24 Marzo 2018 – Sabato, V di Quaresima – (I Lettura: Ez 37,21-28; Salmo Responsoriale: Ger 31,10-12b.13; Vangelo: Gv 11,45-56) – I Lettura: Il capitolo 37 riporta uno dei più famosi trasporti in spirito di Ezechièle: la visione del campo di ossa inaridite. Anche se non lo è, insieme al capitolo 38, si può considerare un racconto apocalittico, dove vengono descritte visioni e simboli di cose presenti e future, anticipazioni di realtà escatologiche. L’infedeltà del popolo è la causa della sua presente cattività, ma soprattutto del suo inaridimento. Le ossa sono il popolo di Israele che, abbandonando la legge di Dio, ha abbandonato la sua stessa vita. Lo spirito promesso è lo Spirito che Cristo donerà dopo la sua risurrezione e che riunirà tutti i popoli sotto la guida dell’unico pastore e re. Salmo: “L’invito alla gioia è sviluppato con immagini che coinvolgono profondamente. È un oracolo che fa sognare! Delinea un futuro in cui gli esiliati “verranno e canteranno”, e ritroveranno non soltanto il tempio del Signore, ma anche tutti i beni: il grano, il mosto, l’olio, i nati dei greggi e degli armenti. La Bibbia non conosce un astratto spiritualismo. La gioia promessa non riguarda soltanto l’intimo dell’uomo, giacché il Signore si prende cura della vita umana in tutte le sue dimensioni” (Giovan-ni Paolo II). Vangelo: Dopo la risurrezione di Làzzaro molti Giudei credettero in Gesù destando la preoccupazione del Sinedrio. Un eventuale Messia avrebbe alimentato entusiasmo tra le fila del movimento armato anti-romano e costretto Roma a reagire pesantemente. La soluzione di Caifa risulterà veramente necessaria, non in campo politico, ma in quello spirituale.
Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».
Riflessione: Con la celebrazione liturgica di oggi possiamo considerare ormai concluso il cammino liturgico Quaresimale; domani inizia la settimana Santa che vedrà nel Triduo Pasquale la celebrazione dei misteri centrali della nostra fede: la passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Il brano di oggi è un densissimo testo che include la massima malizia umana, che è un groviglio inestricabile di invidia, tornaconti, strategie politiche, paura di perdere i poteri conquistati… e al contempo include la rivelazione dei più alti misteri che motiveranno la morte di Cristo: «… è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». San Paolo ha una frase che a volte sembra ardita, iperbolica: «Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio» (Rm 8,28). Alzando gli occhi al Crocifisso, vedendo l’Uomo dei dolori ridotto in quel modo (certamente molto peggio di quanto la pietà popolare ha impresso nel volto e nel corpo straziato di Gesù in Croce) come si può pensare che davvero quella morte atroce avrebbe potuto giovare a qualcuno? Eppure, «dalle sue piaghe siete stati guariti» (1Pt 2,25). Volendo attualizzare questa parola, possiamo considerare come pensa il mondo e come pensa Dio, cercando di capire chi seguiamo, a chi diamo ascolto: siamo tra coloro che discutono di come conservare lo stato sociale conquistato, di come difendersi dagli attacchi di potenziali sobillatori sempre pronti a far saltare in aria i progetti così affannosamente inseguiti e messi in atto? O siamo col Cristo, intenti solo a cercare di comprendere la volontà del Padre, pronti ad offrire anche la nostra stessa vita pur di diventare luce, sale, lievito, fermento di vita nuova, chicco sepolto e marcito che germoglia e dà il frutto? Sì, tutto concorre al bene: e quando il mondo pensa di distruggerci, di umiliarci, di isolarci, se la volontà di Dio è nostro cibo (cfr. Gv 4,34), se non desideriamo altro che la gloria del Padre e la salvezza dei fratelli, allora anche il nostro intimo tormento vedrà la luce (cfr. Is 53,11), il nostro pianto si cambierà in gioia (cfr. Ger 31,13), sarà asciugata ogni lacrima dai nostri occhi (cfr. Ap 7,17; 21,4). Il mondo penserà di averci condannati a morte, ma avremo in noi la vita eterna
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Molti credettero in lui – Papa Francesco (Angelus, 8 Settembre 2013): Seguire Gesù non significa partecipare a un corteo trionfale! Significa condividere il suo amore misericordioso, entrare nella sua grande opera di misericordia per ogni uomo e per tutti gli uomini. L’opera di Gesù è proprio un’opera di misericordia, di perdono, di amore! È tanto misericordioso Gesù! E questo perdono universale, questa misericordia, passa attraverso la croce. Gesù non vuole compiere questa opera da solo: vuole coinvolgere anche noi nella missione che il Padre gli ha affidato. Dopo la risurrezione dirà ai suoi discepoli: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi… A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (Gv 20,21.22). Il discepolo di Gesù rinuncia a tutti i beni perché ha trovato in Lui il Bene più grande, nel quale ogni altro bene riceve il suo pieno valore e significato: i legami familiari, le altre relazioni, il lavoro, i beni culturali ed economici e così via… Il cristiano si distacca da tutto e ritrova tutto nella logica del Vangelo, la logica dell’amore e del servizio.
