Dagli Atti degli apostoli (1,1-11) – Fu elevato in alto sotto i loro occhi: Il brano lucano può essere scomposto in tre parti. I versetti 1-2 ricordano il Vangelo scritto dallo stesso Luca nel quale trattò «tutto quello Gesù fece ed insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo». I versetti 3-9 ripetono sotto altra forma Lc 24,46-53, ma vi aggiungono qualche elemento nuovo: gli Apostoli, come Gesù, saranno battezzati in «Spirito Santo» (cfr. Mt 3,16; At 10,38); il tempo del ministero di Gesù risorto è fissato in quaranta giorni (il numero quaranta non è un’indicazione temporale, ma simbolica [cfr. Dt 8,2]); e infine, il particolare della nube che è caratteristico delle teofanie in quanto segno della presenza divina. I versetti 10-11 introducono il tema della venuta gloriosa di Cristo Gesù. Così, l’Ascensione prefigura la parusia.
Dal Salmo 46 (47) – Ascende il Signore tra canti di gioia: «Dio siede sul suo trono santo. Vuoi anche tu essere il suo trono? Non credere di poterlo essere; prepara per lui un posto nel tuo cuore; egli viene, e volentieri vi si stabilisce. Egli è certamente la virtù di Dio e la sapienza di Dio. Ma cosa dice la Scrittura della sapienza? “L’anima del giusto è il trono della sapienza” [Sap 7]. Orbene, se l’anima del giusto è il trono della sapienza, sia la tua anima giusta, e sarà il regale trono della sapienza» (Agostino).
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni (1-13) – Raggiungere la misura della pienezza di Cristo: Il cristiano è colui che ha la passione per l’unità e per realizzarla asseconderà l’azione dello Spirito Santo e metterà come base al suo cammino di fede e alle sue relazioni umane l’umiltà, la mansuetudine, la carità, la pazienza e l’amore. Beato perché operatore di pace, sarà chiamato figlio di Dio (cfr. Mt 5,9). Pur fisicamente lontano dai suoi discepoli a motivo della sua ascensione al cielo, Gesù, in quanto Dio, «può dare alla Chiesa, con lo Spirito Santo, le strutture e le potenzialità necessarie al suo processo di crescita [«Ascendendo in cielo… Ha distribuito doni agli uomini» creandoli apostoli, profeti, evangelisti, pastori ecc.]. La Chiesa, così dotata ha tutto ciò che le occorre per arrivare alla piena maturità del Cristo e diventare “uomo perfetto”, cioè far sua la pienezza del Cristo e di Dio, il quale in tal modo verrà a trovarsi “tutto in tutti” [1Cor 15,28]» (Vincenzo Raffa).
Dal Vangelo secondo Marco (16,15-20) – Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio: Il brano odierno contiene una sintesi dei racconti di Pasqua; inizia con l’apparizione del Risorto a Maria di Magdala (16,9-11), continua ricordando l’apparizione a due discepoli mentre erano in cammino verso la campagna (16,12-13), a tutti gli Apostoli (16,14), e infine l’Ascensione e l’inizio della missione apostolica (16,19-20). Nel brano odierno il lettore attento può cogliere una contraddizione. Infatti, al versetto 19 si afferma che Gesù dopo aver parlato con loro (gli Apostoli), fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio, mentre al versetto 20 si afferma che il Signore agiva insieme con loro (gli Apostoli) e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Siamo quindi davanti a una evidente contraddizione? In verità, lo “spazio e il tempo, dimensioni riduttive, vengono superate dal Risorto. Certo, il pericolo che qualcuno ci inganni dicendoci: «Ecco, il Cristo è qui, o: è là [Mt 24,23]» ci sarà sempre. Una certezza deve allora permanere: la sua continua presenza nella Chiesa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo [Mt 28,20]»” (Messale Quotidiano). Se già in quel tempo la Chiesa era nel crogiuolo della persecuzione, questo è il messaggio che Marco voleva dare ai suoi cristiani, di ieri e di oggi: Colui che vinto la morte ha vinto anche il mondo e pur già sedente alla destra del Padre, ogni giorno, si fa compagno di viaggio della sua Chiesa missionaria. È certo che questi versetti sono stati aggiunti successivamente da un autore ignoto, ma, allo stesso tempo, unanimamente sono considerati canonici e ispirati.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Approfondimento
Fu elevato in cielo – L. C. – G. B. (Cielo in Schede Bibliche Pastorali, Vol. II, EDB): Più di un motivo teologico si collega al termine cielo. Anzitutto, cielo o, più frequentemente, cieli, indica la dimora di Dio e soprattutto la sua trascendente presenza. Per questo Gesù leva gli occhi al cielo in momenti importanti della sua missione (Mc 6,41; 7,34; Mt 14,19; Lc 9,16; Gv 17,1); parla della ricompensa riservata nei cieli (Mt 5,12), del tesoro che vi si deve ammassare (Mt 6,20), della gioia che in cielo si fa per un peccatore convertito (Lc 15,7); domanda agli avversari se l’origine del battesimo di Giovanni è celeste oppure umana (Mt 21,25 e par.); rifiuta il segno celeste chiestogli dai farisei (Mt 16,1ss).
Invece l’espressione «regno dei cieli», preferita dal primo evangelista a quella, più usuale nei vangeli, di regno di Dio, è solo un’espressione tipica del giudaismo del tempo, che intendeva così evitare il nome sacro di Jahvé. Lo stesso Matteo poi predilige la formula «Padre celeste» (o «che è nei cieli») per indicare il Dio rivelato da Gesù Cristo (5,16.45.48; 6,1.9.14. 26.32; 7,11; 18,14). Più importanti però sono quei passi giovannei che accentuano l’origine divina e trascendente di Gesù di Nazaret: «Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo» (Gv 3,13). Egli in persona è il pane vero, il pane di vita, disceso dal cielo, cioè donato da Dio (Gv 6,32ss). Da lui deriva anche la sua missione terrena, come riconosce il Battista (Gv 3,27). In questo senso si deve anche interpretare il racconto evangelico del battesimo: la voce divina, letteralmente «dal cielo», lo proclama in senso messianico figlio di Dio (Mt 3,16-17 e par.). Secondo la lettera agli Ebrei, Gesù morto e risorto è il sommo sacerdote penetrato nel tempio celeste per riscattare con il suo sangue, una volta per tutte, i nostri peccati mediante una redenzione eterna (cc. 8-9). A Luca invece dobbiamo il racconto dell’ascensione di Cristo al cielo, modo plastico e spettacolare per indicarne la glorificazione divina (At 1,6-11). Non è tutto: dai cieli egli discenderà il giorno ultimo per liberare definitivamente i credenti dalle potenze del male e della morte (1Ts 1,10; 4,16; 2Ts 1,7; Fil 3,20).
La glorificazione di Cristo però comporta quella nostra: «Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Qual è l’uo-mo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (1Cor 15,47-49). In realtà, si tratta di una costante delle lettere paoline, che però offrono qui una diversa prospettiva.
Alcuni passi ne parlano al futuro, come di realtà situata al di là del tempo storico. Oltre il passo di 1Cor 15 appena citato, possiamo indicare 2Cor 5,1-2: «Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste». Invece in Ef e Col, caratterizzate da un chiaro indirizzo di escatologia realizzata, la dimora celeste appare anticipata nella storia (Ef 2,4-6; cfr. Col 3,1-4, anche se qui non ricorre il termine «cieli»).
Commento al Vangelo
Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio – Questo brano di autore ignoto fa parte della cosiddetta finale lunga del vangelo di Marco (16,9-20), ma il fatto che non sia stato scritto da Marco non significa che questo testo non sia canonico e ispirato.
Il brano odierno «sobrio e spoglio di ogni coreografia… non imita le apoteosi degli eroi pagani o dei personaggi biblici [Enoc, Mosè, Elia], né si adegua allo stile delle teofanie che abbondano nel libro sacro. Ciò, mentre comprova la storicità dell’avvenimento, ne sottolinea il particolare significato. La vera ascensione, cioè la trasfigurazione e il passaggio di Gesù nel mondo della gloria, avvenuta il mattino di Pasqua, è sfuggita ad ogni esperienza ed è fuori di ogni umano controllo. Come non è possibile determinare il momento preciso dell’evento, non è possibile neanche conoscere il modo del primo reale ingresso di Gesù nel cielo. Se gli Apostoli ne sono al corrente, è perché il Salvatore l’ha loro manifestato e ribadito negli incontri dopo la Pasqua» (Ortensio Da Spinetoli).
Nel brano odierno vengono messi in evidenza: la missione universale affidata agli Apostoli, l’ascensione di Gesù al cielo e l’efficacia dell’azione apostolica in virtù della presenza del Risorto il quale «confermava la Parola con i segni che l’accompagnavano» (Mc 16,20).
Già in Mc 6,7-13, gli Apostoli appaiono dotati di facoltà di operare miracoli, come la potestà sugli spiriti immondi e il potere di guarire gli ammalati ungendoli con olio. Qui si aggiunge la difesa dai serpenti e l’immunità dai veleni propinati dai nemici del Vangelo; ed infine il dono delle lingue che è stato una delle caratteristiche della Chiesa primitiva.
Ma soprattutto la missione sarà sostenuta e vivificata dalla continua presenza del Risorto, il quale si farà compagno degli Apostoli operando insieme con loro. Come nell’Antico Testamento Dio protegge e assiste i suoi (cfr. Gen 26,15; Es 3,12), così Gesù assicura la sua presenza a quelli che manda nel mondo a diffondere la sua Parola.
Con queste premesse, il ritorno di Gesù al Padre non sgomentò gli Apostoli oltre misura perché acquisirono, in modo immantinènte, la certezza che, nella loro opera di evangelizzazione, i loro sforzi apostolici sarebbero stati sostenuti dalla potenza dello Spirito Santo: «Quando vi condurranno via per consegnarvi [ai sinedri], non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo» (Mc 13,11). Ora sanno che dinanzi alle enormi difficoltà che il mondo avrebbe loro opposto sarebbero stati sempre confortati e sostenuti dall’amore del Risorto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Gesù, avendo rincuorato i suoi amici (cfr. Gv 15,15) e dopo averli investiti di autorità e di poteri carismatici, ascende al cielo. L’ascensione segna la glorificazione di Gesù: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre (Gv 16,28)». Essa viene sottolineata con due espressioni: fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Per la prima espressione, in altri passi si usano anche i termini: andare in cielo, salire, essere portato verso il cielo o penetrare i cieli. La Chiesa ha sempre preferito usare il verbo ascendere perché più adatto ad esprimere la virtù propria per la quale il Figlio di Dio entra nella gloria dei cieli. Con la seconda espressione, si sedette alla destra di Dio, la Chiesa, riprendendo il Salmo 110 (109) già applicato da Gesù a se stesso (cfr. Mc 12,35; 14,62), vuole esprimere la sua fede nel Cristo risorto, esaltato alla destra del Padre e costituito Giudice e Signore di tutte le genti.
L’ascensione di Gesù al cielo e l’assìdersi alla destra del Padre rappresenta non soltanto la conclusione della vicenda terrena del Signore, ma la manifestazione piena della sua risurrezione, per cui «l’Uomo-Dio, Cristo Gesù, già vittorioso sulla morte, inizia ad esercitare il suo potere di giustizia e di pace offrendo a tutti il suo messaggio di salvezza mediante la predicazione dei suoi discepoli, che egli dirige e segue efficacemente dal cielo» (Adalberto Sisti).
Riflessione
Ascensione: festa del mandato – «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15): è l’invio, la missione, che scaturisce dalla intimità con il Signore: Gesù salì «sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli – perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni» (Mc 3,13-15). Il fine di questo mandato è quello di far conoscere a tutti che Dio «ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68); è «dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati» (Lc 1,77); è quello di far comprendere che Dio è amico del-l’uomo e con lui vuole costruire la sua storia, la sua salvezza, la sua città terrena.
La Chiesa ha il dovere di annunziare fino alla fine dei tempi, con l’esem-pio e la parola, la fede che ha ricevuto. Dedicarsi indefessamente e con abnegazione all’affermazione e diffusione del Vangelo è il DNA della Chiesa: «La Chiesa è nata con il fine di rendere partecipi, mediante la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, tutti gli uomini della redenzione salvifica e ordinare effettivamente per mezzo di essi il mondo intero a Cristo. Tutta l’attività del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama apostolato, che la Chiesa esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi» (AA 2).
Predicando il Vangelo, la Chiesa «dispone gli uditori alla fede e alla confessione della fede, li prepara al Battesimo, li sottrae alla schiavitù del-l’errore e li incorpora a Cristo, perché mediante la carità abbiano a crescere in lui fino alla pienezza» (LG 17).
L’imperativo del Cristo: «Andate e predicate» è rivolto a tutti i battezzati: «La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all’apo-stolato» (AA 2). Questa missione, in modo particolare, è dei vescovi, successori degli apostoli, ma anche dei fedeli: «Nella Chiesa c’è diversità di ministero ma unità di missione. Gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo la funzione di insegnare, santificare e governare in suo nome e con la sua autorità. Ma i laici, resi partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo […] esercitano l’apostolato con la loro azione per l’evangelizzazione e la santificazione degli uomini, e animando e perfezionando con lo spirito evangelico l’ordine delle realtà temporali, in modo che la loro attività in questo ordine costituisca una chiara testimonianza a Cristo e serva alla salvezza degli uomini […]. I laici derivano il dovere e il diritto all’apostolato dalla loro stessa unione con Cristo capo. Infatti, inseriti nel corpo mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della confermazione, sono deputati dal Signore stesso all’apostolato» (AA 2.3).
Urge quindi che ogni battezzato prenda coscienza del suo diritto-dove-re di essere missionario, di essere «testimone della Fede dovunque opera. Ma più che le parole, è l’esempio, la testimonianza di una vita che sconvolge certi immobilismi, che fa crollare tanti formalismi e crea comunità di gente che crede e offre proposte nuove» (L. Macchi).
Paolo di Tarso, «Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino» (Rm 11,1), cittadino romano per nascita (cfr. At 22,28), infaticabile missionario, fondatore e organizzatore di numerose comunità cristiane e per questo chiamato «apostolo delle genti», un giorno, partendo dall’assunto che «chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Rm 10,13), pose a se stesso e ai suoi collaboratori queste domande: «Ora, come potranno invocare il Signore senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?». La risposta non tardò ad arrivare: «La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo» (Rm 10,14-17).
Domande esiziàli per la nostra congenita pigrizia: domande che dovrebbero divorare i nostri sonni tranquilli. Il pensiero che molti si perdono per sempre dovrebbe veramente angosciarci!
La pagina dei Padri
Il Corpo di Cristo – Sant’Agostino: Siamo nella Chiesa che, sebbene per grazia di Dio sia estesa per ogni dove e diffusa in tutto il mondo, tuttavia è l’unico, grande corpo di un solo e grande capo, il quale è il Salvatore medesimo, come dice l’Apostolo (cfr. Ef 5,23; Col 1,18). Riferendosi all’e-saltazione di questo capo, che doveva avere luogo dopo la sua risurrezione, tanto tempo prima il Profeta predisse: Sii esaltato, o Dio, al di sopra dei cieli (Sal 56,12). E poiché, dopo la sua esaltazione al di sopra dei cieli, la sua Chiesa avrebbe riempito tutta la terra di abbondanti frutti, lo stesso Salmista soggiunse subito: E sopra tutta la terra risplenda la tua gloria!
Perciò, o miei dilettissimi, rimaniamo fedeli con fermezza di mente e di cuore sotto un capo così eccelso, in un corpo tanto glorioso, nel quale siamo membra gli uni degli altri. Per conseguenza anche se mi trovassi lontano, in regioni remotissime, saremmo insieme in colui dal cui corpo non dovremmo allontanarci mai. Se infatti abitassimo in una sola casa, diremmo certo di stare insieme: quanto più siamo insieme allorché siamo uniti in un solo corpo! D’altronde la Verità in persona attesta che noi siamo nella medesima casa, poiché la sacra Scrittura, che chiama la Chiesa corpo di Cristo, dice allo stesso modo che la Chiesa è casa di Dio (cfr. 1Tm 3,15).
Ma questa casa non è edificata in un solo angolo del mondo, bensì su tutta la terra. Perciò il salmo, nel cui titolo si legge: Quando si edificava la casa dopo la cattività, comincia così: Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate al Signore da tutta la terra! (Sal 95,1).