Antifona d’ingresso
Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi; a tutti i popoli ha rivelato la salvezza. Alleluia. (Sal 98,1-2)
Colletta
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Oppure:
O Dio, che ci hai inseriti in Cristo come tralci nella vera vite, donaci il tuo Spirito, perché, amandoci gli uni gli altri di sincero amore, diventiamo primizie di umanità nuova e portiamo frutti di santità e di pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Prima Lettura At 9,26-31
Bàrnaba raccontò agli apostoli come durante il viaggio Paolo aveva visto il Signore.
Con un breve sommario si descrive la situazione felice della Chiesa che, feconda di nuovi figli, cresce nel progresso spirituale custodita dal dono della pace. Tra le righe l’azione dello Spirito Santo che rende la fede dei credenti gioiosa e contagiosa.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Sàulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 21 (22)
«È il salmo della passione e della risurrezione. Profetizza inoltre la fondazione della Chiesa, la chiamata di tutte le genti e la nascita del popolo nuovo… I poveri sono quelli della beatitudine [cfr. Mt 5,3]. Vivranno i loro cuori, perché il cibo che dà è il suo corpo per la vita eterna [cfr. Gv 6,55]. Il pane di Dio… dà la vita al mondo [Gv 6,33]» (Eusebio).
Rit. A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.
Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre! Rit.
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli. Rit.
A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere. Rit.
Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!». Rit.
Seconda Lettura 1Gv 3,18-24
Questo è il suo comandamento: che crediamo e ci amiamo.
La vita dei figli di Dio pone necessariamente delle regole: rompere con il peccato; osservare i comandamenti di Dio, soprattutto quello della carità; guardarsi dagli anticristi e dal mondo. La carità deve essere reale non verbale, operosa non oziosa. Questo amore sincero verso i fratelli è la comprova che il nostro amore verso Dio è veritiero.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato. Parola di Dio.
Canto al Vangelo Gv 15,4a.5b
Alleluia, alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore; chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia.
Vangelo Gv 15,1-8
Chi rimane in me ed io in lui porta molto frutto.
Il brano evangelico è nella seconda parte del Vangelo di Giovanni e fa parte dei discorsi dell’addio di Gesù ai suoi discepoli. Gesù è la vera vite, il padre il vignaiolo, i discepoli i tralci: al di là delle immagini, Giovanni vuol suggerire che la fecondità dei discepoli, «io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16), dipende dalla conoscenza del Signore e dal loro rapporto di comunione con la vera vite.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Nuova evangelizzazione e nuovo ascolto – Verbum Domini 122: Ad imitazione del grande Apostolo delle genti, che fu trasformato dopo aver udito la voce del Signore (cfr. At 9,1-30), anche noi ascoltiamo la divina Parola che ci interpella sempre personalmente qui ed ora. Lo Spirito Santo, ci raccontano gli Atti degli Apostoli, si riservò Paolo insieme a Barnaba per la predicazione e la diffusione della Buona Novella (cfr. 13,2). Così anche oggi lo Spirito Santo non cessa di chiamare ascoltatori e annunciatori convinti e persuasivi della Parola del Signore.
Senza di me non potete far nulla – Card. Javier Iozano Barragán (Omelia, 14 Maggio 2006): Alla luce dell’immagine della vite e dei tralci che il Signore ci propone, preghiamo lo Spirito Santo affinché ci illumini per capire che cosa significa questa Croce per la nostra vita cristiana, specialmente dinanzi al secolarismo attuale. Il Signore è molto chiaro nel Vangelo che abbiamo proclamato: senza di Lui niente si può fare. Nel mondo attuale, e purtroppo anche in alcuni ambiti europei, sembra tuttavia che si pensi esattamente il contrario: tutto si può fare senza di Lui. Questa è la ragione di tante sventure. Sembra che veramente si arrivi alla felicità soltanto mediante il denaro, il lavoro, la scienza, la tecnica, la politica. Però il risultato è sempre la tristezza, la depressione e, infine, la morte. Oggi Gesù risponde alla domanda: come evitare tante disgrazie? E ci dà la risposta: stare con Lui, uniti come i tralci con il tronco della vite, che raffigura il legno della Croce. La corrente vitale della linfa arriva ai tralci proprio dal tronco della vite, e dai tralci ritorna allo stesso tronco in una comunione reciproca. Grazie a questa comunione i tralci possono dare frutto. Questa è la cosa più straordinaria che ci possa essere data: la “divinizzazione”. Rimaniamo stupiti davanti al fatto che noi, semplici creature, diventiamo “divine” grazie all’adozione filiale che il Padre eterno ci offre nel suo Figlio Gesù Cristo. Nell’ammirare tanta bellezza non ci resta che cadere in profonda adorazione dinanzi al mistero che ci abbaglia: siamo diventati figli nel Figlio di Dio, inseriti nel Figlio di Dio come i tralci sono inseriti nel tronco della vite, vale a dire, inseriti nella Croce.
Essere tralci vivi – Giovanni Paolo II (Messaggio per la V Giornata Mondiale della Gioventù, 26 Novembre 1989): Nella Bibbia, tra le numerose immagini che esprimono il mistero della Chiesa, troviamo anche l’immagine della vigna (cfr. Ger 2,21; Is 5,1-7). La Chiesa è la vigna piantata dal Signore stesso, una vigna che gode del suo particolare amore. Nel Vangelo di Giovanni, Cristo ci spiega il principio fondamentale della vita di questa vigna, quando dice: «Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,5). Sono proprio queste le parole che ho scelto come tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Rivolgo perciò a tutti voi un appello: Giovani, siate tralci vivi della Chiesa, siate tralci carichi di frutti! Essere tralci vivi nella Chiesa-vigna significa, innanzitutto essere in comunione vitale con Cristo-vite. I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite. In essa si trova la sorgente della loro vita. Così, nel Battesimo, ciascuno di noi è stato innestato in Cristo ed ha ricevuto gratuitamente il dono della vita nuova. Per essere tralci vivi, dovete vivere questa realtà del vostro Battesimo, approfondendo ogni giorno la vostra comunione col Signore mediante l’ascolto e l’obbedienza alla sua Parola, la partecipazione all’Eucaristia e al sacramento della Riconciliazione, e il colloquio personale con lui nella preghiera. Gesù dice: «Chi rimane in me, ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5). Essere tralci vivi nella Chiesa-vigna significa anche assumersi un impegno nella comunità e nella società. Ce lo spiega in modo molto chiaro il Concilio Vaticano II: «Come nella compagine di un corpo vivente non vi è membro alcuno che si comporti in maniera del tutto passiva, ma insieme con la vita del corpo ne partecipa anche l’attività, così nel corpo di Cristo, che è la Chiesa, “tutto il corpo… secondo l’energia propria ad ogni singolo membro… contribuisce alla crescita del corpo stesso” (Ef 4,16)» (Apostolicam Actuositatem 2). Tutti, a seconda delle nostre vocazioni particolari, siamo partecipi della missione di Cristo e della sua Chiesa. La comunione ecclesiale è una comunione missionaria.
Io sono la vite – Benedetto XVI (Omelia, 22 Settembre 2011): Nella parabola della vite, Gesù non dice: “Voi siete la vite”, ma: “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5). Ciò significa: “Così come i tralci sono legati alla vite, così voi appartenete a me! Ma appartenendo a me, appartenete anche gli uni agli altri”. E questo appartenere l’uno all’altro e a Lui non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale. È la Chiesa, questa comunità di vita con Gesù Cristo e dell’uno per l’altro, che è fondata nel Battesimo e approfondita ogni volta di più nell’Eucaristia. “Io sono la vera vite”; questo, però, in realtà significa: “Io sono voi e voi siete me”: un’inaudita identificazione del Signore con noi, con la sua Chiesa. Cristo stesso, quella volta, vicino a Damasco, chiese a Saulo, il persecutore della Chiesa: “Perché mi perseguiti?” (At 9,4). In tal modo il Signore esprime la comunanza di destino che deriva dall’intima comunione di vita della sua Chiesa con Lui, il Risorto. Egli continua a vivere nella sua Chiesa in questo mondo. Egli è con noi, e noi siamo con Lui. – “Perché mi perseguiti?” – In definitiva è Gesù che vogliono colpire i persecutori della sua Chiesa. E, allo stesso tempo, questo significa che noi non siamo soli quando siamo oppressi a causa della nostra fede. Gesù Cristo è da noi e con noi.
Preghiera dei Fedeli
Il Signore ci assicura che qualunque cosa chiediamo al Padre, egli ce la concederà; con fiducia rivolgiamo a lui le nostre invocazioni.
Preghiamo insieme e diciamo: Padre, sia fatta la tua volontà.
– Perché la Chiesa, sull’esempio della prima comunità cristiana, sia sempre aperta ad accogliere la novità dello Spirito, superando ogni diffidenza e paura, preghiamo. Rit.
– Perché tutti i cristiani riconoscano di essere testimoni del Vangelo e siano sempre animati dalla forza dello Spirito Santo che ci viene continuamente donato, preghiamo. Rit.