Il sacrificio fonte di vita – Paolo VI (Omelia, 8 Aprile 1973): Amore, è parola ambigua. C’è l’amore per sé, che si chiama egoismo. C’è l’amore per gli altri, che si chiama sacrificio… Ed è questo che il Signore ci indica col suo esempio come fonte di vita. Il Figlio di Dio venuto al mondo dà la sua vita in maniera così generosa, così pietosa, drammatica, tragica. Muore per noi tra gli spasimi del suo supplizio ignominioso sulla Croce. Muore per salvarci. Il sacrificio del Signore ci dice che dobbiamo concepire la nostra vita come un dovere. Ciascuno di noi è messo al mondo per fare qualcosa – non solo per sé, ma per gli altri – per amore, per un amore gratuito, disinteressato e generoso, costasse perfino la propria esistenza. Dobbiamo imitare Cristo che muore per noi. Dobbiamo essere anche noi come il grano di frumento che dà se stesso per trovare in se stesso le virtù superiori, la fecondità, la ricchezza che il Signore ha destinato ad ogni umana esistenza. È una parola difficile, ma ben la possono capire la mamma di famiglia che dà la sua vita per i suoi bambini e per la sua casa, oppure l’operaio che lavora e suda per guadagnarsi il pane per la sua casa, oppure l’uomo pubblico che lavora, pensa e dispone per il bene altrui. Ciascuno di noi è chiamato a dare la sua vita per gli altri e non a chiudersi in se stesso accontentandosi della sua salvezza e della sua felicità. Dobbiamo procurare la felicità e il benessere degli altri anche a costo del dono di noi stessi. Il Signore ci insegna la grande legge del vero amore, la legge del morire per vivere.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Non tutti i Giudei che erano venuti da Maria credettero, però in gran numero. Ma alcuni di essi, cioè alcuni dei Giudei che erano venuti, oppure anche di quelli che avevano creduto, si recarono dai farisei a riferire ciò che aveva fatto Gesù, per recare un annuncio che convincesse anche i farisei a credere, o più probabilmente per fare una denuncia che provocasse il loro furore. Comunque fossero le intenzioni di chi andò a riferire, i farisei furono informati. I gran sacerdoti e i farisei radunarono allora un consiglio e dicevano: Che facciamo? (Gv 11,47). Non dicevano mica: Crediamo! Quegli uomini perversi infatti erano più impegnati a infierire su di lui fino a eliminarlo che non a cercare la loro salvezza. E tuttavia erano perplessi e si consultavano. Infatti dicevano: Che facciamo? perché quest’uomo fa molti prodigi! Temevano di perdere le cose temporali e non si preoccupavano della vita eterna, e così perdettero l’una e l’altra. I Romani infatti, dopo la passione e la glorificazione del Signore, distrussero la loro città e la loro nazione, espugnando la città e deportando la popolazione. Si realizzò così la profezia: I figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre [Mt 8,12]” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “È andata. Decisione presa, condanna sentenziata. Il Sinedrio si è pronunciato e Caifa conferma la fama che lo circonda, e che la storia ci restituisce, di uomo cinico e avido, attaccato al suo ruolo e al suo potere. Difficile ministero quello di Caifa, in tempi difficili. In fondo, siamo seri, Caifa ha più di una ragione: i romani, pur tolleranti verso i paesi occupati, mal digeriscono questa pretesa diversità della Palestina: hanno già concesso molto, moltissimo: la reggenza di un re, il mantenimento del culto, la guardia del tempio ebrea, il tribunale del Sinedrio (senza potere, però), una moneta senza immagine dell’imperatore. Ma il troppo è troppo: Ponzio Pilato non è forse pericoloso e arrogante? Ben diverso dagli altri governatori, non sarà proprio la sua intemperanza a stroncargli la carriera? No, meglio non avere guai, una rivolta popolare sarebbe un guaio insanabile. Meglio che un uomo muoia per tutto il popolo. Tragicomica profezia del Sommo sacerdote: davvero Gesù morirà per dare la vita a tutto il popolo! Bei ragionamenti, analisi corrette, soluzione ineccepibile, salvo il fatto che ad essere ucciso, oltre al buon senso e alla giustizia, sarà proprio Dio. Da tutti i tatticismi, dai compromessi, dalle eccessive distinzioni che rischiano di spazzare via la verità, liberaci, o Signore!” (Paolo Curtaz).
Santo del giorno: 24 Marzo – Santa Caterina di Svezia, Religiosa: “L’etimologia del nome «Caterina» attinge al greco «donna pura». Tale fu Catarina Ulfsdotter, meglio conosciuta come Caterina di Svezia, secondogenita degli otto figli di santa Brigida, la grande mistica svedese che ha segnato profondamente la storia, la vita e la letteratura del Paese scandinavo. Nata nel 1331, in giovanissima età Caterina sposò Edgarvon Kyren, nobile di discendenza ma soprattutto d’animo: questi non solo acconsentì al desiderio della ragazza di osservare il voto di continenza, ma si legò addirittura allo stesso voto. A 19 anni Caterina raggiunse la madre a Roma, dove partecipò alla sua intensa vita religiosa e ai suoi pellegrinaggi. Alla morte di Brigida, Caterina ne riportò in patria la salma e, nel 1375, entrò nel monastero di Vadstena. Nel 1380 venne eletta badessa; morì il 24 marzo 1381” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che operi sempre per la nostra salvezza e in questi giorni ci allieti con un dono speciale della tua grazia, guarda con bontà alla tua famiglia, custodisci nel tuo amore chi attende il Battesimo e assisti chi è già rinato alla vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo…