11 Aprile 2018 – Mercoledì, II di Pasqua – San Stanislao (Memoria) – (At 5,17-26; Sal 33[34]; Gv 3,16-21) – I Lettura: Siamo al secondo episodio in cui gli apostoli vengo arrestati e messi in prigione. A capo di questa posizione vi è il sommo sacerdote “Anna” (cfr. Bibbia di Gerusalemme, nota) e quelli della setta dei sadducèi. Il testo biblico sottolinea la motivazione di questo arresto: erano pieni di gelosia. I sadducèi, in modo particolare non credevano nella presenza di angeli e di spiriti. Salmo: Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome… “Non vuole essere solo ad amare Dio. Volete che si condivida con voi l’amore per un attore o uno sportivo e non esortate i vostri fratelli ad amare Dio! Trascinate dietro a voi quanti potete, trascinateli verso l’amore!” (Agostino). Vangelo: Il brano del Vangelo riporta la parte finale del colloquio che Gesù ha con Nicodèmo. L’evangelista, con queste parole dense di significato, esprime in una maniera sintetica che la morte di Gesù è la manifestazione suprema dell’amore di Dio per gli uomini. In più, in questo brano, troviamo un tema molto caro a Giovanni, il tema della luce che, per l’evangelista, è Cristo stesso.
Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Riflessione: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce». Lo scontro tra Dio e il mondo non è mai terminato. Dio ha creato ogni cosa diretta al bene, ha voluto ogni cosa per diffondere e comunicare il suo infinito amore. Ma tanto gli angeli quanto gli uomini hanno abusato della loro libertà: la libertà era necessaria come bene primario perché altrimenti, senza libertà, non potevamo essere in grado di amare. Avremmo al più potuto obbedire ma non amare, e Dio non cerca persone disposte ad obbedire ma piuttosto pronte ad amare. È naturale, spontaneo e sommamente libero, che chi ama di conseguenza anche obbedisce, cioè ascolta e realizza i desideri della persona amata. Dio si mostra amante del mondo nella misura in cui liberamente si dona ad esso, per la salvezza, la redenzione dell’uomo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Il demonio si è liberamente sottratto all’amore divino scegliendo di scagliarsi contro Dio e ciò che ama. L’uomo peccatore appartiene al demonio e compie le sue opere (cfr. 1Gv 3,8). Quando Gesù parla delle opere di questo mondo si riferisce proprio al demonio e a coloro che gli appartengono, come anche afferma l’Apostolo Giovanni: «Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui» (1Gv 2,15). Le parole che Gesù rivolge a Nicodemo e che abbiamo oggi proclamato nella Liturgia della Parola, ci ricordano che siamo costantemente chiamati a interrogarci sul “senso” della nostra vita, cioè sulla direzione che essa ha lungo il suo scorrere quotidiano. La Luce è venuta e continua a venire incontro ad ogni uomo di ogni tempo, incontro a noi e ai nostri familiari. Cristo, Luce del mondo (come lo abbiamo solennemente acclamato all’inizio della grande Veglia Pasquale), viene per noi, viene in noi, viene perché ci ama, perché ha ascoltato il grido del nostro dolore, perché ha visto la nostra indigenza: è venuto per consolarci, per arricchirci, per donarci tutto se stesso! Ma ogni volta che commettiamo anche il più piccolo peccato rinnoviamo la scelta del mondo, preferendo le tenebre al Signore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Presi gli apostoli li gettarono nella prigione pubblica – Giovanni Paolo II (Omelia, 29 Giugno 1988): La testimonianza apostolica è stata la testimonianza di uomini, di uomini chiamati da Cristo. […] Scegliendo Simon Pietro, Gesù ha chiamato un uomo generoso, ma anche impulsivo, che era in grado di dire al maestro: “Anche se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai” (Mt 26,33), ma che poco dopo veniva dolorosamente meno alla sua promessa. E noto fu quello il momento del rinnegamento e poi delle lacrime amare del pentimento. Tuttavia Cristo scelse proprio questo uomo, e confermò questa decisione anche dopo il rinnegamento di Pietro. Il suo imprigionamento a Gerusalemme, ricordato dalla prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, mostra quanto questo apostolo, esposto in seguito alla persecuzione e alla morte, dovesse consolidare in sé la convinzione di essere sostenuto dalla potenza di Dio stesso. Dato che Cristo un giorno gli aveva detto: “Tu sei pietra” (cfr. Mt 16,18), egli, in base alle esperienze della propria vita, doveva acquistare la sicura certezza di essere una tale “pietra” non grazie a se stesso, ma soltanto ed esclusivamente in virtù della potenza di Dio.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito – Mons. Arturo Aiello, Vescovo (Omelia, 22 Marzo 2009): Se imparate questa frase, riassunto del Vangelo, potete ripeterla nei momenti depressivi. Costituisce una pillola più efficace di Lexotan o di altri calmanti che utilizzate nei momenti di crisi d’ansia. Perché ci vengono le crisi d’ansia? Perché pensiamo che tutto vada male, che tutto stia precipitando, che ormai non ci sia più niente da fare per noi, per la società, ma questa Parola che abbiamo ascoltata è invece intrisa di speranza, di certezza. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui, e se Dio ha amato il mondo, il mondo non si perderà. Qui diciamo “mondo” per riferirci a tutto quello che esiste, ma in particolare mondo umano. Oggi in tanti reclamano il diritto di alzare la voce dicendo: è finita!, non c’è più niente da fare!, l’uomo sta giungendo all’autodistruzione! (ne è una prova la crisi economica). Noi oggi ridiamo di tutte queste previsioni catastrofiche perché Dio, che ha mandato il Suo Figlio, non abbandona il mondo, non abbandona l’uomo. C’è ancora speranza, c’è ancora Pasqua, c’è ancora una Terra Promessa da raggiungere, benché… ci troviamo in tempo d’esilio e Dio suscita un pagano, l’imperatore Ciro, per riedificare il tempio del Dio vivente in Gerusalemme. Purtroppo i cristiani, questo ottimismo non lo sentono, non lo vivono, non lo trasmettono. Un filosofo del Novecento diceva ai credenti: “Dovreste essere più convincenti con i vostri canti. Quando riuscirete a cantare canti di gioia, allora io mi convertirò”, perché noi siamo bravissimi a lamentarci, bravissimi a cantare in minore, ma quando si tratta di cantare in tonalità maggiore ci sentiamo sempre impari. Questo Vangelo è in tonalità maggiore, cioè in tonalità di gioia, di speranza. Tu non sei giudicato, tu sei salvato.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Dio ama infinitamente il mondo. Abramo aveva molti servitori; perché Dio non gli dice di sacrificare uno di loro? Perché l’amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio [cfr. Gen 22,1-18]. Parimenti c’erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per noi: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” [Gv 3,16]» (Efrem).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: A Nicodèmo, Gesù fa una rivelazione, densissima di significato teologico: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito. Le parole di Gesù «esaltano l’immensa carità di Dio verso l’umanità; egli ha amato per primo, ha avuto l’iniziativa nell’amore, ha amato gli uomini che l’avevano offeso e si trovavano immersi nel peccato; ha amato fino al punto di donare il suo stesso Figlio unigenito: lo ha dato nel senso che lo ha abbandonato alla passione e alla morte» (Giuseppe Ferraro). Lo ha consegnato alla passione e alla morte per la salvezza degli uomini: una salvezza che inizia già qui nel cammino terreno e che troverà pienezza di beatitudine nel Regno dei Cieli. Gesù è il dono dell’amore di Dio per l’umanità peccatrice, il dono perfetto che viene dal Cielo (Gc 1,17). Non è registrato, ma possiamo pensare che Gesù, con questa affermazione, voglia porre a Nicodèmo la stessa domanda che più avanti porrà alla donna samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio (Gv 4,10). Il più prezioso dono di Dio all’u-manità al momento è velato agli occhi degli uomini, sarà svelato soltanto quando il Figlio si sarà assiso sul trono della Croce: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io sono» (Gv 8,28; cfr. Gv 12,32). Dio ha dato il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. L’aggettivo eterna «nella traduzione è inevitabile, ma non rende bene il senso della soggiacente espressione ebraica. Parlare di “vita eterna” significa parlare di quella vita che è la sola vera, perché possiede il carattere della “definitività”. Si tratta di quella vita indistruttibile la cui sorgente è in Dio. Chi la possiede, anche se materialmente muore, in realtà non perisce: continua a vivere la vita di Dio che è in lui» (Mario Galizzi). E poi al maestro d’Israele (Gv 3,10), Gesù rivela la segreta intenzione del Padre: Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Se Israele attendeva un Messia giudice e vendicatore nei confronti dei pagani, qui viene rivelato il vero Cuore di Dio che nel Figlio suo Unigenito indica l’àncora della salvezza: Chi crede in lui non è condannato. Solo chi rifiuta questa àncora (cfr. Gv 3,18) viene condannato: non è Dio a prendere l’iniziativa, ma è l’uomo, con tutta la sua capacità di intendere e volere, a determinare il suo ultimo destino: solo chi accetta di credere nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio può entrare nel numero dei salvati (cfr. Ap 7,13-17). L’uomo è arbitro della sua sorte eterna. Ha intelletto e discernimento, può scegliere o la salvezza o la perdizione. Può e deve, nessuno può sostituirsi a lui. Possiamo ricordare le parole che Dio rivolge al suo popolo: «Vedi, io pongo davanti a te la vita e il bene, la morte e il male… Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30,15ss). Nella Nuova Economia accedere alla salvezza dipende dalla fede in Gesù: tutto è grazia, la salvezza un dono da accogliere. Gesù è la via (Gv 14,6), solo chi pone i propri passi su questa via raggiungerà la vita, quella vera che non tramonta mai.
Santo del giorno: 11 Aprile – Santo Stanislao, Vescovo e martire: “Vescovo di Cracovia, fu pastore sapiente e sollecito. Succedette al vescovo Lamberto nel 1072. Intrepido sostenitore della libertà della Chiesa e della dignità dell’uo-mo, difensore dei piccoli e dei poveri, subì il martirio sotto il re Boleslao II. Canonizzato da Innocenzo IV ad Assisi nel 1253, è patrono della Polonia. Le sue spoglie, custodite nella cattedrale di Cracovia” (Messale Romano).
Preghiamo: O Dio,che al santo vescovo Stanislao hai dato la grazia di concludere con il martirio il suo servizio pastorale, concedi anche a noi, che lo veneriamo come intercessore, di perseverare, forti nella fede, per tutti i giorni