23 Aprile 2018 – Lunedì, IV di Pasqua – (At 11,1-18; Sal 41-42[42-43]; Gv 10,1-10) – I Lettura: La conversione di Cornelio e della sua famiglia segna una tappa fondamentale nella storia della Chiesa: ci troviamo, infatti, di fronte a degli stranieri che, a differenza dei proseliti greci di cui anche Stefano faceva parte, vengono ammessi nella Chiesa senza passare dalla circoncisione. L’apertura dei Gentili alla fede nasce, dunque, sotto l’egida del primo degli Apostoli. L’episo-dio, però, non vuole sottolineare il primato di Pietro, ma mette in evidenza l’esplicito volere di Dio e l’azione dello Spirito Santo che precede e guida ogni decisione all’interno della comunità. Salmo: L’anima mia ha sete di Dio, il Dio vivente: “La sete esprime l’amore, la perseveranza dell’amore, la sua impazienza. Il profeta sa che vedrà Dio, una volta uscito da questo mondo, ma non può attendere e dice: Quando? L’anima che è veramente presa dall’amore divino non si interessa a ciò che è sulla terra. Quindi teniamo fisso lo sguardo a ciò che ci attende lassù e non guardiamo alle cose che sono sulla terra. Se non avessimo né scienza, né libro, né tempo disponibile per parlare a Dio, questo versetto del salmo basterebbe. È la sintesi di tutta la filosofia” (Giovanni Crisostomo). Vangelo: Dalla similitudine del Pastore che ama le sue pecore, Gesù passa ad un’altra: il vero pastore entra per la Porta. Qui Gesù si identifica con la porta: coloro che passano attraverso di essa, cioè gli inviati da Gesù, gli apostoli e i loro successori, sono i veri pastori, in loro il gregge riconosce la parola di Gesù. Sempre attraverso questa Porta le pecore possono entrare ed uscire sicure e trovare pascolo.
Io sono la porta delle pecore – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Riflessione: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato». Gesù è l’unica porta che ci dona accesso alla salvezza eterna, al Paradiso dove vivremo la perfetta comunione con la SS. Trinità. Sia Cristo il centro di ogni nostro pensiero, sia egli l’oggetto di ogni nostra gratitudine. È bello, oggi, rileggere parte di un memorabile discorso del beato Paolo VI a Manila dove con tutta la forza e la fede possibile proclama la bellezza del nome di Gesù: “Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo (cfr. Mt 16,16); Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d’ogni creatura, è il fondamento d’ogni cosa; Egli è il Maestro della umanità, è il Redentore; Egli è nato, è morto, è risorto per noi; Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita; Egli è l’uomo del dolore e della speranza; è Colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, noi speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità. Io non finirei più di parlare di Lui: Egli è la luce, è la verità, anzi: Egli è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6); Egli è il Pane, la fonte d’acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete; Egli è il Pastore, la nostra guida… Come noi, e più di noi, Egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, disgraziato e paziente. Per noi, Egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore ed i piangenti sono esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti sono fratelli… A voi cristiani io ripeto il suo nome, a tutti io lo annuncio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l’alfa e l’omega; Egli è il Re del nuovo mondo; Egli è il segreto della storia; Egli è la chiave dei nostri destini; Egli è il mediatore, il ponte, fra la terra e il cielo; Egli è per antonomasia il Figlio dell’uomo, perché Egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, e madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico” (Paolo VI, Omelia, 29 Novembre 1970).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Sei entrato in casa di uomini non circoncisi – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 13 Dicembre 1989): Dopo il Battesimo dei primi pagani, avvenuto per ordine di Pietro a Cesarea nella casa del centurione Cornelio, l’apostolo si fermò alcuni giorni tra quei nuovi cristiani, dietro loro invito (cfr. At 10,48). Ciò non piacque agli “apostoli” e ai “fratelli” rimasti a Gerusalemme, che di questo lo rimproverarono al suo ritorno (cfr. At 11,3). Pietro, piuttosto che difendersi da quell’accusa, preferì “raccontare per ordine come erano avvenute le cose” (At 11,4), in modo che i fratelli provenienti dall’ebraismo potessero valutare tutta l’importanza del fatto che “anche i pagani avevano accolto la parola di Dio” (At 11,1). Li mise, dunque, al corrente della visione avuta a Giaffa, dell’invito di Cornelio, della spinta interiore impressagli dallo Spirito per fargli vincere ogni esitazione (cfr. At 11,12) e, infine, della discesa dello Spirito Santo sui presenti nella casa del centurione (cfr. At 11,16), per concludere così la sua relazione: “Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?” (At 11,17). Questa, secondo Pietro, era la vera questione, non il fatto di avere accettato l’ospitalità di un centurione proveniente dal paganesimo, cosa insolita e ritenuta illegittima dai cristiani di origine ebraica di Gerusalemme. È bello vedere quanto sia stata efficace la parola di Pietro, giacché leggiamo negli Atti che “all’udir questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!” (At 11,18). Era la prima vittoria sulla tentazione del particolarismo socio-religioso che minacciava la Chiesa primitiva in quanto nata dalla comunità gerosolimitana e giudea. L’altra vittoria l’avrebbe riportata, in modo anche più clamorosa, con l’aiuto di Pietro, l’apostolo Paolo.
Anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita – Ad Gentes 3-4: Ora tutto quanto il Signore ha una volta predicato o in lui si è compiuto per la salvezza del genere umano, deve essere annunziato e diffuso fino all’estremità della terra, a cominciare da Gerusalemme. In tal modo quanto una volta è stato operato per la salvezza di tutti, si realizza compiutamente in tutti nel corso dei secoli. Per il raggiungimento di questo scopo, Cristo inviò da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa a estendersi. Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che esso si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Il Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio – «Lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d’immortalità, lavacro di rigenerazione, sigillo, e tutto ciò che vi è di più prezioso. Dono, poiché è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; Battesimo, perché il peccato viene seppellito nell’acqua; unzione, perché è sacro e regale [tali sono coloro che vengono unti]; illuminazione, perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio» (San Gregorio Nazianzeno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù è il pastore inviato da Dio per riunire le pecore disperse d’Israele (cfr. Mt 2,6; 15,24). Ma Gv 10,16 («Ho altre pecore che non sono di quest’ovile») fa intendere che l’ovile di Cristo è costituito anche da quelle pecore che di fatto non appartengono al popolo d’Israele. Sarà la missione della Chiesa (cfr. GS 92): una missione che superando i confini del popolo eletto raggiungerà ogni uomo sino agli angoli più sperduti della terra. Questo significa che la salvezza donata da Gesù non poteva e non doveva interessare solo la nazione ebraica, ma tutto il mondo. Ebrei e pagani, schiavi e liberi, uomini e donne in Cristo costituiscono un unico gregge: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Se Gesù è il Pastore buono assediato da una banda di malvagi (cfr. Sal 22,17), i discepoli sono un piccolo gregge in mezzo a un branco di lupi (cfr. Mt 10,16). I lupi, travestendosi da agnelli (cfr. Mt 7,15), si confonderanno nel gregge, uccideranno il Pastore e disperderanno le pecore (cfr. Mt 26,31). Il mondo allora si rallegrerà. I discepoli saranno afflitti, ma la loro afflizione si cambierà in gioia (cfr. Gv 16,20) perché il Pastore risorgerà e ricostituirà il suo gregge (cfr. Mt 26,32). Salito al Cielo, Gesù, attraverso i suoi vicari, continua a guidare il suo gregge fino al giorno in cui ritornerà nella gloria per giudicare il mondo: in quel giorno, separerà le pecore dai capri, e premierà ciascuno secondo i propri meriti (cfr. Mt 25,31-46). Nel testo giovanneo, c’è un particolare che mette in evidenza la sollecitudine del “Buon Pastore” verso le sue pecore, ed è il versetto 4 che recita: «E quando [il pastore] ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse». L’azione dello spingere fuori (ex-bállo) significa anche determinazione, fermezza: il «linguaggio del IV vangelo è troppo carico di teologia per lasciar pensare che, così, si faccia riferimento soltanto alla fatica di spinger fuori il gregge, sempre lento e pigro, da un ovile stipato di molti animali. In realtà l’evan-gelista vuole significare che il pastore divino “spinge fuori” i suoi fedeli da una situazione di stallo, alla quale è fin troppo facile rassegnarsi» (Emilio Caporello). Gesù è la porta delle pecore: è l’unico mediatore della salvezza, «in nessun altro c’è salvezza» (At 4,12). Chi cerca «vita e felicità fuori e lungi dal Cristo, si illude: troverà solo amarezza e rovina. Chi si allontana dalla fonte d’acqua viva, si scava cisterne screpolate, incapaci di contenere acqua, o si abbevera ad acque limacciose e inquinate. Chi vuole conseguire la salvezza, servendosi di altri mediatori, giungerà alla perdizione. L’unico mediatore tra Dio e gli uomini è Gesù Cristo [1Tm 2,5]. Egli è l’unico salvatore del genere umano, il sigillo dell’amore del Padre per il mondo [Gv 3,16s; 1Gv 4,14-16]» (Salvatore A. Panimolle).
Santo del giorno: 23 Aprile – San Giorgio Martire di Lydda: “Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino” (Messale Romano).
Preghiamo: O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato il mondo dalla sua caduta, donaci la santa gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù…