11 Maggio 2018 – Venerdì, VI di Pasqua – (At 18,9-18; Sal 46[47]; Gv 16,20-23a) – I Lettura: Paolo si trova a Corìnto ospite di un certo Tizio il Giusto il quale aveva l’abitazione a ridosso della sinagoga. Paolo si preoccupa di insegnare la Parola di Dio ai pagani, ricevendo sostegno e coraggio da parte di Dio attraverso un sogno, nel quale Dio gli promette protezione. Salmo: “Nella seconda parte del salmo, lo Spirito annuncia alle potenze angeliche che vedranno salire al cielo l’uomo innalzato al di sopra di ogni attesa (cfr. Ef 3,10), perché sia rivelata ai principati la sapienza di Dio, ch’egli ha portato a compimento nel Cristo. Questi sale perché prima è disceso (cfr. Ef 4,9)” (Cirillo Alessandrino). Vangelo: Per Gesù sta per iniziare il tempo della Passione e sarà tolto ai suoi amici. Ma, risorto, ritornerà tra i suoi, una presenza nuova che prevaricherà lo spazio e il tempo. Ora, con la Passione di Gesù, per gli Apostoli, si inaugura il tempo della mestizia e della tristezza, ma ben presto saranno colmi di una gioia nuova la cui sorgente sarà un sepolcro vuoto.
Nessuno potrà togliervi la vostra gioia – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».
Riflessione: «Nessuno potrà togliervi la vostra gioia». “Questa, Fratelli e Figli amatissimi, è la gioiosa speranza, attinta alle sorgenti stesse della Parola di Dio. Dopo venti secoli, questa sorgente di gioia non ha cessato di zampillare nella Chiesa, e specialmente nel cuore dei santi… Al primo posto ecco la Vergine Maria, piena di grazia, la Madre del Salvatore. Disponibile all’annuncio venuto dall’alto, essa, la serva del Signore, la sposa dello Spirito Santo, la Madre dell’eterno Figlio, fa esplodere la sua gioia dinanzi alla cugina Elisabetta, che ne esalta la fede: «L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore» (Lc 1,46-47). Essa, meglio di ogni altra creatura, ha compreso che Dio compie azioni meravigliose: santo è il suo Nome, egli mostra la sua misericordia, egli innalza gli umili, egli è fedele alle sue promesse. Non che l’apparente corso della vita di Maria esca dalla trama ordinaria: ma essa riflette sui più piccoli segni di Dio, meditandoli nel suo cuore. Non che le sofferenze le siano state risparmiate: essa sta in piedi accanto alla croce, associata in modo eminente al sacrificio del Servo innocente, Lei ch’è madre dei dolori. Ma essa è anche aperta senza alcun limite alla gioia della Risurrezione; ed essa è anche elevata, corpo e anima, alla gloria del Cielo. Prima creatura redenta, Immacolata fin dalla concezione, dimora incomparabile dello Spirito, abitacolo purissimo del Redentore degli uomini, essa è al tempo stesso la Figlia prediletta di Dio e, nel Cristo, la Madre universale. Essa è il tipo perfetto della Chiesa terrena e glorificata” (Gaudete in Domino, IV).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge – Nostra Aetate 4: Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell’esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell’Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell’ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell’ulivo selvatico che sono i gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: «ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.
La religione ebraica è “intrinseca” alla religione cristiana – Giovanni Paolo II (Discorso, 13 Aprile 1986): Siamo tutti consapevoli che, tra le molte ricchezze di questo numero 4 della Nostra Aetate, tre punti sono specialmente rilevanti. Vorrei sottolinearli qui, davanti a voi, in questa circostanza veramente unica. Il primo è che la Chiesa di Cristo scopre il suo “legame” con l’Ebraismo “scrutando il suo proprio mistero”. La religione ebraica non ci è “estrinseca”, ma in un certo qual modo, è “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori. Il secondo punto rilevato dal Concilio è che agli ebrei, come popolo, non può essere imputata alcuna colpa atavica o collettiva, per ciò “che è stato fatto nella passione di Gesù”. Non indistintamente agli ebrei di quel tempo, non a quelli venuti dopo, non a quelli di adesso. È quindi inconsistente ogni pretesa giustificazione teologica di misure discriminatorie o, peggio ancora, persecutorie. Il Signore giudicherà ciascuno “secondo le proprie opere”, gli ebrei come i cristiani (cfr. Rm 2,6). Il terzo punto che vorrei sottolineare nella dichiarazione conciliare è la conseguenza del secondo; non è lecito dire, nonostante la coscienza che la Chiesa ha della propria identità, che gli ebrei sono “reprobi o maledetti”, come se ciò fosse insegnato, o potesse venire dedotto dalle Sacre Scritture, dell’Antico come del Nuovo Testamento. Anzi, aveva detto prima il Concilio, in questo stesso brano della Nostra Aetate, ma anche nella costituzione dogmatica Lumen Gentium (n. 6), citando san Paolo nella lettera ai Romani (Rm 11,28-29), che gli ebrei “rimangono carissimi a Dio”, che li ha chiamati con una “vocazione irrevocabile”.
Cristiani e Ebrei – Benedetto XVI (Omelia, 17 Gennaio 2010): Come insegna Mosè nello Shemà (cfr. Dt 6,5; Lv 19,34) e Gesù riafferma nel Vangelo (cfr. Mc 12,19-31), tutti i comandamenti si riassumono nell’amore di Dio e nella misericordia verso il prossimo. Tale Regola impegna Ebrei e Cristiani ad esercitare, nel nostro tempo, una generosità speciale verso i poveri, le donne, i bambini, gli stranieri, i malati, i deboli, i bisognosi. Nella tradizione ebraica c’è un mirabile detto dei Padri d’Israele: “Simone il Giusto era solito dire: Il mondo si fonda su tre cose: la Torah, il culto e gli atti di misericordia” (Aboth 1,2). Con l’esercizio della giustizia e della misericordia, Ebrei e Cristiani sono chiamati ad annunciare e a dare testimonianza al Regno dell’Altissimo che viene, e per il quale preghiamo e operiamo ogni giorno nella speranza. In questa direzione possiamo compiere passi insieme, consapevoli delle differenze che vi sono tra noi, ma anche del fatto che se riusciremo ad unire i nostri cuori e le nostre mani per rispondere alla chiamata del Signore, la sua luce si farà più vicina per illuminare tutti i popoli della terra. […] Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse radici, ma rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro. Spetta a noi, in risposta alla chiamata di Dio, lavorare affinché rimanga sempre aperto lo spazio del dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comune testimonianza di fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano a collaborare per il bene dell’umanità in questo mondo creato da Dio, l’Onnipotente e il Misericordioso.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “[Nel giorno del giudizio universale], i giudei, anche quelli che avranno ricevuto lo spirito di grazia e di misericordia, si pentiranno di aver insultato Cristo nella sua passione, veden-dolo venire nella sua maestà, e riscontrando trattarsi proprio di colui che, nella sua umiltà, fu schernito da essi, nella persona dei loro progenitori: quantunque gli stessi progenitori, colpevoli di tanta empietà, risorgendo lo vedranno per subirne ormai la punizione, non per esserne migliorati. Non dobbiamo perciò intendere questi ultimi quando viene detto: «Ed effonderò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e miseri-cordia; e fisseranno gli occhi a me per avermi insultato»; dobbiamo intendere invece quei membri della loro stirpe che in quel tempo, per opera di Elia, avranno accettato la fede. Ma, come noi diciamo ai giudei: «Voi avete ucciso Cristo», quantunque lo abbiano fatto i loro progenitori, così essi stessi si addoloreranno di aver fatto, in un certo senso, quello che fecero i membri della stirpe da cui essi discendono. Così essi, divenuti ormai fedeli per aver ricevuto lo spirito di grazia e di misericordia, non saranno condannati con i loro empi progenitori; tuttavia si affliggeranno come se avessero fatto loro stessi ciò che fu fatto da quelli. Si affliggeranno dunque non per la coscienza del crimine ma per un sentimento di pietà” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria, causa della nostra gioia – «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto col manto della giustizia» (Is 61,10). Vicina al Cristo, essa ricapitola in sé tutte le gioie, essa vive la gioia perfetta promessa alla Chiesa: Mater piena sanctae laetitiae; e giustamente i suoi figli qui in terra, volgendosi verso colei che è madre della speranza e madre della grazia, la invocano come la causa della loro gioia: Causa nostrae laetitiae” (Paolo VI, Gaudete in Domino, IV).
Santo del giorno: 11 Maggio – San Fabio e compagni, Martiri in Sabina: “Il martirio di questo santo è accomunato a quello di un gruppo di martiri e confessori, radunati attorno al maestro, sant’Antimo. Le notizie pervenuteci si leggono nella «Passio sancti Anthimi» che fu scritta fra il V e IX secolo. Alla fine del III secolo era proconsole dell’Asia Minore Faltonio Piniano, sposato con Anicia Lucina. Antimo riuscì a convertire Piniano e sua moglie al cristianesimo e, richiamati a Roma da Diocleziano, i due portarono con loro il sacerdote e i suoi discepoli. Per sottrarli alle possibili persecuzioni, Piniano decise di allontanarli da Roma, mandandoli in due vasti poderi di sua proprietà. Il diacono Sisinnio con Dioclezio e Fiorenzo, andarono ad Osimo nel Piceno, mentre Antimo, Massimo, Basso e Fabio furono inviati presso la città sabina di Curi. Da qui presero a evangelizzare la regione, non senza scontrarsi però con i culti pagani diffusi nelle campagne. Il gruppo di cristiani venne così arrestato. Sant’Antimo fu decapitato l’11 maggio 305 e sepolto nell’Oratorio di Curi in cui era solito pregare. Anche i suoi discepoli vennero uccisi. Tra questi Fabio fu consegnato al console che dopo averlo fatto torturare, lo condannò alla decapitazione lungo la stessa via Salaria” (Avvenire).
Preghiamo: Si compia in ogni luogo, Signore, con la predicazione del Vangelo, la salvezza acquistata dal sacrificio del Cristo, e la moltitudine dei tuoi figli adottivi ottenga da lui, parola di verità, la vita nuova promessa a tutti gli uomini. Per il nostro Signore Gesù Cristo…