28 Aprile 2018 – Sabato, IV di Pasqua – (At 13,44-52; Sal 97[98]; Gv 14,7-14) – I Lettura: Il discorso di Paolo suscita una reazione favorevole tra gli ascoltatori: molti Giudei e Proseliti (stranieri che avevano accettato di farsi circoncidere) all’uscita dalla Sinagoga seguirono Bàrnaba e Paolo. Una variante del testo di At 13,43 aggiunge: “giudicando conveniente farsi battezzare” (cfr. Bibbia di Gerusalemme, nota). Nel versetto 44 Luca descrive l’entusiasmo che la parola dei missionari suscita in quasi tutta la città e, subito dopo, la reazione negativa dei Giudei accecati dall’invidia. L’or-gogliosa ostinazione di questi spinge Paolo e Bàrnaba a rivolgersi ai pagani, rivelatisi più docili e aperti al Vangelo e alla Grazia. Salmo: “Come il salmo precedente, questo è una profezia dei due avventi del Salvatore; ma parla soprattutto del secondo. Cantate un canto nuovo, perché le cose stanno per cambiare” (Eusebio). Vangelo: Nel discorso ai suoi discepoli Gesù mette in rapporto il precetto dell’amore con l’amore del Padre, Figlio e Spirito Santo. L’amore Trinitario mette in tale comunicazione le tre persone che solo Gesù può affermare: chi vede me, vede il Padre. La fede è la chiave di accesso a questa comunione, osservare la parola di Gesù e il precetto dell’amore permette di rimanere in Lui e compiere le sue stesse opere.
Chi ha visto me ha visto il Padre – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
Riflessione: «Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio». La preghiera liturgica invoca tutto sempre nel nome di Gesù: per Cristo, con Cristo e in Cristo! Ma concretamente cosa significa pregare e chiedere nel nome di Gesù? Anzitutto significa pregare il Padre, fonte di ogni grazia e benedizione, uniti e incorporati a Cristo. Da qui la consapevolezza che per pregare bene dobbiamo anzitutto chiederci quale sia il nostro rapporto con Gesù: è un rapporto di opportunismo, di sudditanza, di timore, di superficialità? O è un vero rapporto d’amore, un rapporto vivo, intessuto quotidianamente in un continuo confronto, in un continuo scambio vitale? Il nome nella Bibbia indica l’identità della persona, la sua natura, la sua missione. Pregare in Cristo significa entrare nella sua stessa logica, vivere i suoi stessi interessi, ordinare la volontà secondo la sua stessa direzione. Pregare nel suo nome significa fare di Cristo il cuore del nostro cuore, significa permettere allo Spirito Santo di plasmare la nostra anima ad immagine del Figlio. Pregare nel nome di Gesù significa “avere la mentalità di Cristo, avere la visuale di Cristo, avere l’amicizia di Cristo e quindi chiedere quel che Cristo chiederebbe, non altro, e chiedere come Cristo lo chiederebbe. Ecco perché è tanto efficace la preghiera al Padre nel nome di Gesù, perché è come dire: Padre ti prego con la bocca di Cristo, col cuore di Cristo, col pensiero di Cristo, coi desideri di Cristo, con l’amore di Cristo, con la confidenza di Cristo… I non cristiani pregano soli soletti, noi no, mai! Noi quando preghiamo siamo sempre sprofondati in Cristo e uniti attraverso Cristo a tutti gli uomini di buona volontà. Per questo quando Gesù ci mette sulle labbra il Padre nostro, ci fa dire una preghiera tutta al plurale. Pregare da soli non è certo come pregare con Cristo, corretti da lui, completati da lui… Confrontiamo la preghiera che viene dalla nostra solitudine con quella unita e radicata in Cristo e capiremo la differenza abissale tra le due preghiere” (A. Gasparino).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli, dice il Signore, e conoscerete la verità (Gv 8,31b-32 – Canto al Vangelo) – Benedetto XVI (Omelia, 28 Marzo 2012): «Nel brano del Vangelo che è stato proclamato, Gesù si rivela come il Figlio di Dio Padre, il Salvatore, l’unico che può mostrare la verità e dare la vera libertà. Il suo insegnamento provoca resistenza ed inquietudine tra i suoi interlocutori, ed Egli li accusa di cercare la sua morte, alludendo al supremo sacrificio della Croce, ormai vicino. Ma li esorta a credere, a rimanere nella sua Parola, per conoscere la verità che redime ed onora. In effetti, la verità è un anelito dell’essere umano, e cercarla suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. […] Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza compromettersi.
Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 4 Dicembre 1985): Se la perfettissima unità delle tre Persone divine è il vertice trascendente che illumina ogni forma di autentica comunione tra noi, esseri umani, è giusto che la nostra riflessione ritorni di frequente alla contemplazione di questo mistero, a cui così spesso si fa cenno nel Vangelo. Basti ricordare le parole di Gesù: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30); e ancora: “Credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10,38). E in altro contesto: “Le parole che io vi dico non le dico da me; ma il Padre che è in me” (Gv 14,10-11). Gli antichi scrittori ecclesiastici si soffermano spesso a trattare di questo reciproco compenetrarsi delle Persone divine. I Greci lo definiscono come “perichóresis”, l’Occidente (specialmente dall’XI secolo) come “circumin-cessio” (reciproco compenetrarsi) o “circuminsessio” (reciproca inabitazione). Il Concilio di Firenze ha espresso questa verità trinitaria con le seguenti parole: “Per questa unità… il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio” (Denz.-S. 1331). Le tre Persone divine, i tre “Distinti”, essendo pure relazioni reciproche sono il medesimo Essere, la medesima Vita, il medesimo Dio.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse: Cristo è la verità – Ad Gentes 3: Dio, al fine di stabilire la pace, cioè la comunione con sé, e di realizzare tra gli uomini stessi – che sono peccatori – una unione fraterna, decise di entrare in maniera nuova e definitiva nella storia umana, inviando il suo Figlio a noi con un corpo simile al nostro, per sottrarre a suo mezzo gli uomini dal potere delle tenebre e del demonio (cfr. Col 1,13; At 10,38) ed in lui riconciliare a sé il mondo (cfr. 2Cor 5,19). Colui dunque, per opera del quale aveva creato anche l’universo Dio lo costituì erede di tutte quante le cose, per restaurare tutto in lui (cfr. Ef 1,10). Ed in effetti Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9); nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14) ed è costituito capo dell’umanità nuova. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina; per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà (cfr. 2Cor 8,9).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Io e il Padre siamo una cosa sola – “Se, come scrive Paolo agli Ebrei, l’Unigenito è lo splendore della gloria, il carattere della sostanza e l’immagine del Dio incorruttibile, invisibile ed eterno [cfr. Rm 1,20; 1Tm 1,17], e se egli è verace quando afferma Chi ha visto me ha visto il Padre [Gv 14,9] e Io e il Padre siamo una cosa sola [Gv 10,30], certamente è consustanziale, eterno e uguale, al punto che è simile in tutto a Dio Padre e in nulla differisce da lui. Infatti, luce da luce e non «eterousio» [cioè con diversità di sostanza] è generato, né inferiore. Il carattere della sostanza indica l’identità ed esclude ogni diversità di natura, di gloria e di onnipotenza; l’immagine razionale denota l’uguaglianza e la somiglianza; e chi vede una creatura, non vede l’Increato. Afferma infatti che le ipostasi sono una cosa sola per la divinità, e distingue le persone nell’unità dell’essenza” (Didimo di Al.).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Ad uomini arsi dal fuoco del dubbio, Gesù rivela il suo volto e nel suo volto vediamo il volto del Padre rivolto verso di noi; nel suo volto trasfigurato dalla risurrezione, ora vediamo i tratti dell’Amore della Trinità: del Padre che ci ha tanto amato da donarci il suo Figlio unigenito (cfr. Gv 3,16); del Figlio che ci ha amati sino alla fine (cfr. Gv 13,1); dello Spirito Santo che ha effuso nei nostri cuori l’amore del Padre e del Figlio (cfr. Rm 5,5). Ad uomini increduli e paurosi, Gesù rivela il mistero della sua natura: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). E allo stesso tempo rivela loro un’esaltante missione. Come Gesù è nel Padre ed è il rivelatore perfetto del volto del Padre, così il discepolo, trovandosi in Gesù e nello stesso tempo nel Padre, è chiamato ad essere perfetto ostensorio del Padre e del Figlio: «voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato» perché riveli il volto glorioso del Padre (1Pt 2,9). I cristiani hanno il compito di essere sacramento della presenza di Dio, nel suo profondo mistero trinitario. Ed è possibile soltanto se si identificano con Cristo Gesù (2Cor 3,18). La Chiesa «è quel segno, quella realtà visibile, che Gesù ha lasciato sulla terra per continuare la sua missione di «mostrare il Padre» … Ogni uomo ha il diritto di rivolgersi a lei, come Filippo a Gesù «immagine di Dio invisibile», e chiederle: «Mostraci il Padre, e ci basta» … Ci basta, perché questo è il desiderio dell’uomo: vedere Dio… ci basta, perché in questo sta la vita eterna» (Mons. Luigi Olgiati). Quando nei tempi antichi Cicerone finiva di parlare, la folla applaudiva commentando: «Come ha parlato bene!», ma quando parlava Demostene, il popolo si alzava in piedi e gridava: «Mettiamoci in marcia». Così la nostra testimonianza al Signore attraverso le opere dev’essere tale, che tutti si sentano spinti a mettersi immediatamente in cammino per annunciare «a tutte le nazioni» (Mt 28,19) il Vangelo dell’Amore.
Santo del giorno: 28 Aprile – San Luigi Maria Grignion da Montfort, Sacerdote: «Luigi Maria percorse le regioni occidentali della Francia predicando il mistero della Sapienza eterna, Cristo incarnato e crocifisso, e insegnando ad andare a Gesù per mezzo di Maria. Associò sacerdoti e fratelli alla propria attività apostolica, e scrisse le regole dei Missionari della Compagnia di Maria. Fu proclamato santo da Pio XII il 20 luglio 1947» (Messale Romano).
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, rendi sempre operante in noi il mistero della Pasqua, perché, nati a nuova vita nel Battesimo, con la tua protezione possiamo portare molto frutto e giungere alla pienezza della gioia eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…