aprile, meditazioni

26 Aprile 2018

26 Aprile 2018 – Giovedì, IV di Pasqua – (At 13,13-25; Sal 88[89]; Gv 13,16-20) – I Lettura: Il capitolo 13 si apre con l’elezione, da parte dello Spirito Santo, di Bàrnaba e Sàulo per una missione particolare. La Chiesa di Antiòchia in Siria, pur rimanendo seconda in importanza rispetto a Gerusalemme, che rimane il centro dottrinale, assume un’im-portanza storica per la diffusione della Parola nelle terre dei Gentili. La Chiesa di Antiòchia invia Bàrnaba e Sàulo dopo aver loro imposto le mani: da questo momento la loro missione è sotto la diretta guida dello Spirito. Passando per Cipro, patria di Bàrnaba, gli inviati arrivano ad Antiòchia di Pisidia. Qui Paolo inizia ad emergere nel racconto lucano, infatti questa sezione è riportata come il suo primo viaggio missionario. Alla sinagoga di Antiòchia è lui a prendere la parola esponendo con chiarezza la storia della salvezza dall’Èsodo fino a Cristo. Salmo: “Profezia della nascita del Cristo, del suo regno, della sua passione. Le misericordie del Signore sono la liberazione dal peccato e dalla morte” (Atanasio). Vangelo: Nel gesto della lavanda dei piedi, Gesù, consapevole della sua natura di Figlio di Dio, presenta il mistero della sua Incarnazione. Il suo estremo abbassamento è rappresentato in un gesto che, a quei tempi, era riservato agli schiavi. Lo spirito che animò l’umile servizio del Figlio di Dio, deve essere imitato dai suoi discepoli. Infatti, è nell’imitazione del Maestro che i discepoli trovano la loro beatitudine.

Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me – Dal Vangelo secondo Giovanni: [Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Riflessione: «Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica». Quante cose sappiamo! Pensiamo a tutti gli anni in cui abbiamo frequentato il catechismo, pensiamo quante ore di religione abbiamo fatto a scuola, pensiamo quante omelie abbiamo ascoltato, quante volte abbiamo udito proclamare il Vangelo e le altre Scritture. Forse abbiamo anche la buona abitudine, di tanto in tanto, di partecipare a qualche giornata di ritiro, o di partecipare a qualche momento di meditazione, di Lectio Divina, di commento alla Parola di Dio. Conosciamo bene la nostra fede, conosciamo le parabole, i doni dello Spirito Santo e magari anche quante e quali sono le virtù cardinali e teologali… Sappiamo molte cose, pur non essendo teologi o non avendo fatto corsi di studio specifici. Perché allora non siamo ancora santi? Cosa ci manca per essere perfetti come il Padre? Perché la nostra luce non brilla nel mondo? Perché non riusciamo ad essere sale nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti di lavoro, con gli amici o colleghi, o tra i parenti? O pensiamo davvero di aver ormai raggiunto la santità, la beatitudine più  elevata. Certo, ci affrettiamo a dire che santi non ci siamo, quasi fosse obbligatorio non esserlo. Ma dopo aver risposto chiudiamo lì l’argomento, senza andare oltre, senza interrogarci sul perché santi non lo siamo ancora. Forse Dio ci ha ingannati proponendoci una meta troppo ardua per le nostre fragili volontà? Possiamo dire che se non siamo santi la colpa è del Signore? Certamente no! Crediamo fermamente non solo che egli ci ha creati e amati, ma anche che egli ci ha dato, nel Battesimo, tutto il corredo della grazia necessaria per attuare le sue promesse. E se la colpa non è di Dio, allora perché santi non lo siamo ancora? Si, dobbiamo ammetterlo: se non siamo santi è solo colpa nostra, se non siamo santi non è per colpa dell’ignoranza, per colpa della fragilità o chissà di quali altre colpe che mettiamo innanzi ma che servono in realtà a nascondere le nostre responsabilità. Se non siamo santi è perché ascoltiamo la Parola, la conosciamo, sappiamo cosa vuole Dio da noi, come dovremmo comportarci verso lui e il prossimo… ma alla fine distogliamo il cuore e non mettiamo in pratica: e Dio, la Gioia, attende!

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno – Pio XI (Lettera Enciclica Miserentissimus Redemptor): Quanto poi sia urgente, specialmente in questo nostro secolo, la necessità della espiazione o riparazione, non può ignorarlo chiunque con gli occhi e con la mente, come dicemmo prima, consideri questo mondo «tutto sottoposto al maligno». Infatti, da ogni parte giunge a Noi il grido dei popoli, i cui re o governi veramente si sono sollevati e hanno congiurato insieme contro il Signore e contro la sua Chiesa. Vedemmo in quelle nazioni calpestati i diritti divini ed umani, i templi distrutti dalle fondamenta, i religiosi e le sacre vergini cacciati dalle loro case, imprigionati, affamati, afflitti da obbrobriose sevizie; le schiere dei fanciulli e delle fanciulle strappate dal grembo della Madre Chiesa, spinte a negare e bestemmiare Cristo, e condotte ai peggiori delitti della lussuria; tutto il popolo cristiano minacciato, oppresso, in continuo pericolo di apostasia dalla Fede, o di morte anche la più atroce. […] E non è meno triste lo spettacolo, Venerabili Fratelli, che fra gli stessi fedeli, lavati col battesimo nel sangue dell’Agnello immacolato e arricchiti della grazia, anche si incontrino tanti, di ogni classe, che, ignoranti delle cose divine, avvelenati da false dottrine, vivono una vita viziosa, lontana dalla casa del Padre, senza la luce della vera fede, senza la gioia della speranza nella futura beatitudine, privi del beneficio e del conforto che deriva dall’ardore della carità, sicché davvero si può dire che siano immersi nelle tenebre, e nelle ombre di morte. […] E così corre alla mente, pur senza volerlo, il pensiero che già siano giunti i tempi profetizzati da Nostro Signore: «E poiché abbondò l’iniquità, si raffredderà la carità di molti».

Un inviato è più grande di chi lo ha mandato – Lumen Gentium 8: Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa e chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo «che era di condizione divina… spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo» (Fil 2,6-7) e per noi «da ricco che era si fece povero» (2Cor 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito» (Lc 4,18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, «santo, innocente, immacolato» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Chi accoglie colui che Io invierò, accoglie Me, ma  chi accoglie Gesù Cristo accoglie il Padre che ha inviato Gesù. Ma il passo può avere anche un altro significato, più o meno questo: Chi accoglie colui che Io invierò accoglie Me, giunge cioè fino alla possibilità di ricevere Me. Chi invece non mi accoglie per mezzo di qualche mio Apostolo, ma mi riceve non da uomini o per mezzo di uomini, bensì direttamente quando vengo nelle anime di coloro che si sono preparati a ricevermi, costui accoglie il Padre che mi inviato, cosicché in lui non ci sono soltanto Io, il Cristo, ma c’è anche il Padre” (Origene).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno, profezia ma anche tanta amarezza. Parole amare, ma anche un’esortazione che cerca di aprire gli occhi di tanti cristiani che credendosi furbi sono convinti di poterla fare franca, d’altronde, comunemente si pensa che Dio è misericordia e perdona tutto e tutti. Amarezza…, Giuda, apostolo, responsabile della cassa apostolica, un incarico assai delicato, e da affidare a persone fidate, eppure, lui, Giuda ha alzato il calcagno contro il Figlio dell’Uomo. Si rimane esterrefatti, non tanto per l’ingratitudine o il tradimento, qualche volta anche noi abbiamo messo i panni di Giuda, ma per il fatto che Giuda, come apostolo e amico di Gesù, aveva visto miracoli strepitosi come la moltiplicazione dei pani così abbondante da sfamare cinquemila uomini, o la risurrezione di Lazzaro, da tre giorni nel sepolcro, e i tanti malati, lebbrosi, paralitici guariti istantaneamente, e i molti posseduti da Satana liberati con parole imperiose, eppure aveva gli occhi annebbiati, perché l’unica luce che teneva acceso il suo sguardo, ma anche il suo cuore e la sua mente, era il denaro. Sì, il denaro, perché, come dice san Giovanni, era ladro. E chi è ladro è un po’ avaro, e chi è avaro vuole guadagnare sempre di più, e così vendendo Gesù pensava di mettere da parte un buon capitale. Riuscì anche a comprarsi un campo, ma finì con il collo tra le spire di una corda. Possiamo tirare alcune somme. È vero siamo un po’ tutti Giuda, ma attenzione a non essere ladri. Come Giuda c’è sempre la possibilità di convertirsi, quando si è ladri, essendo schiavi del denaro, la possibilità di convertirsi è assai rara e molto difficile, e la cronaca nera ci fa da maestra. Siamo ladri quando boriosi pensiamo di fare a meno della grazia di Dio, siamo ladri quando ostentiamo come nostra la farina che non è del nostro mulino, siamo ladri quando pensiamo di poter stare sempre in piedi, siamo ladri quando pensiamo di poter fare a meno di tutti, e anche di Dio. Possiamo accumulare fama, onori e medaglie più o meno varie, al valore civile o militare, ma restiamo un po’ Giuda, è la nostra seconda pelle, e sopra tutto ladri, che è il marchio di Satana. E la fine meschina di Giuda dovrebbe servirci da sussidiario: la storia del ladro Giuda viene da sempre rappresentata sul palcoscenico del mondo, un mondo che a volte, o spesso, è giuda e ladro. E come ci suggerisce la sacra Scrittura chi vuol farsi compagno di questo povero mondo si fa nemico di Dio. Meglio poveri e amici di Dio!

Santo del giorno: 26 Aprile – San Cleto (Anacleto) Papa: “Terzo papa dopo Pietro e Lino, Anacleto ebbe un singolare destino: sdoppiato in due persone distinte, Cleto e Anacleto, aveva due feste diverse nel Martirologio Romano, una quella odierna, l’altra il 13 luglio. L’errore sembra sia dovuto a un antico copista che stilando una lista dei papi inserì entrambi i nomi. Cleto in realtà è solo un abbreviativo. Studi moderni, poi, hanno chiarito l’equivoco. Sulla base degli studi del Duchesne, infatti, l’orientamento attuale è che Anacleto e Cleto siano una sola persona: perciò la Congregazione dei riti nel 1960 abolì la festa del 13 luglio, lasciando solo quella del 26 aprile. Pochi i dati biografici di questo pontefice. Di origine ateniese, fu papa dal 79 al 90, e si rese benemerito per aver edificato una «memoria», un sepolcro a san Pietro, presso il quale fu poi sepolto egli stesso” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che hai redento l’uomo e lo hai innalzato oltre l’antico splendore, guarda all’opera della tua misericordia, e nei tuoi figli, nati a vita nuova nel Battesimo, custodisci sempre i doni della tua grazia. Per il nostro…

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