aprile, meditazioni

17 Aprile 2018

17 Aprile 2018 – Martedì, III di Pasqua – (At 7,51 – 8,1a; Sal 30[31]; Gv 6,30-35) – I Lettura: Stefano arrestato, quando si trova nella sinagoga davanti ai sacerdoti, testimonia Cristo percorrendo le Scritture nel tentativo di riportare i suoi accusatori sulla strada della Verità. Tuttavia l’epilogo sarà dei più cruenti. Salmo: “Quando affida il suo spirito al Padre, lo fa con cuore fiducioso e con labbra che celebrano la speranza della risurrezione: Non abbandonerai negli inferi l’anima mia (Sal 15,10)” (Beda). Vangelo: Gesù volendo mostrare l’origine della loro vera fame, spinge a ché Lo riconoscano come Colui che Dio ha mandato. La gente chiede dei segni come li compì Mosè nel deserto, sfamando il popolo con la manna. A questo punto Gesù si rivela come colui ch’è il pane disceso dal cielo in grado di sfamare per sempre.

Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Riflessione: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Per attualizzare oggi queste parole del Maestro, fermiamoci in ascolto dell’Imitazione di Cristo (Libro IV, cap. XI,2): “In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi «la tua parola» (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell’anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le due mense (cfr. Ez 40,40) poste da una parte e dall’altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l’altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio (cfr. Eb 6,19s; 9,3). Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi… Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché… sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile”.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Santo Stefano – Benedetto XVI (Udienza Generale, 10 Gennaio 2007): La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l’impegno sociale della carità dall’annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme. Soprattutto, santo Stefano ci parla di Cristo, del Cristo crocifisso e risorto come centro della storia e della nostra vita. Possiamo comprendere che la Croce rimane sempre centrale nella vita della Chiesa e anche nella nostra vita personale. Nella storia della Chiesa non mancherà mai la passione, la persecuzione. E proprio la persecuzione diventa, secondo la celebre frase di Tertulliano, fonte di missione per i nuovi cristiani. Cito le sue parole: «Noi ci moltiplichiamo ogni volta che da voi siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani» [Apologetico 50,13]. Ma anche nella nostra vita la croce, che non mancherà mai, diventa benedizione. E accettando la croce, sapendo che essa diventa ed è benedizione, impariamo la gioia del cristiano anche nei momenti di difficoltà. Il valore della testimonianza è insostituibile, poiché ad essa conduce il Vangelo e di essa si nutre la Chiesa. Santo Stefano ci insegni a fare tesoro di queste lezioni, ci insegni ad amare la Croce, perché essa è la strada sulla quale Cristo arriva sempre di nuovo in mezzo a noi.

Io sono il pane della vita – Papa Francesco (Angelus, 22 Giugno 2014): Il Vangelo di Giovanni presenta il discorso sul “pane di vita”, tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, nel quale afferma: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). Gesù sottolinea che non è venuto in questo mondo per dare qualcosa, ma per dare sé stesso, la sua vita, come nutrimento per quanti hanno fede in Lui. Questa nostra comunione con il Signore impegna noi, suoi discepoli, ad imitarlo, facendo della nostra esistenza, con i nostri atteggiamenti, un pane spezzato per gli altri, come il Maestro ha spezzato il pane che è realmente la sua carne. Per noi, invece, sono i comportamenti generosi verso il prossimo che dimostrano l’atteggiamento di spezzare la vita per gli altri […]. Gesù, Pane di vita eterna, è disceso dal cielo e si è fatto carne grazie alla fede di Maria Santissima. Dopo averlo portato in sé con ineffabile amore, Ella lo ha seguito fedelmente fino alla croce e alla risurrezione. Chiediamo alla Madonna di aiutarci a riscoprire la bellezza dell’Eucaristia, a farne il centro della nostra vita, specialmente nella Messa domenicale e nell’adorazione.

