2 Aprile 2018 – Lunedì fra l’Ottava di Pasqua – (At 2,14.22-33; Sal 15[16]; Mt 28,8-15) – I Lettura: Pietro è mandato dal Signore nella casa di Cornelio, centurione romano e uomo timorato di Dio. Qui inizia ad annunciare la buona Novella. Con il battesimo di Giovanni al Giordano l’apostolo spiega come il Messia, guidato dallo Spirito di Dio, passò per le strade della Galilea e della Giudea liberando coloro che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. Salmo: “Il Signore ci ispira questa preghiera per ottenere la pazienza e la costanza nell’obbedienza, affinché ci venga restituito, grazie all’obbedienza, ciò che i nostri progenitori avevano perso… Come nessuno può dire Gesù è Signore, se non nello Spirito Santo (1Cor 12,3), così solo chi si sottomette completamente a Dio può dire degnamente: Mio Signore sei tu” (Beda). Vangelo: Gesù è risorto e si mostra alle donne affidando loro un messaggio. Allo stesso modo le guardie dinanzi al prodigio piuttosto che un messaggio di salvezza e speranza si trovano imbrigliati in una menzogna. In cambio di denaro sono costretti a dichiarare il furto del corpo del Cristo ad opera dei propri discepoli. Ancora una volta il peccato dell’uomo mette a tacere le opere di Dio e come nella morte di Gesù il denaro servì a tradire il Signore così anche nella sua risurrezione il denaro serve per comprare il silenzio del miracolo.
Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.
Riflessione: “Dove vai, o Maria Maddalena, in compagnia delle pie donne? Dove vi recate con questo passo svelto? Andate verso il sepolcro. Arrivate là ed ecco: la terra trema, il sepolcro si apre, un angelo appare… Gesù non è più là: è risorto come aveva detto… Voi cercate morto Colui che è vivo… Eccomi ai tuoi piedi, o mio Gesù… ti vedo anch’io risorto! Sei risorto e non morrai più… sei beato per l’eternità: mai più ti apparirà l’ombra di una sofferenza… sei collocato in modo irremovibile nella più alta felicità… O mio Dio, anche io sono beato perché tu sei beato… Senza dubbio io voglio essere beato, essere un giorno insieme a te in cielo; però, mio Dio, c’è qualcosa che vale di più della mia beatitudine: è la tua; la beatitudine del cielo consiste nell’amarti e nel vederti beato. Nella tua risurrezione, nella tua felicità infinita ed eterna, io ho una sorgente di felicità inesauribile, una base di felicità che niente può togliermi… Io posseggo per l’eternità l’essenziale di ciò che costituisce la mia felicità… un bene che sorpassa ogni altro bene, il più desiderato dei miei desideri, ciò che è la sostanza della felicità degli angeli e dei santi, ciò che farà della mia vita un cielo… alla sola e unica condizione che io ti ami!” (Charles de Foucauld). Abbiamo voluto inserire questa preghiera di lode, questo inno alla gioia pasquale di un’anima interamente immersa nella gioia della beatitudine eterna, perché qui è il segreto della gioia pasquale e la sorgente di ogni altra nostra gioia: Cristo è risorto! Non è stata ribaltata solo una grossa pietra, ma con essa, ogni altro ostacolo alla nostra beatitudine; non è rimasta vuota solo una tomba, ma se solo lo volessimo lasceremmo vuoto l’intero inferno, perché Cristo ha trionfato sulla morte e sul peccato: primizia di coloro che risorgono a vita nuova, ha pagato ogni nostro debito, ha riscattato la nostra miserabile condizione di peccatori, ci ha assunti con lui nella gloria, ci ha resi figli, ci ha colmato di grazia, ci ha donato il suo Spirito, ci ha spalancato le porte del Paradiso e in esso ci ha già preparato un posto. Fermiamoci anche noi ai suoi piedi, abbracciamolo e adoriamolo, con lacrime di gioia e di riconoscenza, di amore e gratitudine: Gesù è il nostro Signore!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La risurrezione di Gesù non è un’idea inventata dagli apostoli – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 1 Febbraio 1989): La professione di fede, che facciamo nel Credo quando proclamiamo che Gesù Cristo “il terzo giorno è risuscitato da morte”, si fonda sui testi evangelici che, a loro volta, ci trasmettono e fanno conoscere la prima predicazione degli apostoli. Da queste fonti risulta che la fede nella Risurrezione è, sin dall’inizio, una convinzione basata su un fatto, su un evento reale, e non un mito o una “concezione”, un’idea inventata dagli apostoli o prodotta dalla comunità post-pasquale raccolta intorno agli apostoli a Gerusalemme, per superare insieme con loro il senso di delusione, conseguente alla morte di Cristo in Croce. Dai testi risulta tutto il contrario, e perciò, come ho detto, l’ipotesi ventilata è anche criticamente e storicamente insostenibile. Gli apostoli e i discepoli non hanno inventato la Risurrezione (ed è facile capire che erano del tutto incapaci di un’opera-zione simile). Non vi è traccia di una loro esaltazione personale o di gruppo, che li abbia portati a congetturare un evento desiderato e atteso e a proiettarlo nell’opinione e nella credenza comune come reale, quasi per contrasto e come compensazione della delusione subita. Non vi è traccia di un processo creativo di ordine psicologico-sociolo-gico-letterario nemmeno nella comunità primitiva o negli autori dei primi secoli. Gli apostoli per primi hanno creduto, non senza forti resistenze, che Cristo era risorto semplicemente perché la Risurrezione fu da loro vissuta come un evento reale, di cui poterono convincersi di persona incontrandosi più volte col Cristo nuovamente vivo, nel corso di quaranta giorni. Le successive generazioni cristiane accettarono quella testimonianza, fidandosi degli apostoli e degli altri discepoli come di testimoni credibili. La fede cristiana nella Risurrezione di Cristo è, dunque, legata a un fatto, che ha una precisa dimensione storica.
Testimoniare ogni giorno la gioia del Signore risorto significa… – Benedetto XVI (Udienza Generale, 27 Aprile 2011): Cari amici, sì, Cristo è veramente risorto! Non possiamo tenere solo per noi la vita e la gioia che Egli ci ha donato nella sua Pasqua, ma dobbiamo donarla a quanti avviciniamo. È il nostro compito e la nostra missione: far risorgere nel cuore del prossimo la speranza dove c’è disperazione, la gioia dove c’è tristezza, la vita dove c’è morte. Testimoniare ogni giorno la gioia del Signore risorto significa vivere sempre in “modo pasquale” e far risuonare il lieto annuncio che Cristo non è un’idea o un ricordo del passato, ma una Persona che vive con noi, per noi e in noi, e con Lui, per e in Lui possiamo fare nuove tutte le cose (cfr. Ap 21,5).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Offriamo noi stessi – “Ieri ero levato in croce con Cristo, oggi son glorificato con lui; ieri morivo con lui, oggi rivivo; ieri venivo seppellito con lui, oggi risorgo. Offriamo, dunque, qualcosa a colui che per noi morì ed è risorto. Forse voi pensate a oro, argento, tessuti, pietre lucide e preziose, tutta roba fragile e mutevole della terra, la maggior parte della quale è in possesso di un qualche schiavo delle cose terrene e di un qualche principe del mondo. Offriamo, invece, noi stessi; questo è il possesso più prezioso per Iddio e il più degno di lui. Diamo all’immagine ciò che conviene all’immagine, riconosciamo la nostra dignità, onoriamo il modello, comprendiamo la forza del mistero e il motivo per cui Cristo è morto” (Gregorio Nazianzeno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria di Màgdala e l’altra Maria, all’alba, vanno al sepolcro, non per ungere o imbalsamare il corpo di Gesù, come dicono Marco e Luca, ma per visitarlo. Matteo, infatti, ha già dato notizia delle guardie poste a custodia del sepolcro che impedivano a chiunque l’accesso, quindi le donne non potevano entrare nella tomba per ungere il corpo di Gesù. Al gran terremoto segue l’apparizione dell’angelo del Signore dall’aspetto come la folgore e in vesti bianche come neve. Sono elementi simbolici, derivati dalle teofanie apocalittiche (cfr. Dn 7,9 e 10,6.8-9). Sono tutti motivi che si collegano ai temi della manifestazione di Dio e del giudizio. Con questi tratti Matteo ci offre un codice di lettura e ci apre il senso della risurrezione stessa: è il gesto escatologico finale di salvezza che impegna gli uomini in una risposta di fede. So che cercate Gesù, il crocifisso. “Non è qui…”, l’angelo del Signore non si limita ad affermare che il Cristo è risorto, ma attira l’attenzione sulla croce: la risurrezione è la vittoria della croce, ne svela il senso positivo e salvifico. La via dell’amore percorsa da Gesù non è dunque vana: contrariamente al giudizio degli uomini, essa è la via che porta alla vita e costruisce il mondo nuovo. Il giudizio di Dio è diverso da quello degli uomini. Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli (Mt 28,8): questo è il frutto più bello della Pasqua, chi ha incontrato il Risorto non può non correre per le vie del mondo per annunciare con grande gioia che la morte è stata ingoiata nella vittoria (1Cor 15,54). La pericope si conclude con il tentativo da parte del Sinedrio di mascherare la Risurrezione con il goffo suggerimento dato alle guardie di dire che il corpo del Crocifisso è stato trafugato mentre esse dormivano. Un goffo suggerimento che goffamente e maliziosamente si perpetua come litania a danno degli sprovveduti.
Santo del giorno: 2 Aprile – San Francesco da Paola, Eremita e fondatore: Nacque a Paola (Cosenza) nel 1416 da genitori in età avanzata devoti di san Francesco, che proprio all’intercessione del santo di Assisi attribuirono la nascita del loro bambino. Di qui il nome e la decisione di indirizzarlo alla vita religiosa nell’ordine francescano. Dopo un anno di prova, tuttavia, il giovane lasciò il convento e proseguì la sua ricerca vocazionale con viaggi e pellegrinaggi. Scelse infine la vita eremitica e si ritirò a Paola in un territorio di proprietà della famiglia. Qui si dedicò alla contemplazione e alle mortificazioni corporali, suscitando stupore e ammirazione tra i concittadini. Ben presto iniziarono ad affluire al suo eremo molte persone desiderose di porsi sotto la sua guida spirituale. Seguirono la fondazione di numerosi eremi e la nascita della congregazione eremitica paolana detta anche Ordine dei Minimi. La sua approvazione fu agevolata dalla grande fama di taumaturgo di Francesco che operava prodigi a favore di tutti, in particolare dei poveri e degli oppressi. Lo stupore per i miracoli giunse fino in Francia, alla corte di Luigi XI, allora infermo. Il re chiese al papa Sisto IV di far arrivare l’eremita paolano al suo capezzale. L’obbedienza prestata dal solitario costretto ad abbandonare l’eremo per trasferirsi a corte fu gravosa ma feconda. Luigi XI non ottenne la guarigione, Francesco fu tuttavia ben voluto ed avviò un periodo di rapporti favorevoli tra il papato e la corte francese. Nei 25 anni che restò in Francia egli rimase un uomo di Dio, un riformatore della vita religiosa. Morì nei pressi di Tours il 2 aprile 1507.
Preghiamo: O Padre, che fai crescere la tua Chiesa, donandole sempre nuovi figli, concedi ai tuoi fedeli di esprimere nella vita il sacramento che hanno ricevuto nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo…