10 Maggio 2018 – Giovedì, VI di Pasqua – (At 18,1-8; Sal 97[98]; Gv 16,16-20) – I Lettura: Fra i ritratti dei primi testimoni della fede cristiana spiccano una coppia di sposi. Si tratta dei coniugi Priscilla e Aquila, che si collocano nell’orbita dei numerosi collaboratori gravitanti intorno all’apostolo Paolo svolgendo un ruolo molto attivo nel tempo post-pasqua-le della Chiesa. Salmo: “Il canto nuovo canta le meraviglie del Signore. Sono tutte le guarigioni del Vangelo e soprattutto la sua stessa risurrezione: mai si è inteso nulla di simile” (Cassiodoro). Vangelo: Gesù dice un «poco», vale a dire, un tempo brevissimo, forse un «attimo». Al di là delle molteplici sfumature si vuole sottolineare l’esiguità del tempo. Se molto breve è stato il tempo che Gesù ha trascorso in mezzo ai suoi come Verbo incarnato così altrettanto breve sarà il tempo che intercorrerà tra la sua partenza e il suo ritorno.
Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Riflessione: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia». “Dobbiamo dircela la verità: non tutta la vita cristiana è una festa! Si piange, tante volte si piange. Quando tu sei ammalato; quando hai un problema in famiglia col figlio, con la figlia, la moglie, il marito; quanto tu vedi che lo stipendio non arriva alla fine del mese e hai un figlio malato; quando tu vedi che non puoi pagare il mutuo della casa e dovete andarvene via… Ma Gesù ci dice: «Non avere paura! Sì, sarete tristi, piangerete e anche la gente si rallegrerà, la gente che è contraria a te». Così, spesso capita che si rincorrano gioie effimere. Ma che, appunto, non durano e la cui conseguenza è un’altra tristezza: la tristezza che ci viene a tutti noi quando andiamo per una strada che non è buona, quando, per dirlo semplicemente, andiamo a comprare la gioia, l’allegria, quella del mondo, quella del peccato, alla fine c’è il vuoto dentro di noi, c’è la tristezza. Questa è la tristezza della cattiva allegria che non c’entra nulla con la gioia cristiana, che è una gioia di speranza. Quando arriva viene purificata dalle prove e anche dalle prove di tutti i giorni: «La vostra tristezza si cambierà in gioia». Ma è difficile quando tu vai da un ammalato o da una ammalata, che soffre tanto, dire: «Corag-gio! Coraggio! Domani tu avrai gioia!». No, non si può dire! Dobbiamo farlo sentire come lo ha fatto sentire Gesù. Anche noi, quando siamo proprio nel buio, che non vediamo nulla: «Lo so, Signore, che questa tristezza cambierà in gioia. Non so come, ma lo so!». È un atto di fede nel Signore. È un atto di fede!” (Papa Francesco).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La vostra tristezza si cambierà… – Giovanni Paolo II (Regina Coeli, 4 Maggio 1986): Sarà la gioia per la nascita della Chiesa. La tristezza per la dipartita di Cristo si cambierà proprio in questa gioia, quando gli apostoli sperimenteranno – nel giorno della Pentecoste – che è in loro la forza dello Spirito di Verità, che consente loro – al di sopra di ogni riguardo umano e dell’intera debolezza umana – di testimoniare il Crocifisso risorto. Insieme con la venuta dello Spirito Santo si inizierà nella storia dell’umanità il tempo della Chiesa, in cui continua a maturare la pienezza dei tempi, iniziata sulla terra col Cristo, concepito per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine, il cui nome era Maria.
… in gioia – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 18 Maggio 2007): Una promessa che si riferisce al suo mistero di morte e risurrezione, ormai imminente: il mistero viene paragonato al parto di una donna. La morte è motivo di tristezza, ma quella di Cristo è una morte che genera vita, è fonte inesauribile di vita nuova. L’abbiamo ripetuto spesso e con esultanza nel tempo pasquale: “In lui morto è redenta la nostra morte, / in lui risorto tutta la vita risorge” (Prefazio Pasquale II); e ancora, dopo l’Ascensione, proclamiamo che Cristo “ci ha preceduti nella dimora eterna, / per darci la serena fiducia / che dove è lui, capo e primogenito, / saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria” (Prefazio dell’Ascensione I). Ai discepoli Gesù assicura: “Anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16,22-23a). In queste parole stupende trapela tutta l’umanità di Cristo, la sua comprensione di amico, anzi di fratello per ciascuno di noi. Al tempo stesso, traspare da esse tutta la sua signoria divina, che è capace di fugare nel nostro cuore ogni angoscia e ogni turbamento.
Sperare nella gioia – Paolo VI (Esortazione Apostolica, Gaudete in Domino): La società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia. Perché la gioia viene d’altronde. È spirituale. Il denaro, le comodità, l’igiene, la sicurezza materiale spesso non mancano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti. Ciò giunge talvolta fino all’angoscia e alla disperazione, che l’apparente spensieratezza, la frenesia di felicità presente e i paradisi artificiali non riescono a far scomparire. Forse ci si sente impotenti a dominare il progresso industriale, a pianificare la società in maniera umana? Forse l’avvenire appare troppo incerto, la vita umana troppo minacciata? O non si tratta, soprattutto, di solitudine, di una sete d’amore e di presenza non soddisfatta, di un vuoto mal definito? Per contro, in molte regioni, e talvolta in mezzo a noi, la somma di sofferenze fisiche e morali si fa pesante: tanti affamati, tante vittime di sterili combattimenti, tanti emarginati! Queste miserie non sono forse più profonde di quelle del passato; ma esse assumono una dimensione planetaria; sono meglio conosciute, illustrate dai «mass media», non meno delle esperienze di felicità; opprimono la coscienza, senza che appaia molto spesso una soluzione umana alla loro dimensione. Questa situazione non può tuttavia impedirci di parlare della gioia, di sperare la gioia. È nel cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suo canto.
