aprile, Liturgia

8 Aprile 2018 – II DOMENICA DI PASQUA (B)

Dagli Atti degli Apostoli (4,32-35) – Un cuore solo e un’anima sola: La comunanza totale dei beni, la povertà e l’insistenza sulla spogliazione effettiva delle ricchezze è una caratteristica dell’opera lucana. Che gli Apostoli rendevano testimonianza con grande forza sta ad indicare anche il loro potere di far miracoli. Questi ultimi servivano a confermare dinanzi al popolo l’annuncio evangelico. Sarà proprio lo stile di vita improntato all’essenziale, la comunione dei beni e il potere di fare miracoli a rendere i credenti bene accetti al popolo giudaico.

Salmo 117 (118) – Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre: La pietra che i costruttori avevano scartato è diventata capo d’angolo, è «manifesto per tutti che questo è detto del Cristo… Costui non è da Dio, ma seduce la folla (cfr. Gv 7,12). Ora questo riprovato si è manifestato talmente approvato che è diventato testata d’angolo. Non una pietra qualunque è atta ad essere pietra angolare: è necessaria la pietra scelta, capace di unire due muri. Il profeta dice qui: respinto dai giudei e tenuto in nessun conto, è apparso talmente ammirabile che non solo si integra all’edificio, ma è lui che riunisce e tiene insieme i due muri. Quali muri? I credenti, giudei e gentili» (Giovanni Crisostomo).

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (5,1-6) – Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo: Chi ama Dio non può non amare i figli di Dio. L’amore di Dio si realizza mediante l’amore del prossimo, che diventa il criterio della sua sincerità (cfr. 1Gv 3,14.17-19; 4,20). L’espressione è venuto con acqua e sangue sta a ricordare l’acqua e il sangue che fluirono dal fianco di Gesù, quando fu aperto dalla lancia. Molti autori hanno visto nell’acqua il simbolo del battesimo, nel sangue quello dell’eucaristia. Per cui, si può ben affermare che dal fianco aperto del Cristo vengono all’umanità i segni sacramentali in cui la Chiesa trova la sua nascita e la sua crescita.

Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31) – Otto giorni dopo, venne Gesù: Una pagina densissima. Viene sottolineato, con molto pathos, il dono della pace. Tommaso assurge a modello di incredulità e di fede. Ed è evidenziato anche il fine che Giovanni s’è proposto scrivendo il suo Vangelo: è stato redatto affinché gli uomini credano che Gesù è il Messia, il Cristo annunziato nell’Antico Testamento dai profeti. Il brano evangelico odierno è composto di tre parti: prima apparizione di Gesù agli Apostoli con l’invio in missione (vv. 19-23), seconda apparizione con la presenza di Tommaso, il discepolo incredulo (vv. 24-29); prima conclusione del Vangelo (vv. 30-31). Oggi, il Risorto, oltre la pace, dà ai suoi amici (cfr. Gv 15,15) tre doni: il dono della missione: l’esaltante mandato di portare a tutti gli uomini la Buona Notizia; il dono dello Spirito Santo che trasformerà i discepoli in nuove creature; il potere di perdonare i peccati.

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Approfondimento

La festa della Divina Misericordia – Mons. Jozef Bart: La festa della Divina Misericordia occupa nel Diario di Suor Faustina un posto centrale. Infatti Gesù già nella prima rivelazione ha fatto conoscere a Faustina la sua volontà di istituire questa festa e di celebrarla la prima Domenica dopo Pasqua. La scelta di questa Domenica indica chiaramente che nei piani di Dio esiste uno stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e questa festa dedicata a far capire l’aspetto della Misericordia compreso nel mistero della nostra Redenzione. Gesù richiede che questa festa sia preceduta dalla Novena che consiste nella recita della Coroncina alla Misericordia. Il Signore acclude a questa Novena la promessa: “Durante questa novena elargirò alle anime grazie di ogni genere” (Qua-derni, II, 197). Gesù chiede che durante la Festa della Misericordia venga solennemente benedetta I’Immagine che rappresenta la stessa Divina Misericordia e chiede la venerazione pubblica di tale Immagine in quel giorno. Oltre a questo, il Signore vuole che i sacerdoti in quel giorno parlino nell’omelia della Divina Misericordia e dimostrino alle anime l’incon-cepibile Misericordia di Gesù nella sua Passione e in tutta l’opera della Redenzione. La Festa della Divina Misericordia, secondo l’intenzione di Gesù, deve essere il giorno di riparazione e di rifugio per tutte le anime e specialmente per quelle dei poveri peccatori. In questo giorno, infatti, l’immensa generosità di Gesù si spande completamente sulle anime infondendo grazie di ogni genere e grado, senza alcun limite, anche le più impensabili. Ne è la prova la grazia particolarissima che Gesù ha legato alla festa della Misericordia. Essa consiste nella totale remissione dei peccati che non sono stati ancora rimessi e di tutte le pene derivanti da questi peccati. La grandezza di questa grazia è in grado di ravvivare in noi la fiducia illimitata che Gesù desidera offrirci in questa giornata della Misericordia. La peculiarità della festa della Divina Misericordia che la distingue da tutte le altre feste e da tutte le altre forme di culto sta: 1) Nell’universalità dell’offerta di Dio a tutti gli uomini, anche a quelli che fino a questo momento non hanno mai praticato il culto alla Divina Misericordia e cioè anche i peccatori che si sono convertiti. Essi sono chiamati a partecipare a tutte le grazie che Gesù ha promesso di elargire il giorno della Festa. 2) La perfezione e la straordinarietà della festa della Misericordia si rivela nel fatto che durante questa giornata vengono offerti agli uomini tutti i generi di grazie, sia spirituali che corporali, sia per i singoli, per le comunità e per l’umanità intera. 3) Infine tutti i gradi della grazia sono in questo giorno alla portata di tutti, “In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine” (Quaderni, II, 138). Proprio tale generosità di Gesù estesa contemporaneamente a tutte le anime è il motivo che permette di supplicare la Divina Misericordia con una grande ed illimitata fiducia per tutti i doni della Grazia che il Signore vuole distribuire durante questa festa. Infatti è proprio questa fiducia che apre a noi i tesori della misericordia. Ora è chiara la portata universale del desiderio di Gesù di celebrare questa festa quale rifugio di tutte le anime.

Commento al Vangelo

La sera di quel giorno… – Gesù entra a porte chiuse poiché gode delle qualità dei corpi gloriosi: il corpo di Gesù «non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, poiché la sua umanità non può essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene che al dominio divino del Padre. Anche per questa ragione Gesù è sovranamente libero di apparire come vuole: sotto l’aspetto di un giardiniere e “sotto altro aspetto”» (CCC 645).

L’entrare a porte chiuse, il fermarsi in mezzo agli apostoli e il parlare con loro, sono particolari che vogliono dire che Gesù è vivo, ma possiede una vita nuova, diversa. Egli è risorto non come la figlia di Giairo o come il giovane di Naim, o come Lazzaro: le risurrezioni di costoro erano «av-venimenti miracolosi, ma le persone miracolate ritrovavano, per il potere di Gesù, una vita terrena “ordinaria”. Ad un certo momento esse sarebbero morte di nuovo. La risurrezione di Cristo è essenzialmente diversa. Nel suo corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad un’al-tra vita al di là del tempo e dello spazio. Il corpo di Gesù è, nella risurrezione, colmato della potenza dello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato della sua gloria, sì che san Paolo può dire di Cristo che egli è “l’uomo celeste” [cfr. 1Cor 15,35-50]» (CCC 646).

La pace che Gesù dona agli Apostoli è il dono che i profeti avevano annunciato per il tempo escatologico (cfr. Is 9,6; 52,7; Zc 9,10; Mi 5,9). Nella Sacra Scrittura avere pace significa vivere bene, senza danno, perfettamente, qui «però acquista un carattere nuovo di compimento messianico-salvifico con la morte-risurrezione di Gesù. Non è un augurio, ma l’asserzione di un fatto attuale [escatologia realizzata]» (A. Sisti).

Mostrò loro le mani… Giovanni per ben tre volte, nel raccontare le apparizioni agli Apostoli, fa riferimento esplicito ai segni della passione (cfr. Gv 20,20.25.27): «il Risorto è Gesù di Nazaret, crocifisso e trafitto dalla lancia del soldato romano. Con la risurrezione però l’umanità del Cristo è resa partecipe della gloria della divinità» (Salvatore Alberto Panimolle).