Signore, dacci sempre questo pane – Giovanni Paolo II (Omelia, 31 Maggio 1997): Oltre alla fame fisica l’uomo porta in sé ancora un’altra fame, una fame più fondamentale, che non può essere saziata con un cibo ordinario. Si tratta qui di fame di vita, di fame di eternità. Il segno della manna era l’annuncio dell’avvento di Cristo, che avrebbe soddisfatto la fame di eternità da parte dell’uomo diventando Lui stesso il “pane vivo” che “dà la vita al mondo”. Ed ecco: coloro che l’ascoltano chiedono a Gesù di compiere ciò che veniva annunziato dal segno della manna, forse senza rendersi conto di quanto lontano andava quella loro richiesta: “Signore, dacci sempre questo pane” (Gv 6,34). Quanto è eloquente questa richiesta! Quanto generoso e quanto sorprendente è il suo compimento. “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete… Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Gv 6,35.55-56). “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Per coloro che credono in lui, Cristo è cibo e bevanda, pane e vino. Pane che fortifica e rinvigorisce, del quale Pietro dice: “Il Dio di ogni grazia, che ci ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, ci ristabilirà lui stesso dopo breve sofferenza, ci rafforzerà e ci renderà saldi” [1Pt 5,10]. Bevanda e vino che allieta; è ad esso che si richiama il Profeta in questi termini: “Allieta l’anima del tuo servo; verso di te, infatti, o Signore, ho innalzato la mia anima” [Sal 85,4]. Tutto ciò che in noi è forte, robusto e solido, gioioso e allegro, per adempiere i comandamenti di Dio, sopportare la sofferenza, eseguire l’obbedienza, difendere la giustizia, tutto questo è forza di quel pane o gioia di quel vino. Beati coloro che agiscono fortemente e gioiosamente! E siccome nessuno può farlo di suo, beati coloro che desiderano avidamente di praticare ciò che è giusto e onesto, ed essere in ogni cosa fortificati e allietati da Colui che ha detto: “Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia” (Mt 5,6). Se Cristo è il pane e la bevanda che assicurano fin da ora la forza e la gioia dei giusti, quanto di più egli lo sarà in cielo, quando si donerà ai giusti senza misura!” (Baldovino di Ford).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Chi è Gesù perché possano credere in lui? Per i giudei non basta la moltiplicazione dei pani, ed è poca cosa che in un convito nuziale abbia mutato l’acqua in vino, per credere in lui ora vogliono qualcosa di più. Se vuole accreditarsi come Messia rinnovi i prodigi dell’esodo. Come Mosè, Gesù dia al popolo da mangiare un pane dal cielo. Questo è il segno tangibile che i giudei chiedono, perché vedano e possano credere in lui. «La risposta di Gesù è tagliente: la loro fede [dei giudei] è illusoria. Soltanto suo Padre dà il vero pane del cielo. La manna è cosa del passato; il pane di Dio è presente, una comunicazione permanente di vita che egli dona al mondo. Questo pane scende dal cielo, come la manna pioveva dall’alto, ma senza cessare; e non si limita a dar vita a un popolo, ma all’umanità intera. Dato che è Gesù a dare questo pane [Gv 6,27], si afferma qui la comunicazione continua della vita di Dio all’uomo attraverso Gesù» (J. Mateos – J. Barreto). Gesù sottolinea che il datore del pane del cielo è Dio e non Mosé e chiamandolo Padre mio si prepara ad identificarsi con il pane di Dio. A queste parole, i giudei mostrano allegrezza, felici di aver trovato un tesoro senza la necessità di lavorare, e così chiedono di ricevere il pane del cielo. Poiché hanno omesso la condizione posta dal giovane Rabbi, e siccome Gesù non accetta le scorciatoie, ribadisce che soltanto lui è il pane della vita e per riceverlo bisogna credere in lui. Questa è l’unica condizione posta dal Padre e dal Figlio perché l’uomo non abbia più a soffrire la fame e la sete. La risposta di Gesù si oppone nettamente a quanto dice di se stessa la Sapienza: «Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete» (Sir 24,21). Solo Gesù, pane della vita, può soddisfare pienamente l’uomo, nell’anima e nel corpo.

Santo del giorno: 17 Aprile – Sant’Innocenzo di Tortona, Vescovo: “Nasce nel IV secolo da una delle famiglie nobili di Tortona che proteggono i cristiani locali e che vengono sterminate durante la feroce persecuzione dell’imperatore Diocleziano, che lascia la città senza un vescovo fino al 318. Nel 303 Innocenzo, ventiduenne, viene imprigionato e i suoi beni di famiglia confiscati. Solo dopo il 313 si reca a Roma per riavere i beni paterni. Ottiene l’appoggio del Papa Silvestro, che prima lo ordina diacono e poi lo invia a Tortona come vescovo dopo averlo consacrato il 24 settembre 325. Inizia così un ministero che porta alla riorganizzazione della comunità locale e si caratterizza per la lotta al paganesimo. I beni di famiglia vengono donati alla diocesi e ha inizio la costruzione di alcune chiese tra cui una basilica sul colle che sovrasta la città (distrutta poi da un incendio nel 1609). Qui verrà sepolto il corpo di Innocenzo, morto il 17 aprile 353. A sua sorella si deve la nascita di quello che poi diverrà il monastero di Sant’Eufemia” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che apri la porta del tuo regno agli uomini rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, accresci in noi la grazia del Battesimo, perché liberi da ogni colpa possiamo ereditare i beni da te promessi. Per il nostro Signore…

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