maggio, meditazioni

14 Maggio 2018

14 Maggio 2018 – Lunedì – San Mattia (Festa) – (At 1,15-17.20-26; Sal 112[113]; Gv 15,9-17) – I Lettura: Mattia fu aggregato al collegio apostolico dopo la defezione e la morte di Giuda. Fu ristabilito così, tra l’Ascensione e la Pentecoste, il numero di Dodici che simboleggia il nuovo Israele convocato da tutte le genti (cfr. At 1,15-26). I candidati furono proposti dagli uomini, ma la scelta fu fatta dal Signore: è il Risorto a guidare la sua Chiesa, e non gli uomini, una verità che era ben scritta nei cuori degli Apostoli. Salmo: “Questo salmo esprime la vocazione dei gentili e insegna al popolo nuovo che esso deve cantare instancabilmente la lode del suo Salvatore” (Atanasio). Vangelo: Due temi si evincono dalla pericope odierna. Il primo è quello dell’amicizia. Gli Apostoli non sono servi perché Gesù ha confidato loro tutto quello che ha ascoltato dal Padre. Il secondo tema è quello dell’elezione: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. All’interno di questi due temi il lettore può cogliere il nuovo comandamento che Gesù dona ai suoi amici: “Que-sto è il mio comandamento: che vi amiate gli altri gli altri come io ho amato voi”.

Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamati amici – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Riflessione: «Rimanete nel mio amore». Il discepolo di Gesù non è chiamato solo a stare col Maestro, a rimanere con Gesù, ma deve giungere a rimanere in Gesù, e ancora scendere nell’abisso di questo mistero fino a giungere e rimanere nel suo amore. “Non si tratta soltanto di rimanere fermi nella fede in Gesù, ma, più profondamente, di vivere nell’amore ricevuto da lui e quindi dal Padre… Rimanere nell’amore di Gesù non appartiene all’ordine del sentimento o dell’esperienza mistica, ma a quello della comunione delle volontà; significa, concretamente, restargli unito obbedendo ai suoi comandamenti” (X. Léon-Dufour). Dobbiamo rimanere nell’amore di Cristo: ma cos’è quest’amore, dove si trova, in cosa consiste l’amore di Gesù? L’amore di Gesù è anzitutto il Padre, la sua volontà, il suo progetto, ogni suo desiderio. Rimanere nell’amore del Signore significa rimanere fermi nel desiderio di desiderare solo ciò che desidera il Padre; significa amare solo ciò che il Padre ama e vuole che sia amato; significa essere lì dove egli è presente: nei fratelli, nella Chiesa, nei poveri, nei più deboli… Non possiamo “passare” dal suo amore, come una visita di cortesia o un momento di riposo, ma dobbiamo “rimanere” in lui! Non è un atto di volontariato, o una qualche disponibilità a stare in Cristo, tra una cosa e l’altra della quotidianità, ma è un permanere in modo fedele e costante. Dov’è carità e amore, lì c’è Dio: chi rimane nella carità e nell’amore, rimane in Dio, fino a configurarsi in Dio, perché Dio è amore (cfr. 1Gv 4,8). Rimanere in Cristo, nel suo amore, per essere in perfetta comunione col Padre e con ogni suo figlio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La scelta di Mattia – Benedetto XVI (Udienza Generale, 18 Ottobre 2006): Nella Chiesa di Gerusalemme furono due ad essere proposti dalla comunità e poi tirati a sorte: “Giuseppe detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia” (At 1,23). Proprio quest’ultimo fu il prescelto, così che “fu associato agli undici Apostoli” (At 1,26). Di lui non sappiamo altro, se non che anch’egli era stato testimone di tutta la vicenda terrena di Gesù (cfr. At 1,21-22), rimanendo a Lui fedele fino in fondo. Alla grandezza di questa sua fedeltà si aggiunse poi la chiamata divina a prendere il posto di Giuda, quasi compensando il suo tradimento. Ricaviamo da qui un’ultima lezione: anche se nella Chiesa non mancano cristiani indegni e traditori, spetta a ciascuno di noi controbilanciare il male da essi compiuto con la nostra limpida testimonianza a Gesù Cristo, nostro Signore.

Rimanete nel mio amore – Giovanni Paolo II (Omelia, 28 Maggio 2000): La parola che la nostra Chiesa oggi ascolta dalle labbra del suo Signore è forte e chiara: “Rimanete nel mio amore! … Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Gv 15,9.12). Come non sentire particolarmente “nostra” questa parola di Gesù? Non ha forse la Chiesa di Roma il compito specifico di “presiedere alla carità” nell’intera ecumene cristiana? (cfr. S. Ignazio, Ad Rom, inscr.). Sì, il comandamento dell’amore impegna la nostra Chiesa di Roma con una forza ed un’urgenza speciale. E l’amore è esigente. Cristo dice: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). L’amore condurrà Gesù sulla croce. Ogni discepolo deve ricordarlo. L’amore viene dal Cenacolo ed al Cenacolo riconduce. In effetti, dopo la risurrezione, sarà ancora nel Cenacolo che gli Apostoli con la mente riandranno alle parole pronunciate da Gesù il Giovedì Santo e prenderanno consapevolezza del contenuto salvifico che esse rivestono. In forza dell’amore di Cristo, accolto e ricambiato, essi sono ormai suoi amici: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; vi ho chiamati amici…” (Gv 15,15).

