15 Maggio 2018 – Martedì, VII di Pasqua – (At 20,17-27; Sal 67[68]; Gv 17,1-11a) – I Lettura: È il terzo grande discorso che Paolo fa negli Atti. Costituisce il suo testamento spirituale ed è rivolto ai capi delle principali chiese da lui fondate. Dopo che fa memoria del suo ministero in Asia, preannuncia una probabile separazione definitiva, affermando che si sente spinto dallo Spirito ad andare verso Gerusalemme. Raccomanda agli anziani vigilanza, disinteresse e carità, atteggiamenti che Paolo stesso testimoniò nel suo apostolato. Salmo: “Israele era l’eredità del Signore. Questa eredità si era estenuata quando i giudei rifiutarono di credere nel Salvatore; ma questi l’ha portata a perfezione facendo entrare le genti” (Cassiodoro). Vangelo: Giovanni conclude la parte dei discorsi fatti solo ed esclusivamente ai suoi apostoli prima della passione, morte e risurrezione di Gesù e trascrive la sua preghiera universale. La caratteristica di questa preghiera consiste nella chiara manifestazione da parte di Gesù, di voler portare a compimento ciò che serve per glorificare il Padre e, sempre più unito alla Sua volontà, prega per coloro che sta lasciando ai quali ha comunicato tutto ciò che dal Padre ha udito per diffondere la buona Novella.
Padre, glorifica il Figlio tuo – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Pa-dre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Riflessione: «Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare». Tutta la vita di Gesù ha avuto un unico grande obiettivo: dare gloria al Padre. E questo dovrebbe essere l’unico nostro più alto ideale, desiderio e occupazione: vivere per la gloria di Dio! Il Vangelo, presentandoci la preghiera di Gesù, nell’Ora della sua Passione, ci ricorda che diamo gloria a Dio non con le parole pronunciate, quanto piuttosto con le opere compiute, quelle opere che Dio stesso ci dona da compiere. “Il nostro obiettivo è rendere gloria a Dio. Ma come posso rendere gloria a Dio, che possiede tutta la gloria? È parte del grande mistero. A Messa diciamo nel Gloria: Noi ti adoriamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa. Pronunciamo queste parole ogni settimana, ma ci fermiamo a pensare a cosa significano per la nostra vita quotidiana? San Paolo lo ha espresso in questi termini: «Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1Cor 10,31). Se prendiamo sul serio l’ammonimento di San Paolo, stabilisce un nuovo standard importante per le scelte che compiamo ogni giorno. Se cerchiamo consapevolmente di vivere al nostro meglio per glorificare Dio, allora tutto ciò che facciamo riflette il nostro amore per Dio, perché gli altri vedano Dio in noi e ne siano attratti, perché vogliano sperimentare Dio nella propria vita. Le nostre azioni diventano allora atti di ringraziamento, di gratitudine e di lode per la grandezza di Dio e il suo amore” (Anderson)
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato – Benedetto XVI (Messaggio, 28 Maggio 2010): Ma cos’è la “vita eterna”… Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall’amore divino per sempre. Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: “Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù” (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35,9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all’età di 24 anni, diceva: “Voglio vivere e non vivacchiare!” e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: “Verso l’alto”, alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna. Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita: siamo chiamati all’eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte e a dare qualità alla vostra esistenza.
Io prego per loro; non prego per il mondo… – Paolo VI (Discorso al Patriziato e alla Nobiltà Romana, 13 Gennaio 1966): Mondo è il cosmo, è l’universo, la meravigliosa e misteriosa e immensa opera di Dio creatore; mondo è l’umanità, è tutta la famiglia di Adamo, che Dio amò nella sua soprannaturale vocazione, nella sua drammatica ed ereditaria sventura, nella sua non meno drammatica e ineffabile redenzione; siamo noi; e mondo è l’uomo privo della luce di Dio e tutto orientato a negarla, a simularla, a profanarla; è un concetto negativo originale del Vangelo. Un acuto pensatore e poeta (Leopardi) lo osserva: «Gesù Cristo fu il primo che distintamente additò agli uomini, col termine mondo, quel lodatore e precettore di tutte le virtù finte… quello schiavo dei forti, tiranno dei deboli, odiatore degli infelici… il mondo». Per Cristo, il mondo così inteso è l’antitesi del suo regno: è il regno della negazione, della falsità, dell’astuzia, dell’egoismo, dell’odio; è quel mondo, come dice l’Evangelista, che non accolse e non volle conoscere in Cristo il Salvatore: «Mundus eum non cognovit; in propria venit et sui eum non receperunt» (Gv 1,10-11); è quell’espressione, spesso potente e seducente, della vita umana, che è fuori della benedizione cristiana, quella per cui Gesù non pregò: «Non pro mundo rogo», non prego per il mondo (Gv 17,9).