8 Maggio 2018 – Martedì, VI di Pasqua – (At 16,22-34; Sal 137[138]; Gv 16,5-11) – I Lettura: In carcere Paolo e Sila, nonostante la flagellazione e le percosse, mantengono un atteggiamento sereno: pregano e cantano inni fino a mezzanotte. I carcerati ne sono meravigliati perché stupiti e affascinati da una libertà di cuore ed una disponibilità umanamente inconcepibili. La fede è un’arma così potente che nessuna catena al mondo gli potrà resistere. La vera fede, infatti, riesce a convertire ogni cuore e anche quello delle persone vicine. Salmo: “Abbiamo in comune con gli angeli il compito di lodare Dio. Diciamo loro: Salmeggiate al nostro Dio, salmeggiate! E sentiamo che ci rispondono: Salmeggiate al nostro re, salmeggiate (Sal 46,6). Inviati in missione per noi, che siamo gli eredi della salvezza, [gli angeli] portano in cielo le nostre preghiere e ci riportano la grazia” (Bernardo). Vangelo: Gesù inizia con una domanda retorica a evidenziare la tristezza, oramai evidente, nel cuore dei discepoli. Cerca di dissipare tale preoccupazione dovuta alla sua imminente partenza, rivelandone il fine: se egli non si allontanasse dagli apostoli il Paràclito non potrebbe raggiungerli. La partenza e il distacco da essi è condizione previa per la venuta del Paràclito.
Se non me ne vado, non verrà a voi il Paráclito – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paráclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».
Riflessione: «Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada». I Vangeli annotano spesso le reazioni emotive dei discepoli e sorprende come spesso esse siano di tristezza se non addirittura di opposizione alle parole di Gesù. Spesso non comprendono le parole del Maestro, le travisano, le contestano. Pensiamo ad esempio, quando Gesù afferma che ha da mangiare un cibo che i discepoli non conoscono, ed essi credono che qualcuno gli avesse portato del cibo a loro insaputa (cfr. Gv 4,31-34). O quando parla del lievito dei farisei e i discepoli litigano tra loro perché avevano dimenticato di prendere il pane (cfr. Mt 16,5-7). Avere fede significa ascoltare, come Maria, la Parola di Dio, fidandosi di essa, accogliendola e custodendola nel cuore; meditandola spesso, specialmente quando sembra dura o incomprensibile; rendendola oggetto di preghiera quando sembra oscura e difficile da vivere. Per evitare che la Parola rechi tristezza o smarrimento, bisogna partire da un atto di fede: «Tutto concorre al bene» (Rm 8,28)! Ed ecco Gesù che ancora una volta, oggi, ai discepoli ricorda che nel suo agire Dio ricerca sempre il nostro bene, il nostro vantaggio. Continuando a pensare che se Dio agisse come vorremmo noi, le cose andrebbero meglio, ci dimostriamo stolti, forse egoisti, certamente superbi. Piuttosto mettiamoci, in tutta umiltà, in ascolto della Parola, mettendo al centro Dio e non i nostri problemi; mettendo al centro il desiderio che venga il suo regno in noi. Permettiamogli di rovesciare i potenti (cioè noi e le nostre resistenze) dai troni; permettiamogli di disperdere, come le nubi più oscure, i pensieri superbi del nostro misero cuore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù vittorioso su Satana: Card. Angelo Amato (Commis-sione Teologico-Storica, 1997): Gesù vince non solo il peccato e le malattie, ma anche Satana. Egli libera gli uomini posseduti dal maligno: «Gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati» (Mt 8,16). Risanò i due indemoniati furiosi di Gadara (cfr. Mt 8,28-34; Mc 5,1-20; Lc 8,26-39), l’indemoniato di Cafarnao (Mc 1,21-28; Lc 4,31-37), un indemoniato muto (cfr. Mt 12,22-24), un altro cieco e muto (Mt 12,22-24). È vero che a quel tempo disturbi, alterazioni funzionali e malattie come l’epilessia erano considerate conseguenze di possessioni diaboliche. Nella lotta con gli indemoniati, però, Gesù si trova davanti non solo a delle persone malate, ma all’avversario del bene, al tentatore e seduttore dell’uomo. E lo vince. Il potere di Gesù è superiore a quello di Satana. Negli esorcismi Gesù non solo guarisce una malattia, ma espelle colui che è avversario del regno di Dio. Nella lotta tra il bene e il male Gesù è il vincitore di Satana.