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi – Giovanni Paolo II (Omelia, 14 Maggio 1985): Il Cristo ha chiamato, innanzitutto, i Dodici a condividere l’amore che egli vive pienamente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito. Essi dovevano costituire il centro della nuova comunità, la comunità della vita divina in mezzo agli uomini. Ed è stato partendo sempre da questo modello che si è costruita la Chiesa attraverso i secoli. Oggi il Cristo ci chiama, a sua imitazione, ad aprire la nostra vita agli altri con il dono di noi stessi e a conoscere così la felicità di una generosità feconda. Non solo ci svela il meraviglioso mistero della Trinità e dello scambio ininterrotto d’amore tra le persone divine, ma ci invita a vivere a nostra volta lo stesso scambio in cui il dimenticarsi di se stessi porta a donare tutto all’al-tro, dove non si tiene per proprio esclusivo beneficio la vita ricevuta da Dio, ma la si offre al Signore condividendo i molteplici doni con il proprio prossimo.

La missione degli Apostoli – Catechesi Tradendae 10: L’immagine del Cristo docente si era impressa nello spirito dei Dodici e dei primi discepoli, e la consegna: “Andate…, ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28,19) ha orientato l’intera loro vita. Di questo offre testimonianza San Giovanni nel suo Vangelo, quando riferisce le parole di Gesù: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15). Non sono già essi che hanno scelto di seguire Gesù, ma è Gesù che li ha scelti, li ha tenuti con sé e li ha posti, fin dal tempo anteriore alla Pasqua, perché vadano e portino frutto ed il loro frutto rimanga (cfr. Gv 15,16). È per questo che, dopo la risurrezione, egli affida loro formalmente la missione di rendere discepole tutte le genti. L’insieme del libro degli “Atti degli Apostoli” testimonia che essi sono stati fedeli alla vocazione e alla missione ricevuta. I membri della prima Comunità cristiana vi appaiono “assidui nell’ascol-tare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42). Si trova qui senza dubbio l’immagine permanente di una Chiesa che, grazie all’insegnamento degli Apostoli, nasce e si nutre continuamente della Parola del Signore, la celebra nel Sacrificio eucaristico e ne dà testimonianza al mondo nel segno della carità. Allorché gli avversari si adombrano per l’attività degli Apostoli, è perché sono “contrariati di vederli insegnare al popolo” (At 4,2), e l’ordine che danno è di non insegnare più nel nome di Gesù (cfr. At 4,2). Ma noi sappiamo che, proprio su questo punto, gli Apostoli hanno ritenuto giusto obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (cfr. At 4,19).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Cristo non vuole chiamarci servi ma amici – «Dal momento che tutti i precetti naturali sono comuni a noi e ad essi [Giudei], avendo avuto origine presso di loro, mentre presso di noi hanno trovato crescita e compimento – obbedire a Dio, infatti, seguire il suo Verbo, amarlo sopra ogni cosa e amare il prossimo come sé stessi [e l’uomo è il prossimo dell’uomo], astenersi da azioni malvagie, e così via, tutto ciò è comune agli uni e agli altri -, manifestano un solo e medesimo Signore. E questi, altri non è che nostro Signore, il Verbo di Dio, il quale dapprima attrasse a Dio dei servi, poi li liberò dal giogo della soggezione, secondo quanto egli stesso dichiara ai discepoli: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” [Gv 15,15]. Quando, infatti, dice: “Non vi chiamo più servi”, vuole significare con assoluta certezza che è lui che, con la Legge, ha dapprima imposto agli uomini la servitù nei riguardi di Dio, e che in seguito ha ridato loro la libertà. Dicendo, poi: “Perché il servo non sa quello che fa il suo padrone”, egli sottolinea l’ignoranza del popolo servile relativamente alla sua venuta. Infine, chiamando amici di Dio i suoi discepoli, dimostra apertamente che egli è il Verbo, seguendo il quale, volontariamente e senza costrizioni, Abramo è divenuto, per la generosità della fede, “amico di Dio” [Gc 2,23]» (Ireneo di Lione).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria, modello di comunione con Dio e i fratelli – La condotta di Maria attesta che quando l’amore per Dio è veramente pieno, sfocia senz’altro in un amore generoso per il prossimo, perché, come dice la Scrittura, abbiamo un solo comandamento: «Chi ama Dio, ama anche il suo fratello» (1Gv 4,21). Quando nei rapporti col prossimo vi è poca attenzione e premura per i bisogni altrui, bisogna concludere che l’amore di Dio è ancora molto debole. Come Maria, rimaniamo nell’amore di Dio, nel suo Cuore.

Santo del giorno: 14 Maggio – San Mattia, Apostolo: “Di Mattia si parla nel primo capitolo degli Atti degli apostoli, quando viene chiamato a ricomporre il numero di dodici, sostituendo Giuda Iscariota. Viene scelto con un sorteggio, attraverso il quale la preferenze divina cade su di lui e non sull’altro candidato – tra quelli che erano stati discepoli di Cristo sin dal Battesimo sul Giordano -, Giuseppe, detto Barsabba. Dopo Pentecoste, Mattia inizia a predicare, ma non si hanno più notizie su di lui. La tradizione ha tramandato l’immagine di un uomo anziano con in mano un’alabar-da, simbolo del suo martirio. Ma non c’è evidenza storica di morte violenta. Così come non è certo che sia morto a Gerusalemme e che le reliquie siano state poi portate da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, a Treviri, dove sono venerate” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che hai voluto aggregare san Mattia al collegio degli Apostoli, per sua intercessione concedi a noi, che abbiamo ricevuto in sorte la tua amicizia, di essere contati nel numero degli eletti. Per il nostro Signore…

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