La fonte della gioia – Benedetto XVI (Angelus, 16 Dicembre 2007): Il mistero di Betlemme ci rivela il Dio-con-noi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha “sposato”, per così dire, la nostra umanità; ha preso su di sé la nostra condizione, scegliendo di essere in tutto come noi, tranne che nel peccato, per farci diventare come Lui. La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida.
Far conoscere la vera gioia pasquale – Presbiterorum Ordinis 11: Siccome «vi è comunità di interessi fra il capitano della nave e i passeggeri» a tutto il popolo cristiano va insegnato che è suo dovere collaborare in vari modi – con la preghiera insistente e anche con gli altri mezzi a sua disposizione a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. In primo luogo, quindi, abbiano i presbiteri la massima preoccupazione per far comprendere ai fedeli – con il ministero della parola e con la propria testimonianza di una vita, in cui si rifletta chiaramente lo spirito di servizio e la vera gioia pasquale – l’eccellenza e la necessità del sacerdozio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Non basta fare opere di misericordia, ma le si devono fare con larghezza e senza tristezza d’animo; o meglio, non solo senza tristezza, ma con letizia, con gioia: non è lo stesso non essere tristi e gioire. Proprio questo voleva ottenere con grande cura l’Apostolo, scrivendo ai Corinti: Chi scarsamente semina, scarsamente mieterà; e chi semina con larghezza, con larghezza mieterà (2Cor 9,6); soggiungendo poi, per creare uno stato d’animo retto: Non di malavoglia o per forza (2Cor 9,7). Queste due disposizioni devono essere presenti in chi compie opere di misericordia: la generosità e la gioia. Perché gemi quando fai elemosina? Perché ti rattristi compiendo opere di misericordia, e rinunzi così al frutto della tua opera buona? Se sei triste, non sei misericordioso, ma rozzo e insensibile. Così rattristato, come potrai alleviare chi è nel dolore? È desiderabile che, porgendogli tu con gioia il dono, egli non sospetti nulla di male; dato infatti che nulla sembra tanto umiliante agli uomini come ricevere dagli altri, se tu non elimini ogni sospetto con una gioia smisurata, mostrando di ricevere piuttosto che dare, opprimi chi riceve il tuo dono piuttosto che sollevarlo. Per questo l’Apostolo dice: Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. Chi ricevendo un regno si mostra afflitto? Chi raccogliendo la remissione dei peccati resta accasciato? Non pensare dunque alla spesa, ma al guadagno che te ne deriva. Infatti se chi semina si rallegra, anche se semina nell’incertezza, tanto più colui che coltiva il campo del cielo. Così, anche dando poco, darai molto; come invece pur dando molto, ma con tristezza, riduci a poco il tuo molto» (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria, Madre di speranza e di consolazione – “O Maria, chi ti guarda rimane confortato di ogni suo affanno, tribolazione e pena, e vincitore di ogni tentazione. Chi non sa cosa sia Dio, ricorra a te, Maria. Chi non trova misericordia in Dio, ricorra a te, Maria. Chi vien meno per la debolezza, ricorra a te che sei tutta forte e potente… Chi è tentato ricorra a te, che sei madre di umiltà, e non vi è cosa che scacci il demonio più che l’umiltà. Ricorra a te, ricorra a te, Maria!” (S. Maria Maddalena de’ Pazzi).
Santo del giorno: 10 Maggio – Beata Vergine Maria di San Luca (Giovedì della VI settimana di Pasqua): La venerazione verso la Madonna di San Luca, con il culto del vescovo S. Petronio, costituisce un dato caratterizzante la città e diocesi di Bologna. Questo vincolo di grazia e benedizione, iniziato con la fondazione della chiesa sul Monte della Guardia nel 1194, ebbe una storica conferma allorché durante l’episcopato del beato Nicolò Albergati, il 4 luglio 1433, la venerata immagine scese per la prima volta dal Colle della Guardia per liberare la città dalle piogge diluviali. Dal 1476 la visita della B. Vergine si verifica con cadenza annuale nei giorni delle Rogazioni antecedenti l’Ascensione. Ogni evento, triste e lieto, della storia di Bologna si riflette su questa immagine dolce e austera, che appartiene al modello della Hodigitria, cioè di Colei che indica la Via. Maria sembra ripetere ai Bolognesi le parole pronunciate a Cana: “Fate quello che Egli vi dirà” (cfr. Gv 2,5). La Madonna di San Luca, incoronata dall’arcivescovo Alfonso Paleotti nel 1603, ricevette un prezioso regale diadema per le mani di Pio IX il 10 giugno 1857 nel corso del viaggio alle Legazioni Pontificie.