3 Maggio 2018 – Giovedì – Ss. Filippo e Giacomo (Festa) – (1Cor 15,1-8a; Sal 18[19]; Gv 14,6-14) – I Lettura: Per Paolo, come per tutta la Chiesa primitiva, la risurrezione significa che Dio ha riabilitato colui che era stato ingiustamente crocifisso, innalzandolo accanto a Sé e donandogli una gloria senza fine. In Lui è l’umanità intera che ritorna alla comunione con Dio. Il peccato è dunque vinto e quel regno di Dio che Gesù aveva annunziato durante la sua vita terrena è inaugurato. Egli stesso, nella sua nuova condizione di Signore glorificato, guida alla risurrezione finale tutti coloro che credono in lui. Salmo: Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio: “Il giorno e la notte gridano che non vi è altro Dio” (Cirillo di Gerusalemme). Vangelo: Gesù è la rivelazione perfetta e personale del Padre, ma tale rivelazione può essere intellegibile solo con la fede. Proprio per questo la risposta di Gesù inizia con queste parole: “Non credi?”, e un po’ più avanti dirà: “Credete in me”. Questa ineffabile verità la si può applicare anche ai credenti: essi, infatti, sono inabitati dalla santissima Trinità, e chi crede nel Figlio compirà le opere che Egli compie e ne compirà di più grandi.
Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
Riflessione: «Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste». Quando ci soffermiamo a pensare alle grandi opere compiute da Gesù, il pensiero va subito ai suoi miracoli: guarigioni, esorcismi, risurrezioni… Ma è lecito chiederci, oggi, cosa intendesse davvero Gesù riguardo a queste grandi opere che è in grado di compiere chi crede in Gesù Cristo. Anzitutto, quali sono le opere di Dio? In cosa consiste l’opera sua più grande? Dobbiamo fermarci ai miracoli o c’è qualcosa di ancora più grande tra le opere di Dio? Nel contesto del creato, l’opera più grande e più bella, è stata la creazione dell’uomo maschio e femmina (cfr. Gen 1,27.31). In seguito al peccato dell’uomo, l’opera più bella e grande di Dio è stata certamente la Redenzione, per mezzo della quale abbiamo ottenuto la salvezza e ci è stata ridonata la comunione perfetta col Padre. Un’opera di puro amore, di gratuita misericordia, di sconfinata benevolenza che, senza chiedere nulla in cambio, dona tutta la sua umanità e divinità a ciascuno di noi, per la nostra santificazione. Chi crede in Gesù si associa a questa grande opera di redenzione, di salvezza, di riappacificazione tra Cielo e terra. Chi accoglie Cristo nel cuore, mettendolo al centro di ogni sua scelta, azione, preghiera, si conformerà perfettamente a Lui, vivrà dei suoi stessi sentimenti (cfr. Fil 2,5) e completerà nella sua carne ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore della sua Chiesa (cfr. Col 1,24). Dare gloria a Dio santificando il mondo, rendendosi luce e sale per esso, dando la propria vita per ogni uomo: non c’è un’opera più grande che possiamo compiere nella nostra vita.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: San Filippo apostolo – Benedetto XVI (Udienza Generale, 6 Settembre 2006): Durante l’Ultima Cena, avendo Gesù affermato che conoscere Lui significava anche conoscere il Padre (cfr. Gv 14,7), Filippo quasi ingenuamente gli chiese: “Signore, mostraci il Padre, e ci basta» (Gv 14,8). Gesù gli rispose con un tono di benevolo rimprovero: “Filippo, da tanto tempo sono con voi e ancora non mi conosci? Colui che vede me, vede il Padre! … io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,9-11). Queste parole sono tra le più alte del Vangelo di Giovanni. Esse contengono una rivelazione vera e propria. Al termine del Prologo del suo Vangelo, Giovanni afferma: “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Ebbene, quella dichiarazione, che è dell’evangelista, è ripresa e confermata da Gesù stesso. Ma con una nuova sfumatura. Infatti, mentre il Prologo giovanneo parla di un intervento esplicativo di Gesù mediante le parole del suo insegnamento, nella risposta a Filippo Gesù fa riferimento alla propria persona come tale, lasciando intendere che è possibile comprenderlo non solo mediante ciò che dice, ma ancora di più mediante ciò che egli semplicemente è. Per esprimerci secondo il paradosso dell’Incarnazione, possiamo ben dire che Dio si è dato un volto umano, quello di Gesù, e per conseguenza d’ora in poi, se davvero vogliamo conoscere il volto di Dio, non abbiamo che da contemplare il volto di Gesù! Nel suo volto vediamo realmente chi è Dio e come è Dio!
