6 Aprile 2018 – Venerdì fra l’Ottava di Pasqua – (At 4,1-12; Sal 117[118]; Gv 21,1-14) – I Lettura: Dopo la guarigione dello storpio, Pietro e Giovanni sono arrestati e condotti dinanzi al sinedrio. Pietro così spiega che la guarigione dell’infer-mo è avvenuta nel nome di Gesù Cristo il Nazareno. Egli dà a Gesù il titolo di Cristo e lo qualifica come il Nazareno. In tal modo egli mette in luce il suo collegamento con le promesse fatte attraverso i profeti. Salmo: “Il profeta si rivolge al popolo nuovo, fatto dei giudei e dei gentili: essi hanno un unico Redentore. Azione di grazie per la sua vittoria. I giudei sono invitati per primi a confessare Dio, perché essi sono stati chiamati per primi” (Atanasio). Vangelo: Questo primo brano costituisce parte dell’epilogo di tutto il vangelo di Giovanni. I discepoli sono tornati al loro mestiere di pescatori, come se nulla fosse accaduto e qui faranno esperienza della potenza della Risurrezione di Gesù. Accade come all’inizio della loro conoscenza con Gesù quando furono chiamati da lui mentre erano intenti a pescare. Anche in quell’occasione erano rimasti delusi per una pesca andata male durata tutta la notte e Gesù li aveva invitati a gettare le reti in mare. Essi non lo riconoscono immediatamente ma la pesca sovrabbondante ha la funzione di rivelare ai discepoli l’identità del Risorto.
Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Riflessione: «È il Signore!». La Pasqua è passata da qualche giorno, le emozioni si susseguono, le apparizioni del Risorto hanno in qualche modo rassicurato ma anche sconvolto i discepoli: il loro cuore crede ma rimane turbato. Non sanno come muoversi, cosa fare. Hanno paura di quanto si dice in giro, di chi li accusa di essere stati loro a trafugare il corpo del Maestro, temono di fare la stessa fine. Quella folla che li accalcava da ogni parte, che non li faceva mangiare o riposare, che li faceva sentire importanti, ora fa paura. Le urla di grida: «Crocifiggilo!» risuonano ancora in modo impetuoso e impietoso. Ma la vita va avanti e tocca a Pietro, il primo degli Apostoli (non per sequela ma per elezione!) prendere le decisioni, anche le più quotidiane: si va a lavorare, si va a pescare! Tutti lo seguono e si ritrovano con lui nella stessa barca. Forse è la prima volta che pescano da quando Gesù non è più con loro, e la notte si fa più buia, fitta di ricordi, di rammarichi, di nostalgie, di rimorsi… Pesci non se ne vedono e tutta la loro perizia e le loro fatiche risultano inutili: siamo ormai all’alba, tanto vale tornare a riva. Un senso di sconfitta li assale, avranno pensato: forse è il giusto castigo per le nostre colpe! Del resto perché stupirsi che Dio li abbia potuto abbandonare dopo che loro stessi per primo lo avevano fatto? Perché pretendere che Gesù rimanesse loro accanto se essi non erano riusciti a difenderlo anzi lo avevano tradito, rinnegato e abbandonato? Non sappiamo cosa passasse nella mente di quei sette uomini in quelle silenziose e tristi ore di buio e di sconforto, ma certamente sappiamo cosa passa nel nostro cuore in tanti momenti di scoraggiamento, quando il peso del nostro peccato sembra ergersi a giustificazione di ogni nostro problema, quando le difficoltà di ogni genere sembrano risuonare come giusto castigo per le nostre infedeltà. Abbiamo ricevuto tanto da Dio e non siamo stati in grado di ricambiare, abbiamo sciupato tanta grazia, abbiamo approfittato della sua misericordia e ora ci ritroviamo con le reti vuote, al buio di una silenziosa notte! Ma Gesù è il Signore! È il Dio fedele: misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia, dal cuore mite e umile. Egli ci chiama, ci attende, ci ama!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … trascinando la rete piena di pesci – Benedetto XVI (Omelia, 24 Aprile 2005): “Non temere! D’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,1-11). Anche oggi viene detto alla Chiesa e ai successori degli apostoli di prendere il largo nel mare della storia e di gettare le reti, per conquistare gli uomini al Vangelo – a Dio, a Cristo, alla vera vita. I Padri hanno dedicato un commento molto particolare anche a questo singolare compito. Essi dicono così: per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. È proprio così – nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. È proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui. Il compito del pastore, del pescatore di uomini può spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perché in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Non si deve giudicare il prossimo – «Se avessimo l’amore, l’amore stesso riparerebbe ogni caduta, come i santi quando vedono i difetti degli uomini. Forse che i santi sono ciechi e non vedono i peccati? Chi odia tanto il peccato quanto i santi? E tuttavia non odiano il peccatore, non lo condannano, non se ne allontanano, ma ne hanno compassione, lo ammoniscono, lo consolano, lo curano come un membro malato: fanno di tutto per salvarlo. I pescatori, quando gettano l’amo in mare e prendono un grosso pesce, se si accorgono che si agita e si divincola, non lo tirano subito con violenza, perché la lenza si romperebbe e tutto andrebbe perduto, ma gli danno corda abilmente e lo lasciano andare dove vuole; quando poi capiscono che non ce la fa più e ha cessato di dibattersi, allora piano piano cominciano a tirarlo indietro. Allo stesso modo fanno anche i santi: con la pazienza e con l’amore attirano il fratello e non lo cacciano via a calci… i santi sempre proteggono il peccatore, lo preparano, se ne prendono cura per poterlo correggere al momento opportuno» (Doroteo di Gaza).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò – Il nuovo popolo di Dio è «universale, perché aperto a tutti gli uomini e stringe nel suo seno credenti di ogni colore e razza. Ora, questa chiesa cattolica non deve rompere la sua unità, come la rete di Pietro non si strappò, nonostante la quantità eccezionale di grossi pesci [Gv 21,11]» (Salvatore Alberto Panimolle). Anche il Concilio ecumenico Vaticano II ha dedicato molto interesse al mistero della chiesa, illustrando con cura e richiamando a varie riprese le due note essenziali dell’unità e della cattolicità. Così la Costituzione dogmatica sulla Chiesa: «La Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per una analogia che non è senza valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo [cfr. Ef 4,16]. Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica e che il Salvatore nostro, dopo la sua resurrezione, diede da pascere a Pietro [cfr. Gv 21,17], affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida [cfr. Mt 28,18ss], e costituì per sempre colonna e sostegno della verità [cfr. 1Tm 3,15]» (LG 8). Tale unità dell’unica chiesa di Cristo sussiste nella chiesa cattolica, senza possibilità di essere perduta (cfr. UR 4; LG 8). Tutti gli uomini sono «chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza» (LG 13). Le divisioni tra i cristiani impediscono che la chiesa attui in essi l’unità e la cattolicità che le sono proprie, e come rigurgito tali divisioni impediscono alla Chiesa di realizzare in modo pieno la pace, la concordia e la fratellanza tra i popoli. Non c’è da attendere che una nuova Pentecoste che infiammi i cuori e li muova all’unità.
Santo del giorno: 6 Aprile – San Pietro da Verona, Sacerdote e martire: Nato da genitori eretici manichei, l’innata rettitudine del cuore gli fece intuire subito da che parte si trovasse la verità. A sette anni imparò alle scuole dei cattolici il Credo, che per lui non sarà una formula qualunque, ma un principio di vita e una luce che rischiarerà per sempre il suo cammino. Entrato nell’Ordine, anelante le sante lotte per la fede, nei lunghi anni di preparazione al futuro apostolato, mise le basi di quella robusta santità che fece davvero di lui un atleta di Gesù Cristo. Un giorno confidò a un confratello che da quando era sacerdote, celebrando la S. Messa, alla elevazione del calice aveva sempre chiesto al Signore la grazia di morire martire, tale era l’ardore della sua fede e della sua carità. Nominato nel 1242 Inquisitore Generale per la Lombardia, combatté senza posa gli eretici con la spada della divina parola, finché fu ucciso per loro mano, come egli aveva predetto, sulla strada da Como a Milano.
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che nella Pasqua del tuo Figlio hai offerto agli uomini il patto della riconciliazione e della pace, donaci di testimoniare nella vita il mistero che celebriamo nella fede. Per il nostro Signore…