Gesù con la sua sofferenza sulla croce ha vinto Satana – Giovanni Paolo II (Lettera Apostolica Salvifici doloris 26): Attraverso i secoli e le generazioni è stato constatato che nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti santi, come ad esempio san Francesco d’Assisi, sant’Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l’uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazione. Questa scoperta è una particolare conferma della grandezza spirituale che nell’uomo supera il corpo in modo del tutto incomparabile. Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali. Questa interiore maturità e grandezza spirituale nella sofferenza certamente sono frutto di una particolare conversione e cooperazione con la grazia del Redentore crocifisso. È lui stesso ad agire nel vivo delle umane sofferenze per mezzo del suo Spirito di verità, per mezzo dello Spirito consolatore. È lui a trasformare, in un certo senso, la sostanza stessa della vita spirituale, indicando all’uomo sofferente un posto vicino a sé. È lui – come maestro e guida interiore – a insegnare al fratello e alla sorella sofferenti questo mirabile scambio, posto nel cuore stesso del mistero della redenzione. La sofferenza è, in se stessa, un provocare il male. Ma Cristo ne ha fatto la più solida base del bene definitivo, cioè del bene della salvezza eterna. Con la sua sofferenza sulla croce Cristo ha raggiunto le radici stesse del male, del peccato e della morte. Egli ha vinto l’artefice del male, che è Satana, e la sua permanente ribellione contro il Creatore. Davanti al fratello o alla sorella sofferenti Cristo dischiude e dispiega gradualmente gli orizzonti del regno di Dio: di un mondo convertito al Creatore, di un mondo liberato dal peccato, che si sta edificando sulla potenza salvifica dell’amore. E, lentamente ma efficacemente, Cristo introduce in questo mondo, in questo regno del Padre, l’uomo sofferente, in un certo senso attraverso il cuore stesso della sua sofferenza. La sofferenza, infatti, non può essere trasformata e mutata con una grazia dall’esterno, ma dall’interno. E Cristo mediante la sua propria sofferenza salvifica si trova quanto mai dentro ad ogni sofferenza umana, e può agire dall’interno di essa con la potenza del suo Spirito di verità, del suo Spirito consolatore.
Il principe di questo mondo… – Giovanni XXIII (Omelia, 29 Marzo 1959): La morte e la vita si batterono in un duello tremendo. Il Padrone della vita trionfa sulla morte: e la vittoria di Lui è la vittoria della sua Chiesa nei secoli. Sgombriamo dunque il nostro spirito da ogni sgomento: ed apriamo il cuore alle più belle speranze verso l’avvenire. Potremo avere pressioni dal mondo, continueremo ad averne sicuramente. Prima di partire, Gesù, il vincitore della morte, disse: «confidate: io ho vinto il mondo». È vero: c’è un signore che resta sul terreno del terribile combattimento. Noi lo rammentiamo spesso col suo nome e cognome. É un principe. Il Divino Rabbi di Nazareth lo chiamava il «principe di questo mondo». Il Cristo conduce mitemente, ma efficacemente la lotta contro di lui, per l’affermazione della giustizia, per il trionfo della pace.
Antidoto alla tristezza… – Mons. Edward Nowak (Omelia, 18 Maggio 2004): Nel corso della sua vita terrena, Gesù fu respinto dagli Ebrei e fu condannato a morte. In una parola: fu sconfitto! Ed ecco il paradosso di Dio: la sconfitta si è trasformata in vittoria. Lo Spirito che verrà proverà ai discepoli che il peccato è dalla parte del mondo, perché non ha creduto in lui; che la giustizia è dalla parte di Gesù, poiché la sua vita non viene annientata nel sepolcro, ma ritorna al Padre, e che è il principe del mondo ad essere condannato. Testimoniando questa vittoria, lo Spirito Paraclito diventa un antidoto alla tristezza dei discepoli.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò – “Lo Spirito Santo è il frumento che ci conforta sul cammino verso la patria, è il vino che ci rallegra nella tribolazione, l’olio che rende dolce l’amarezza della vita. Occorreva questo triplice soccorso agli apostoli che dovevano andare a predicare nel mondo intero. Per questo Gesù manda loro lo Spirito Santo. Ne sono stati colmati – colmati perché gli spiriti immondi non avessero alcun accesso in loro: quando un vaso è colmo, non vi si può mettere nulla di più. Lo Spirito Santo ‘v’insegnerà’ [Gv 16,13], perché sappiate; vi suggerirà, perché vogliate. Egli dà il sapere e il volere; aggiungiamo il nostro “potere”, nella misura delle nostre forze, e saremo i templi dello Spirito Santo [1Cor 6,19]” (Sant’Antonio di Padova).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria, Regina del Santo Rosario di Pompei – “Chi persevererà nella recita del Rosario riceverà grazie preziosissime. Il Rosario sarà un’arma potentissima contro l’inferno; esso distruggerà i vizi, libererà dal peccato, dissiperà le eresie. Il Rosario farà fiorire le virtù e le buone opere e otterrà alle anime le più abbondanti misericordie divine” (dalle Promesse a S. Domenico).
Santo del giorno: 8 Maggio – Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei: La devozione alla Vergine del Rosario nella cittadina di Pompei risale all’arrivo, come amministratore dei beni della contessa Marianna Farnararo vedova De Fusco, dell’avvocato Bartolo Longo, tornato alla fede dopo un lungo periodo di crisi. Per offrire un riscatto civile e morale a popolazioni abbandonate da secoli nella loro miseria, decise di propagare la preghiera del Rosario. Per questo scopo, ricevette in dono un quadro raffigurante la Madonna in trono con Gesù Bambino sulle ginocchia, in atto di consegnare la corona del Rosario a santa Caterina da Siena e a san Domenico di Guzman. Il dipinto, inizialmente conservato nella piccola chiesa parrocchiale, fu poi trasferito nella nuova chiesa, in seguito diventata Santuario e Basilica Pontificia. Al Santuario sono annesse numerose opere caritative, tutte ideate da Bartolo Longo, che la Chiesa onora come Beato dal 1980. I giorni che vedono il maggior afflusso di pellegrini a Pompei sono l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, quando viene solennemente recitata la Supplica alla Vergine del Santo Rosario di Pompei, composta dallo stesso Beato Bartolo Longo.
Preghiamo: Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione. Per il nostro Signore…