Gioirono al vedere il Signore: la gioia è un dono ineffabile che scaturisce dal cuore misericordioso di Dio (cfr. Sal 65,9; Lc 1,47). Nelle lettere paoline spesso si trova l’esortazione alla gioia: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). La vera gioia donata da Dio non è passeggera (cfr. Lc 16,19) ed è indipendente dalle circostanze esterne (cfr. 2Cor 7,4). La gioia cristiana costituisce uno status permanente che plasma, fisicamente e psicologicamente, il beneficiario. Anche nella prova, nella lotta, nella sof-ferenza, nella tortura, nella persecuzione il discepolo è sempre immerso nella gioia.

Al dono della pace segue il conferimento della missione che avviene in un clima di serenità e di allegrezza, come in un’assemblea liturgica. Nei Vangeli sinottici, questo mandato si fa più forte, più esplicito, facendo chiaramente intendere che il destinatario di questa missione è il mondo intero: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). La salvezza rivolta prima al popolo di Israele (cfr. Mt 10,5ss.; 15,24), come esigeva il piano divino, deve essere offerta ora a tutte le nazioni. La missione degli Apostoli è prolungamento della missione di Cristo e in essa trova fondamento: con lo stesso incarico e fine con cui il Padre ha inviato il Figlio, Egli manda gli Apostoli, in modo tale che quanto essi faranno proverrà da lui e procederà dalla più intima unione tra lui e gli Apostoli.

Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi: l’avverbio come «ricor-re frequentemente in Giovanni, ed esprime similitudine e causalità nello stesso tempo. Nel contesto, perciò, si vuol dire allora che nella “missio-ne degli Apostoli continua la stessa missione salvifica di Cristo: per l’ope-ra degli Apostoli la salvezza arriverà a tutti gli uomini! Al tempo di Cristo succederà “il tempo della Chiesa”, che vive anch’essa ed opera nella luce e nella potenza della risurrezione» (Settimio Cipriani).

Gli Apostoli dovranno trasmettere il messaggio di Gesù, testimoniando il Vangelo della salvezza che si è realizzata nella sua morte e risurrezione e si comunica a chi accetta Gesù con la fede e il battesimo, diventando suo discepolo. A sostegno di questa missione evangelizzatrice c’è la garanzia dell’assistenza dello Spirito (cfr. Gv 15,26).

Soffiò, forse intenzionalmente l’evangelista Giovanni vuol ricordare Genesi 2,7, dove Dio alita sul primo uomo e gli dona la vita. Lo stesso verbo insufflare lo troviamo in Ezechiele 37,9 per descrivere la nuova vita delle ossa aride. Quindi, il soffio di Gesù simbolizza lo Spirito (in ebraico soffio) che Egli manda, principio della nuova creazione.

Lo Spirito Santo abitando nel cuore del credente, come in un tempio, lo conduce, non solo alla conoscenza dell’amore del Padre e al compimento della sua volontà, ma alla conoscenza di Cristo e all’impegno della sua sequela. Lo Spirito Santo ricorderà ai discepoli tutto ciò che Cristo ha detto e fatto, gli renderà testimonianza e, come maestro interiore, condurrà gli uomini alla verità tutta intera (Gv 16,13). Inoltre, abilita i discepoli al compimento della loro particolare missione al servizio della rivelazione della salvezza conferendo particolari doni: una Chiesa «che cammina con lo Spirito è invitata a prendere coscienza dei doni dello Spirito, doni comunitari e personali. Anche in questo c’è il rischio della genericità. Questi doni invece sono precisi secondo le persone, i tempi e i luoghi. Lo Spirito realizza l’unità non l’uniformità, l’allivellamento» (A. Di Masi).

Infine, Gesù dona lo Spirito Santo perché il suo possesso è necessario per la salvezza: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5; cfr. Rm 8,9; 1Cor 12,3).

Una condizione unica di assoggettamento o meglio di immersione in Colui che dona la libertà, la gioia, la pace, la vita eterna.

Al dono dello Spirito Santo segue il potere di perdonare i peccati o di non perdonarli: un potere che viene esercitato nel nome di Gesù, così come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Dio solo perdona i peccati. Poiché Gesù è il Figlio di Dio, egli dice di se stesso: “Il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” [Mc 2,10] ed esercita questo potere divino: “Ti sono rimessi i tuoi peccati” [Mc 2,25]. Ancor di più: in virtù della sua autorità divina dona tale potere agli uomini affinché lo esercitino nel suo nome» (1441).

Perché questo potere? Perché il peccato è odio, tristezza, divisione; è profonda separazione dall’Amore e Gesù è venuto a riconciliare gli uomini con il Padre, per cui non poteva non affidare alla sua Chiesa una missione che continuasse nel tempo la sua opera di riconciliazione.

L’episodio di Tommaso, infine, serve a formulare una beatitudine rivolta alle generazioni future, le quali crederanno ponendo la loro fiducia nella Parola di Dio e nella testimonianza di tutti coloro che hanno visto.

L’epilogo del quarto vangelo puntualizza lo scopo di quest’opera: suscitare o accrescere la fede in Gesù, Messia e Figlio di Dio. In questo modo si dà all’affermazione un fine missionario per il Vangelo di Giovanni. Un «piccolo numero di manoscritti antichi legge “continuate a credere”, suggerendo che i lettori siano cristiani la cui fede dev’essere rafforzata tramite questo libro [cfr. 19,35]» (Il Nuovo Testamento, Paoline).

Un augurio che la Chiesa, oggi, rivolge a i credenti e a tutti gli uomini.

Riflessione

A coloro a cui perdonerete – Il sacramento della Riconciliazione, che Cristo ha istituito «per la conversione dei peccatori, che si sono allontanati da lui con il peccato» (Compendio CCC 1297), è costituito «dagli atti del penitente – contrizione, confessione e soddisfazione – e del sacerdote che giudica e assolve […]. Tali atti sono esterni, come corrisponde a un sacramento […], ma in continuità con la penitenza interiore e animati da essa. Si significa esternamente l’effetto interiore del sacramento: il distaccarsi dal peccato, convertendosi a Dio, e il perdono divino» (A. Miralles). In modo molto schematico, ecco il cammino da seguire per giungere a una sincera amicizia con Dio.

  • La conversione per iniziare un nuovo cammino, puri e ripieni di Spirito Santo: «All’udir queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”. E Pietro disse: “Convertitevi…”» (At 2,37-38).
  • La confessione del peccato come inizio della rottura con esso: «Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» (1Gv 1,8-9).
  • Ricevuto il perdono, disporsi al perdono: facendo sì che diventi un abito: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi, se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,35).
  • Aprirsi incondizionatamente al dono della fede, perché il perdono si ottiene soltanto mediante la fede: «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene» (Ef 2,8-9).

Il perdono di Dio (e il sapere perdonare) trascina l’uomo in un flusso di ottimismo, di felicità, differentemente da quanto insegna il  mondo.

La pagina dei Padri

Il dono dello Spirito Santo – Gregorio Magno: «Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,22). È il caso ora di chiederci perché mai il Signore donò due volte lo Spirito Santo: una, mentre era sulla terra, un’altra, quando già era salito al cielo. In nessun altro passo, oltre questo (cfr. At 2,4ss), è detto che lo Spirito Santo sia stato dato altre volte, ovvero: la prima, nella circostanza attuale, allorché Gesù ha soffiato sui discepoli, l’altra, più tardi, quando fu mandato dal cielo e si mostrò sotto forma di lingue diverse. Perché allora esso viene dato prima ai discepoli in terra, e poi è mandato dal cielo, se non perché due sono i precetti della carità, ovvero l’amore di Dio e del prossimo? In terra, viene dato lo Spirito perché il prossimo sia amato; lo stesso Spirito ci è poi dato dal cielo, perché sia Dio ad essere amato. E come vi è una sola carità, ma due sono i precetti, così c’è un solo Spirito, ma due sono le sue effusioni. La prima proviene dal Signore Gesù ancora sulla terra; la seconda, dal cielo, per ammonirci che nell’amore del prossimo si apprende come si pervenga all’amore di Dio. Ecco perché lo stesso Giovanni dice: «Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?» (1Gv 4,20). Già in precedenza, lo Spirito Santo era presente nelle menti dei discepoli, in virtù della fede. Però fu dato loro in modo manifesto, solo dopo la Risurrezione.

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