli per la vivificante presenza del Risorto nella Chiesa: Stefano è ricco di grazia e di poteri taumaturgici (At 4,30); Filippo opera prodigi e miracoli tanto da incantare le folle (At 8,5-8); quando Pietro passava «portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro» (At 5,15), e poi, Paolo operava «prodigi non comuni», «al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano» (At 19,11-12). Il potere di scacciare gli spiriti immondi era già retaggio dei discepoli del Cristo (Lc 9,1).

Altri carismi che Paolo ricorda nella 1 Corinzi sono il linguaggio della sapienza, «forse il dono di esporre le più alte verità cristiane, quelle che si riferiscono alla vita divina e alla vita di Dio in noi» (Bibbia di Gerusalemme); il dono della scienza, cioè il dono di esporre le verità elementari del cristianesimo; il dono di distinguere gli spiriti che è «il dono di determinare l’origine [Dio, la natura, il maligno] dei fenomeni carismatici» (BJ); poi «i doni di guarigioni, i doni di assistenza, di governare» (1Cor 12,28).

Per evitare atteggiamenti bizzarri o pericolose deviazioni nella fede, Paolo impone che i doni dello Spirito siano ben vagliati e che tutto sia fatto con ordine e assennatezza (1Cor 14,26-40), ma soprattutto ordina di aspirare «ai carismi più grandi», indicando con ferma decisione la carità (1Cor 13,1ss). I cristiani aspirino ai carismi, cerchino di averne in abbondanza, ma si ricordino che essi sono dati per l’edificazione della comunità» (1Cor 14,12). Questa utilità comune viene illustrata con il paragone del corpo umano (1Cor 12,12-31). Ampliando la riflessione, a questi carismi possiamo aggiungere il matrimonio come la continenza (1Cor 7,7), o altri incarichi che rivestono un carattere essenzialmente pratico (medico, infermiere…), per cui il carisma di ciascun credente è la propria condizione sociale, il dovere del proprio stato. Dio, nel suo mistero trinitario, è la fonte unica e originale dei doni (1Cor 12,4-7), i quali vanno apprezzati e accolti con gioia e gratitudine (cfr. LG 30; PO 9).

Commento al Vangelo

 

Quando verrà lo Spirito di verità che procede dal Padre – I due brani che compongono il Vangelo di questa Domenica fanno parte di quel lungo discorso di addio che Gesù rivolge ai discepoli prima di incamminarsi verso il Getsèmani. Bisogna ricordare anche che le parole di Gesù proferite durante la celebrazione dell’ultima Pasqua si trovano in un contesto di persecuzione sia per Lui che per gli Apostoli.

Nel primo brano (Gv 15,26-27) Gesù promette agli Apostoli di mandare loro il Paràclito, l’Intercessore. Come ci suggerisce la prima lettura (At 2,1-11) questa promessa si compie perfettamente mentre stava compiendosi il giorno di Pentecoste. Il termine Paràclito si incontra solo nei discorsi d’addio di Gesù (cfr. Gv 14,16.26; 15,26; 16,7).  Nella tradizione cristiana, di volta in volta, il termine è stato inteso come Intercessore, Avvocato, Consolatore. In 1Gv 2,1 Gesù Cristo viene chiamato Paràclito, che da molti è tradotto come Avvocato.

Il Paràclito è mandato dal Padre per intercessione di Gesù. L’evangelista Giovanni, in questi versetti, presenta Gesù strettamente unito a Dio e «quasi “dipendente” da lui [v. 14,28b!]. A questo modo si illustra la loro comunione» (C. Buzzetti). L’espressione lo Spirito di verità che procede dal Padre indica la «“missione” dello Spirito nel mondo, piuttosto che la sua “processione” dal Padre in seno alla Trinità» (BJ).

Lo Spirito Santo, promesso e donato dal Padre e dal Figlio, sarà la guida della Chiesa e aiuterà i discepoli a dare la loro testimonianza, che nel testo sottintende il martirio; infatti, è implicita l’idea che la testimonianza è contro l’odio e l’incredulità del mondo (cfr. Gv 16,7-11). Giust’appunto, nel capitolo che segue, Gesù preannunzia ai discepoli persecuzioni e martirio: «Vi scacceranno dalle sinagoghe, anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio» (Gv 16,2).

Il motivo di tanto odio e ferocia è da ricercare nel fatto che gli Apostoli sono stati con Gesù fin dal principio. I discepoli, in vera comunione con Gesù, condivideranno la sua stessa sorte, saranno odiati perché è odiato Lui, il loro Maestro: «Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi […]. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome» (Gv 15,20-21). L’intenzione di questa profezia poi appare chiara: Gesù vuole rimuovere dal cuore dei suoi amici lo scandalo che nascerà da queste persecuzioni, mentre essi si sarebbero aspettati il trionfo.

Nel secondo brano (Gv 16,12-15) viene sottolineata l’azione dello Spirito di verità presso i discepoli: li guiderà a tutta la verità. In questa luce, «la missione del Paràclito è parallela a quella di Gesù. Anche Lui è maestro e guida. L’ambito della guida del Paràclito è però la rivelazione di Gesù. Non è un’altra verità che viene a rivelare, ma la stessa rivelazione di Gesù, pienamente interpretata» (G. Segalla). In questo senso va compresa anche l’espressione vi annuncerà le cose future: non rivelerà il futuro, ma darà l’intelligenza della Parola, aiuterà i discepoli a comprendere quanto già è avvenuto o è stato detto in relazione al futuro e al futuro ultimo.

Lo Spirito di verità mi glorificherà: come «Gesù glorifica il Padre [Gv 17,4] perché rivela il suo amore e la sua potenza salvifica, così lo Spirito glorifica Gesù, in quanto continua la stessa rivelazione di Gesù» (G. Segalla).

In merito alla missione dello Spirito Santo, il Catechismo della Chiesa Cattolica così insegna: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missione congiunta associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunione con il Padre nello Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomini, li previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifesta loro il Signore risorto, ricorda loro la sua parola, apre il loro spirito all’intelligenza della sua morte e risurrezione. Rende loro presente il mistero di Cristo, soprattutto nell’Eucarestia, al fine di riconciliarli e di metterli in comunione con Dio perché portino “molto frutto”» (737).

Riflessione

 

Passioni e desideri – Paolo scrivendo ai cristiani di Corinto ricorda loro che lo Spirito Santo abita nei credenti come in un tempio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19). Una affermazione che equivale a dire che il Paràclito vivifica e anima dal di dentro il fedele. Sottintendendo la docilità dell’inabitato, perché Dio non ha mai violato e violentato la libertà umana.

Tra i tanti atteggiamenti distorti, in modo particolare, due peccati rendono “impotente” la Presenza vivificante e ricreatrice dello Spirito: i peccati contro l’unità del Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. Ef 4,30) e la fornicazione: «State lontani dalla fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo, ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi»  (1Cor 6,18-19). Per la disgregazione del corpo di Cristo, bene fa notare Settimio Cipriani: come «l’antico tempio era caratterizzato dalla presenza della “gloria di Dio” che si manifestava nella nube, il nuovo è caratterizzato dalla presenza dello “Spirito Santo” che inabita nell’intimo dei cuori. Perciò è un atto criminale, che Dio punirà certamente, il “pro-fanare” questo tempio, che è la comunità cristiana, con l’errore e soprattutto con lo spirito di fazione e di divisione, perché “santo è il tempio di Dio che siete voi”».

Alla fornicazione possiamo aggiungere l’aborto, l’omosessualità, la pedofilia, la prostituzione, quest’ultima vera «piaga sociale»: «Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo» (CCC 2355). A tanti mali possiamo assommare la dilagante pornografia, la quale lede «gravemente la dignità di coloro che vi si prestano [attori, commercianti, pubblico], poiché l’uno diventa per l’altro oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell’illusione di un mondo irreale. È una colpa grave» (CCC 2354).

Oggi assistiamo, purtroppo, al triste teatrino di povere menti malate che esaltano ogni sfrenatezza, ogni sregolatezza; uomini piccoli e sporchi ubriacati da un’etica individualistica. Come cristiani non possiamo prestarci a questo giuoco per una cattiva intesa della libertà umana o perché fatti riflessivi per l’evolversi dei costumi, dell’incremento del grado di civiltà, del progredire del sapere umano. Anzi la «profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corso delle cose e intorpidito dall’iner-zia, indulga a un’etica puramente individualistica. Il dovere della giustizia e dell’amore viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, contribuendo al bene comune secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, promuove e aiuta anche le istituzioni pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini» (GS 30).

Senza isterismi o fanatismi dobbiamo aiutare gli Stati perché cancellino la piaga dell’aborto e del divorzio e che non promuovano istituzioni liberticide volte solo a distruggere quei valori, come la famiglia, che sono alla base di ogni convivenza civile e democratica. La «comunità politica ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in particolare… la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l’alcolismo, ecc.» (CCC 2211).

L’uomo, a qualsiasi sponda appartenga o approdi, ha «una legge scritta da Dio nel suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato» (GS 16). Il libertinaggio, l’assoluta indipendenza di idee e di opinioni specialmente in campo religioso o morale, è una moneta che non paga e non fa ricco nessuno: anzi spinge l’uomo alla più nera miseria, quella spirituale, appunto!

La pagina dei Padri

 

I tre tipi di azione dello Spirito Santo in noi – San Bernardo: Oggi lo Spirito Santo ci rivela qualche cosa di se stesso, come prima conoscevamo qualche cosa del Padre e del Figlio: la perfetta conoscenza della Trinità è la vita eterna. Ora conosciamo solo in parte; ciò che non riusciamo a comprendere, lo accettiamo per fede… Prima lo Spirito invisibile manifestava il suo arrivo con segni visibili: quanto più poi i segni sono spirituali, tanto più sono convenienti allo Spirito Santo. Discese allora sopra i discepoli in lingue di fuoco, perché‚ dicessero parole di fuoco nelle lingue di tutte le genti e predicassero una legge di fuoco con lingua di fuoco. Nessuno si lamenti che tale manifestazione dello Spirito non venga fatta a noi: la manifestazione dello Spirito è fatta a ciascuno a seconda dell’utilità (1Cor 12,7). Ma veramente questa manifestazione è stata fatta più a noi che agli apostoli. A che servirono infatti a loro le lingue, se non per la conversione delle genti? Ci fu in loro una ben altra manifestazione più propriamente loro: e questa ancor oggi si rivela a noi. È evidente, infatti, che dovettero essere rivestiti di potenza dall’alto quei tali che, da una così grande pusillanimità di spirito, pervennero poi a così meravigliosa costanza. Non fuggono più, non si nascondono più per paura dei Giudei; è più forte il loro coraggio nel predicare, che non sia stata la loro paura nel nascondersi. E che quel mutamento sia dovuto alla destra dell’Altissimo lo dice chiaramente la paura del principe degli Apostoli, che trema alle parole d’una serva, ma poi diventa forte sotto i flagelli del sinedrio: “Se ne andavano via dal sinedrio pieni di gioia, perché erano stati ritenuti degni di subir ignominia per il nome di Gesù” (At 5,11). Eppure, mentre Gesù era condotto innanzi al sinedrio, eran tutti fuggiti e l’avevan lasciato solo. Chi può mettere in dubbio la discesa dello Spirito veemente, che fortificò le loro menti con invisibile potenza? Così anche oggi le cose che lo Spirito opera in noi danno testimonianza della sua presenza.

 

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