San Giacomo apostolo – Giovanni Paolo II (Omelia, 9 Novembre 1982): La missione della Chiesa cominciò a realizzarsi precisamente grazie al fatto che gli Apostoli, pieni di Spirito Santo ricevuto nel Cenacolo il giorno di Pentecoste, obbedirono a Dio piuttosto che agli uomini. Quest’obbedienza la pagarono con la sofferenza, col sangue, con la morte. La furia dei capi del Sinedrio di Gerusalemme si infranse contro la decisione fermissima, che portò san Giacomo al martirio quando Erode – come ci dicono gli Atti degli Apostoli – “cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni” (At 12,1). Egli fu il primo degli Apostoli a soffrire il martirio. […]. San Giacomo era fratello di Giovanni Evangelista. Essi furono i due discepoli a cui – in uno dei dialoghi più impressionanti che riporta il Vangelo – Gesù fece quella famosa domanda: “‘Potete bere il calice che io sto per bere?’. Ed essi risposero: «Possiamo»” (Mt 20,23). Era la parola della disponibilità, del coraggio; un atteggiamento tipico dei giovani, però non loro esclusivo, ma di tutti i cristiani, ed in particolare di coloro che accettano di essere apostoli del Vangelo. La generosa risposta dei due discepoli fu accettata da Gesù. Egli disse loro: “Il mio calice lo berrete” (Mt 20,23). Queste parole si compirono in Giacomo, figlio di Zebedeo, che col suo sangue diede testimonianza a Cristo.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Giudicherà anche i creatori di scismi, che sono privi di amore per Dio e cercano il proprio interesse, non l’unità della Chiesa; per una causa piccola e qualsiasi fendono e dividono il grande e glorioso corpo di Cristo e, in quanto è loro dato, lo uccidono; parlano di pace e fanno guerra, davvero filtrano il moscerino e inghiottono il cammello: nessuna loro riforma è paragonabile alla rovina dello scisma. Giudicherà tutti coloro che sono fuori della verità, cioè fuori dalla Chiesa. Ma egli, da nessuno è giudicato. Tutto in lui è saldo e immoto: verso l’unico Dio onnipotente, da cui viene tutto, ha fede piena; verso il Figlio di Dio, il Cristo Gesù, Signore nostro, per mezzo del quale viene tutto e verso le divine “economie”, per cui egli si è fatto uomo, ha adesione ferma; e la ha anche verso lo Spirito di Dio, che dona la conoscenza della verità, che ha manifestato agli uomini – per il loro bene e nella misura propria a ogni generazione secondo il beneplacito del Padre – le economie del Padre e del Figlio. È questa la vera gnosi [conoscenza religiosa]: la dottrina degli apostoli, tutto l’insegnamento antico della Chiesa nel mondo intero, il segno distintivo del corpo di Cristo, garantito dalla successione dei vescovi, e dai vescovi comunicato a ogni Chiesa particolare. Ciò che è giunto a noi, è la conservazione fedele delle Scritture, la loro esposizione integrale, senza aggiunte o detrazioni; la loro lettura priva di inganno, la loro spiegazione in tutto confacente, corretta, armoniosa, priva di pericolo o bestemmia; è infine il dono eccelso dell’amore, che è più prezioso della gnosi, più prezioso della profezia, superiore a tutti gli altri carismi» (Ireneo di Lione).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria Regina degli Apostoli – “Vi siete mai chiesto come mai alla Madonna diamo il titolo di Regina degli Apostoli? Col titolo di Regina intendiamo dire che è superiore a tutti gli altri, che primeggia. E allora come si fa a dire che la Madonna è superiore a tutti gli Apostoli? Bisogna sapere prima di tutto quali sono le caratteristiche dell’apostolo, dopo di che potremo giudicare fino a che punto la Madonna è al primo posto tra gli Apostoli. Consideriamo la vocazione e la missione degli Apostoli. Gesù aveva tanti discepoli, ma poi, dopo una notte di preghiera ne ha scelto dodici e prima li ha tenuti vicino a sé per formarli, poi li ha mandati agli altri [apostolo significa appunto “inviato”]. Allora è chiaro che uno sarà tanto più apostolo quanto più starà unito a Cristo e quanto più raggiungerà gli altri nel campo della salvezza. Gesù è stato il primo Apostolo, l’Apostolo del Padre. Perché? Veramente ha dedicato soltanto tre anni all’apostolato e in un angolino della terra e gli è andata piuttosto male perché alla fine anche i suoi discepoli l’hanno abbandonato… Eppure anche se apparentemente ha fallito, possiamo con tutta verità dire che è l’Apostolo del Padre perché non occorre dimostrare che in Lui l’unione con Dio e l’andare verso le anime per salvarle, si sono realizzate alla perfezione. E nella Madonna? Ci sono i due elementi che caratterizzano un apostolo. La Madonna è unita a Cristo nel modo più stretto perché è Sua Madre e un vincolo più forte della maternità non è concepibile. Però insieme al vincolo fisico la Madonna ha con Gesù un vincolo spirituale perfetto. Il Vangelo infatti sottolinea che la Madonna ascoltava le parole di Gesù e le meditava. Cioè la Madonna ha vissuto profondamente i misteri di Suo Figlio, ha condiviso la sua sorte in tutto. La Madonna è andata verso gli altri perché ha cooperato al sacrificio della croce che è la fonte della salvezza. In che modo? Donando il Salvatore. Inoltre la Madonna è Madre di tutti gli uomini, è Mediatrice di tutte le grazie: la salvezza viene da Dio, ma attraverso le mani di Maria. Allora è chiaro che Maria è Regina degli Apostoli perché unita a Cristo in un modo eccezionalmente sublime e perché corredentrice e mediatrice di tutte le grazie” (Mons. F. Recagno).
Santo del giorno: 3 Maggio – Santi Filippo e Giacomo il Minore, Apostoli: L’apostolo Filippo e Giacomo il minore vengono ricordati lo stesso giorno poiché le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma. Filippo era originario della città di Betsaida, la stessa degli apostoli Pietro e Andrea. Discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi a seguire Gesù e, secondo la tradizione, evangelizzò gli Sciti e i Parti. Giacomo era figlio di Alfeo e cugino di Gesù. Ebbe un ruolo importante nel concilio di Gerusalemme (50 circa) divenendo capo della Chiesa della città alla morte di Giacomo il Maggiore. Scrisse la prima delle Lettere Cattoliche del Nuovo Testamento. Secondo Giuseppe Flavio (37 circa – 103) fu lapidato tra il 62 e il 66. Tuttavia l’attendibilità del racconto è dubbia.
Preghiamo: O Dio, nostro Padre, che rallegri la Chiesa con la festa degli apostoli Filippo e Giacomo, per le loro preghiere concedi al tuo popolo di comunicare al mistero della morte e risurrezione del tuo unico Figlio, per contemplare in eterno la gloria del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…