– Per tutti coloro che sono provati da situazioni di dolore, di malattia, di divisioni familiari, perché possano sentire sempre che rimangono uniti a Cristo, come i tralci alla vite, preghiamo. Rit.
– Perché tutti noi in questo tempo pasquale gustiamo la gioia di essere figli di Dio, e la comunichiamo agli altri attraverso atteggiamenti di serenità e di sgu-ardo positivo sul mondo, preghiamo. Rit.
Celebrante: Padre, nella tua volontà è la nostra pace. Tu, che ci hai fatto la grazia di diventare tuoi discepoli, fa’ che, rimanendo uniti a te, possiamo portare molto frutto a lode della tua gloria. Per Cristo nostro Signore.
Preghiera sulle offerte
O Dio, che in questo scambio di doni ci fai partecipare alla comunione con te, unico e sommo bene, concedi che la luce della tua verità sia testimoniata dalla nostra vita. Per Cristo nostro Signore.
Prefazio di Pasqua V
Cristo sacerdote e vittima.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore,
e soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
Offrendo il suo corpo sulla croce,
diede compimento ai sacrifici antichi,
e donandosi per la nostra redenzione
divenne altare, vittima e sacerdote.
Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria: Santo…
Antifona alla comunione
“Io sono la vera vite e voi i tralci”, dice il Signore; “chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto”. Alleluia. (Gv 15,1.5)
Preghiera dopo la comunione
Assisti, Signore il tuo popolo, che hai colmato della grazia di questi santi misteri, e fa’ che passiamo dalla decadenza del peccato alla pienezza della vita nuova. Per Cristo nostro Signore.
Un po’ di pane per camminare
«Senza di me non potete far nulla». Si tratta di una delle affermazioni più radicali di tutto il Vangelo. Gesù non dice: «senza di me, otterrete risultati modesti o precari». No: incapperete nel «nulla», e non nel «poco»! La struttura dell’uo-mo è essenzialmente aperta a Dio. Per cui la sua consistenza è basata sull’ob-bedienza a Dio. Se l’uomo si chiude, si ritiene autosufficiente, si impoverisce, isterilisce. Già il Prologo affermava categoricamente: «Senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). Solo se rimaniamo in Dio, nell’Unico Necessario, abbiamo la certezza di riavere il tutto come dono. Non si concede nulla a chi si stacca dal Tutto. Ogni attività, fuori dalla Sua, è sterile. Ogni lavoro, senza di Lui, è uno sforzo inutile. Sarà opportuno ricordare la sferzante ironia del profeta, che spazza via impietosamente le nostre illusioni da protagonisti inconcludenti: «Abbiamo concepito, abbiamo provato i dolori quasi dovessimo partorire: era solo vento; non abbiamo portato salvezza al paese e non sono nati abitanti nel mondo» (Is 26,18). Al di fuori di Lui, tutto è morte, anche se assume l’aspetto di opere grandiose e importanti. Sono apparenza di vita, non vita reale. Bolle di sapone, non fiori che contengono il seme. Allora ogni azione diventa attivismo rumoroso, ogni costruzione è distruzione, ogni parola chiacchiera vuota. Si tratta della legge fondamentale per la Chiesa. Siamo di fronte a una dipendenza da vivere nella fede. O ci si appoggia a Cristo, oppure la Chiesa si appoggia a se stessa, ai sostegni umani, e quindi costruisce sul vuoto” (A. Pronzato, Il vangelo in casa, 137). Per evitare il rischio di stancarci nel nutrire ciò che è infecondo o di occupare spazi morti che potrebbero diventare suoli fecondi abbiamo un meraviglioso rimedio: lasciarci lavorare dal Divino agricoltore. Egli sapientemente sa tagliare i rami secchi, infruttuosi e infecondi: sono gli spazi dei nostri rovi interiori, dei rami insecchiti dai nostri vizi, sono quei rami che assorbono linfa vitale, ci stancano, ci frenano nel cammino e non ci permettono di produrre. Permettiamo a Dio di tagliare, di ripulire, senza lagnarci, senza opporre resistenze, come pazienti dinanzi al pietoso Medico che cura le cancrene del nostro peccato e ci dona vita nuova.
Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei
Capitolo 5
In comunione fraterna
Art. 93 – Gli ambiti della vita di fraternità dei Sodali della Famiglia ecclesiale «Opus Matris Verbi Dei» sono autonomi e distinti per ogni Ramo. La Domus Mariae e l’“unità familiare” sono erette dal Responsabile Generale della Famiglia ecclesiale con il consenso del suo Consiglio. Così possono essere soppresse dal Superiore Generale con il consenso del suo Consiglio.