27 Aprile 2018 – Venerdì, IV di Pasqua – (At 13,26-33; Sal 2; Gv 14,1-6) – I Lettura: Paolo presenta Cristo come l’adempi-mento delle promesse di Dio fatte a Davide e al popolo per mezzo dei profeti. La sua venuta è preparata da Giovanni. L’accusa di incredulità è limitata agli abitanti di Gerusalemme, giustificando la loro condotta per ignoranza e perché fossero adempiute le parole dei profeti. Luca non include Paolo tra i testimoni della Risurrezione. Paolo, infatti, cita come testimoni solo gli altri Apostoli. Salmo: “La pena per il peccato è chiamata ira e collera. Presto, cioè alla fine di questa vita, quelli che credono in Cristo saranno beati. Il salmo 2 aggiunge le indicazioni che mancavano al primo: non basta allontanarsi dal peccato e meditare la legge di Dio, bisogna credere in Cristo ed entrare a far parte della sua eredità. Il salmo 1 chiama beato un sol uomo; il salmo 2 annuncia la beatitudine di tutti gli uomini, purché si affidino al Cristo” (Eusebio). Vangelo: Il discorso sulla sua partenza da questo mondo crea turbamento nel cuore dei discepoli. Ma Gesù li rassicura con questo discorso che è il più profondo tra i racconti giovannei. Inizia con la promessa di un posto in un luogo e si conclude con la certezza che Egli stesso è la via per arrivare in quel luogo.
Io sono la via, la verità e la vita – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».
Riflessione: «Non sia turbato il vostro cuore». Il cristiano è colui che è nella pace, perché dimora in Dio che è pace. Noi, per la nostra fede in Cristo, dovremmo essere necessariamente gioiosi, dovremmo fare della felicità il nostro stato d’animo naturale. In ogni occasione dovremmo poter testimoniare che Dio è al di sopra di ogni avversità: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: “Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello”. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’al-tra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35-39). La Pasqua è tempo di fiducia e di speranza: la contemplazione della tomba vuota ci fortifica nella convinzione che Dio ha sconfitto la morte. Non perché Dio ci toglie la croce, ma perché ci insegna a portarla, ci dona la forza di percorrere il nostro tragitto verso il Calvario e ci associa alla sua morte redentrice per farci godere della gloria senza fine: «Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,11-12a). Se i venti infuriano e le tempeste si abbattono sulla nostra casa, ricordiamo le parole di Gesù: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» (Mt 8,26). Quando ci sentiamo soli dinanzi alle prove e alle tentazioni ricordiamo che Dio ci ha donato un Consolatore che ci sostiene, che ci libera, che ci illumina e ci fortifica: lo Santo Spirito, dono del Risorto alla Chiesa. Quando ci assalgono gli scrupoli e lo sconforto sembra avere il sopravvento ricordiamoci che abbiamo un Avvocato potente presso il Padre (cfr. 1Gv 2,1). Capiamo, dunque, che l’esortazione a non essere turbati non nasce da una consolazione umana, da un incoraggiamento solidale fondato sul pietoso senso di compartecipazione, ma su una realtà precisa che è Cristo Gesù: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me». Chi ha fede, quindi, non conosce tristezza perché Dio è ogni sua gioia.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Abbiate fede in Dio – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 6 Maggio 2007): In questo spazio diventato sacro abbiamo sentito risuonare le solenni parole del Vangelo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). Esse ci pongono davanti a uno dei “come” di Gesù: la nostra fede si nutre con l’adesione viva e vitale alle sue parole. Se le circostanze esterne ci turbano e sembra impossibile amare gli altri, Gesù ci rassicura: “Non sia turbato il vostro cuore – non dubitate -. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). La figura di Cristo oggi continua a sedurre molti, adulti e giovani, attratti dalla sua carica di umanità, dal suo amore per i poveri, per i malati, dalla sua coerenza, ma ciò non basta; Egli è la via che conduce al Padre, è la verità, l’immagine del Padre nel mondo, e insieme è la vita di chi crede in lui. La fede in lui permette di accedere alla sorgente della verità e della vita. “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Questa lapidaria risposta di Gesù a Tommaso, che incerto gli chiedeva di conoscere la via per seguirlo, ha permeato i secoli della storia cristiana ed è diventata costitutiva per l’edificazione della Chiesa. Condizione essenziale per seguire Cristo è crescere compatti attorno a lui come pietre vive.
Io sono la via, la verità e la vita – Giovanni Paolo II (Lettera Enciclica, Evangelium vitae 29): Di fronte alle innumerevoli e gravi minacce alla vita presenti nel mondo contemporaneo, si potrebbe rimanere come sopraffatti dal senso di un’impotenza insuperabile: il bene non potrà mai avere la forza di vincere il male! È questo il momento nel quale il Popolo di Dio, e in esso ciascun credente, è chiamato a professare, con umiltà e coraggio, la propria fede in Gesù Cristo «il Verbo della vita» (1Gv 1,1). Il Vangelo della vita non è una semplice riflessione, anche se originale e profonda, sulla vita umana; neppure è soltanto un comandamento destinato a sensibilizzare la coscienza e a provocare significativi cambiamenti nella società; tanto meno è un’illusoria promessa di un futuro migliore. Il Vangelo della vita è una realtà concreta e personale, perché consiste nell’annuncio della persona stessa di Gesù. All’apostolo Tommaso, e in lui a ogni uomo, Gesù si presenta con queste parole: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). È la stessa identità indicata a Marta, la sorella di Lazzaro: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno» (Gv 11,25-26). Gesù è il Figlio che dall’eternità riceve la vita dal Padre (cfr. Gv 5,26) ed è venuto tra gli uomini per farli partecipi di questo dono: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). È allora dalla parola, dall’azione, dalla persona stessa di Gesù che all’uomo è data la possibilità di «conoscere» la verità intera circa il valore della vita umana; è da quella «fonte» che gli viene, in particolare, la capacità di «fare» perfettamente tale verità (cfr. Gv 3,21), ossia di assumere e realizzare in pienezza la responsabilità di amare e servire, di difendere e promuovere la vita umana.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Il paradiso era chiuso da migliaia d’anni: oggi la croce ce lo ha aperto. In questo giorno infatti e in quest’ora Dio vi ha fatto entrare il ladrone, compiendo così due cose meravigliose: ha aperto il paradiso e vi ha introdotto un ladro. Oggi Dio ci ha restituito la nostra patria d’origine, oggi ci ha ricondotti alla città del Padre e ha offerto in dono a tutta l’umanità la sua stessa dimora. Dice infatti: Oggi tu sarai con me in paradiso [Lc 23,43]. Ma che cosa dici, Signore? Sei lì appeso in croce, confitto con chiodi, e prometti il paradiso? Sì – mi rispondi – perché tu conosca qual è la mia potenza perfino sulla croce” (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Io sono la vita, nell’Antico Testamento la vita dell’uomo dipende dalla volontà benefica di Iahvé. L’uomo benedetto da Dio vive una vita lunga, protetta dalla benevolenza e dalla munificenza divina. Una protezione che si manifesta sotto forme molto concrete: salute, ricchezza, discendenza numerosa, rispetto e ammirazione da parte del prossimo, il tutto accompagnato dalla gioia interiore di sapersi amato da Dio. La morte è la negazione di tutti gli aspetti caratteristici della vita e consegue al peccato, perché con esso l’uomo si sottrae alla volontà benefica di Dio. La vita è piena di gioia e di speranza quando è vissuta nella grazia di Dio. Una vita che si fa piena e nuova con la risurrezione del Cristo. Questa nuova vita, quella della risurrezione che è donata ai discepoli, appartiene alla fine dei tempi, implica il godimento di Dio e il ristabilimento fisico totale della creatura. Ma, questa vita futura è già ora una realtà per colui che è legato al Cristo per mezzo della fede. Un’avventura che inizia con l’immersione nelle acque salutari del Battesimo. «Dunque la vita nella bibbia esprime quella forza dinamica che fa esistere le persone nel senso più pieno, dando loro benessere e felicità. Tale vita però può essere posseduta solo da chi è in comunione con la fonte della vera Vita, Dio attraverso il suo Figlio Unigenito, il quale è la Vita per essenza. Quindi chi ha il Figlio possiede la vita e per sempre» (Salvatore A. Panimolle). Nell’affermazione di Gesù si può cogliere, anche se in sordina, la tematica del confronto tra il dono della Legge e la grazia della verità. Gesù nel proclamarsi come la via, la verità e la vita, in senso pieno e perfetto, si sostituisce alla legge mosaica: oggi (Lc 4,21), «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4; Ef 1,10), solo la persona del Cristo può condurre a Dio; solo nella sua parola e nella sua persona si trova la rivelazione definitiva di Dio e la salvezza è comunicata in modo pieno ed esclusivo solo dal Cristo, anzi si identifica con lui.
Santo del giorno: 27 Aprile – Beata Caterina da Montenegro (Osanna di Cattaro), Domenicana: “La vita di questa Beata ha un incanto tutto particolare. Nata nel 1493 da umilissimi genitori ortodossi a Kebeza, in seno allo scisma greco, al battesimo le fu imposto il nome di Caterina. Piccola pastorella, rapita dalla bellezza dei magnifici panorami del suo Montenegro, s’innamora del Creatore di tante meraviglie e, con insolito ardore, gli va chiedendo che si mostri a lei. E là, nella solitudine dei monti, Gesù le appare prima, tenero bimbo, e poi Crocifisso, imprimendo nel suo vergine cuore un sigillo indelebile. Collocata in seguito a Kotor come serva presso la famiglia di un Senatore, ottimo cattolico, ha modo d’istruirsi nella vera fede e di ricevere i Sacramenti. Conosciuti i Domenicani, a ventidue anni prende una decisione eroica: rendersi reclusa per sempre, prendendo l’Abito e la Regola del Terz’Ordine di San Domenico. Con l’Abito di Terziaria assunse anche il nome di Osanna, in memoria di un’altra illustre Terziaria, Osanna da Mantova. E così, murata in una celletta, accanto alla chiesa di S. Paolo, retta dai Domenicani, visse nella contemplazione dei dolori di Gesù e nella completa immolazione di se stessa. Fu anche maestra di santità a innumerevoli anime, ma soprattutto fu l’angelo tutelare di Kotor. Morì il 27 aprile 1565. Il suo corpo riposa nella chiesa di Santa Maria a Kotor. Papa Pio XI il 21 dicembre 1927 ha ratificato il culto, invocandone l’intercessione per l’unità dei cristiani” (Franco Mariani).
Preghiamo: O Padre, principio della vera libertà e fonte di salvezza, ascolta la voce del tuo popolo e fa’ che i redenti dal sangue del tuo Figlio vivano sempre in comunione con te e godano la felicità senza fine. Per il nostro Signore Ge