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Molti credono di essere molto lontani dal mondo, nel loro agire, perché ne sono lontani in due o tre cose, da cui si astengono. Non sono abbastanza saggi da vedere che in uno o due membra essi sono morti al mondo, ma che con tutte le altre vivono ancora nel corpo del mondo. Perciò non si accorgono più neppure delle loro passioni e, non percependole, non si preoccupano nemmeno della loro salvezza. La parola «mondo» è quasi il nome collettivo di tutte le passioni. Quando noi vogliamo designarle a una a una, invece, usiamo il loro nome particolare. Le passioni sono una parte del meccanismo del mondo; ove esse sono spente, anche la mondanità è cessata. Tra di queste enumeriamo l’amore alla ricchezza, l’ansia di accumulare possedimenti, la crapula che riempie il corpo e da cui sorgono le passioni impure, l’ambizione che è la sorgente dell’invidia, il desiderio di potere, la superbia e la boria per la propria posizione, la brama di notorietà tra gli uomini, che è causa di inimicizie, e il timore di pericoli corporei. Ove il corso di tutte queste cessa ed esse svaniscono, in egual grado cessa la situazione mondana, e giunge a termine, come avvenne per alcuni santi, che col corpo erano morti. Vivevano nel corpo, ma non secondo la carne. Guarda dunque in quante di queste passioni tu ancora vivi, e saprai in quali parti del mondo tu stai ancora e in quali tu sei morto. Ora sai cosa è il mondo: impara anche, da queste sue singole parti, fino a che punto sei ancora in esso implicato e fino a che punto te ne sei liberato. In altri termini: «mondo» è agire secondo il corpo, sono i pensieri carnali” (Isacco di Ninive).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Come vivere questa Parola? Tutta l’opera di Gesù non ha avuto altro fine che la glorificazione del Padre. Ogni sua parola non ha avuto altro oggetto che farci conoscere il Padre, la Fonte dell’Amore, il Cuore stesso di Dio! Dentro questo amore ha attratto tutti noi, poiché solo dentro questo amore possiamo avere la salvezza! E si badi bene: la salvezza non verrà, è già qui e ora. “Questa è la vita eterna: che conoscano te… e colui che hai mandato”, in questo consiste la salvezza: nel conoscere Dio così come Gesù, nella sua Persona, ce lo ha rivelato. ‘Conoscere’ secondo il linguaggio biblico significa ‘dimorare’, cioè entrare in una qualità di vita superiore: la vita stessa di Dio. Qui tutto si trasfigura e assume lo spessore dell’infinito, dell’eterno, cioè della pienezza, della totalità. Non è forse questo che il nostro cuore desidera e brama quando, nella trama dei giorni che passano, sogna ‘un altrove’, ‘un ulte-riore’, ‘un di più’ che finalmente allievi la sete di infinito?! Gesù ce lo ha donato a piene mani: Egli ci ha portato l’Amore e ci conduce all’Amore, nel seno della Trinità. Ecco cosa è la “vita eterna”. Noi fin d’ora, se accogliamo Gesù, siamo salvi e partecipiamo della gloria del Padre nello Spirito Santo, dimoriamo già in Dio. È quanto chiederò oggi allo Spirito Santo: Che io conosca te, “l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” e in Lui io ti glorifichi nei gesti del mio vivere quotidiano» (Eremo San Biagio).
Maria, gloria perenne del Padre – Maria dovette penetrare il mistero della gloria di Dio quando ne udì l’inno a Betlemme nella notte del Natale del suo figlio Gesù: Gloria a Dio nell’alto dei cieli. Era il ritornello che gli angeli ripetevano incessantemente. Maria comprende che quel Bambino è la gloria del Padre, perché è la vita divina donata al mondo, presente e a disposizione di tutti. È il compimento della sua opera, il suo compiacimento. Maria è gloria del Padre per la sua perenne accoglienza e realizzazione dell’opera di salvezza a favore di ogni uomo.
Santo del giorno: 15 Maggio – Sant’Isidoro, l’agricoltore laico: “Nacque a Madrid intorno al 1070 e lasciò giovanissimo la casa paterna per essere impiegato come contadino. Grazie al suo impegno i campi, che fino allora rendevano poco, diedero molto frutto. Nonostante lavorasse duramente la terra, partecipava ogni giorno all’Eucaristia e dedicava molto spazio alla preghiera, tanto che alcuni colleghi invidiosi lo accusarono, peraltro ingiustamente, di togliere ore al lavoro. Quando Madrid fu conquistata dagli Almoravidi si rifugiò a Torrelaguna dove sposò la giovane Maria. Un matrimonio che fu sempre contraddistinto dalla grande attenzione verso i più poveri, con cui condividevano il poco che possedevano. Nessuno si allontanava da Isidoro senza aver ricevuto qualcosa. Morì il 15 maggio 1130. Venne canonizzato il 12 marzo 1622 da Papa Gregorio XV” (Avvenire).
Preghiamo: Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo…