14 Marzo 2018 – Mercoledì, IV di Quaresima – (Is 49,8-15; Sal 144[145]; Gv 5,17-30) – I Lettura: Israele geme sotto il pesante giogo babilonese, è in esilio e Dio, per bocca del profeta Isaia, manda agli sventurati una parola di consolazione: Dio non si è dimenticato del suo popolo, presto si aprirà la via della liberazione e del ritorno alla città santa. Dio protegge il suo popolo, gli donerà la pace, e il suo amore eterno supera l’amore materno: anche se una mamma si dimenticasse del figlio delle sue viscere, Io, dice il Signore Dio, non ti dimenticherò mai. Salmo: “Il Salmo 145 è una celebrazione solenne della regalità di Dio, come è attestato dal cuore tematico e spaziale del salmo, i vv. 11-13. Per il resto l’inno è una litania in onore delle azioni di salvezza e delle qualità proprie del Dio dell’alleanza. Lode, ringraziamento, fiducia si fondono in questo canto a JHWH re amoroso e tenero nei confronti delle sue creature” (G. Ravasi). Vangelo: I Giudei perseguitavano Gesù perché violava il Sabato e anche perché chiamava Dio suo Padre, facendosi così uguale a Dio. In questo brano del Vangelo Gesù rivolgendosi sempre ai Giudei, fa loro il discorso sull’opera del Figlio. Si tratta di un importante discorso in cui Gesù ribadisce la sua autorità di Figlio la quale implica il potere di giudicare, risuscitare, di dare la vita e di salvare i credenti. Chi non riconosce questa autorità va contro i Profeti e contro la Legge, e quindi contro Dio.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato».
Riflessione: «Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole». Gesù, Figlio di Dio, ha lo stesso potere del Padre: dare la vita all’uomo che giace nella morte del peccato. Questa è la sua missione di Salvatore: «sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Ma che cosa deve fare l’uo-mo per accogliere in sé la pienezza di questa vita? «Chi ascolta la mia parola – dice Gesù nel Vangelo oggi proclamato – e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e… passa dalla morte alla vita». Due cose sono quindi richieste: l’ascolto della Parola e la fede: credere in Dio, credere in Cristo Gesù, Parola del Padre. L’ascolto della Parola e l’obbedienza della fede al Dio che si rivela, implicano l’accoglienza delle esigenze evangeliche pronunciate da Gesù, come la rinuncia di se stessi per far posto alla volontà di Dio e al suo progetto su di noi, per aderire al Vangelo e mettersi alla sequela del Signore. “Gesù offre l’abbondanza della vita, ma chiede la generosità dell’adesione, la totalità dell’amore e quindi della rinuncia. Egli vuole tutto: il cuore, la volontà, gli affetti più cari, la casa, gli averi e perfino la vita. Le sue parole non possono essere interpretate come semplici modi di dire; sono esigenze concrete della sua sequela. Non bisogna aver paura di ascoltarle anche se dovessero sconvolgere la propria vita. Non tutto, non sempre, né nella medesima forma verrà chiesto a ogni cristiano; ma a tutti è chiesto di essere sempre pronti a sacrificare qualsiasi affetto, qualsiasi cosa e perfino la propria vita quando ciò è necessario per essere totalmente fedeli all’a-scolto e alla sequela del Signore. «Quanto è stretta la porta e angusta la via che conduce alla vita!» (Mt 7,14), ha detto Gesù e non intendeva certo parlare per iperbole. Ma la via stretta della rinuncia conduce alla pienezza della vita in Dio, perché chi perde per lui la propria vita, la troverà” (P. Gabriele di S. M. Maddalena, Intimità divina, 318). Possiamo dunque oggi soffermarci, nel nostro personale esame di coscienza, a riflettere su come viviamo le esigenze del Vangelo, come viviamo il mettere Dio a primo posto, cosa significa concretamente per ciascuno di noi mettere in pratica la sua Parola: ho paura, oppongo resistenze?
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù chiamava Dio suo Padre – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 3 Maggio 2000): Giovanni ci ha conservato quei discorsi d’addio che sottolineano stupendamente il legame profondo e la reciproca immanenza tra Gesù e il Padre: “Se conoscete me, conoscerete anche il Padre… Chi ha visto me, ha visto il Padre… Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,7.9-11). Dicendo questo, Gesù riprende le parole che aveva pronunziato poco tempo prima, quando aveva dichiarato in modo lapidario: “Io e il Padre siamo una cosa sola… Il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10,30.38). E nella preghiera che suggella i discorsi del Cenacolo, rivolto al Padre nella contemplazione della sua gloria, egli ribadisce: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi” (Gv 17,11). Con questa fiducia assoluta nel Padre, Gesù si avvia a compiere il suo atto supremo d’amore (cfr. Gv 13,1).
… quanti fecero il male per una risurrezione di condanna – Catechismo degli Adulti 1219-1221: La pena dell’inferno è per sempre: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno… E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,41.46). «Il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9,48). «Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia» (Ap 14,11). L’eternità dell’inferno fa paura. Si è cercato di metterla in dubbio, ma i testi biblici sono inequivocabili e altrettanto chiaro è l’insegnamento costante della Chiesa. In che cosa consiste questa pena? La Bibbia per lo più si esprime con immagini: Geenna di fuoco, fornace ardente, stagno di fuoco, tenebre, verme che non muore, pianto e stridore di denti, morte seconda. La terribile serietà di questo linguaggio va interpretata, non sminuita. La Chiesa crede che la pena eterna del peccatore consiste nell’essere privato della visione di Dio e che tale pena si ripercuote in tutto il suo essere. Non si tratta di annientamento per sempre. Lo escludono i testi biblici sopra riportati, che indicano una sofferenza eterna e altri che affermano la risurrezione degli empi. Lo esclude la fede nella sopravvivenza personale, definita dal concilio Lateranense V. Del resto neppure il diavolo è annientato, ma tormentato «giorno e notte per i secoli dei secoli» (Ap 20,10) insieme con i suoi angeli. Quando la Sacra Scrittura parla di perdizione, rovina, distruzione, corruzione, morte seconda, si riferisce a un fallimento della persona, a una vita completamente falsata.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio – “Dalla Scrittura sappiamo che anche i Giudei dicevano a Dio ‘Sei tu il nostro Padre’ [Is 63,16; 64,8]. Non si infuriavano perché [Gesù] chiamava Dio suo Padre in questo senso, ma perché lo chiamava Padre suo in un senso assolutamente diverso da come lo chiamano gli uomini. I Giudei hanno capito ciò che invece gli ariani non capiscono. Gli ariani dicono che il Figlio non è uguale al Padre, e di qui l’eresia che affligge la Chiesa. Ecco, gli stessi ciechi, gli stessi che giunsero a uccidere Cristo, compresero il senso delle Parole del Signore” (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù eguale al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità – Paolo VI (Il Credo del popolo di Dio): Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri, e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale, pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona. Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine.
Santo del giorno: 14 Marzo – Santa Paolina, Religiosa: Dopo la morte del suo secondo marito, cavalier Ulrico De Scharaplan, decise di entrare in monastero e chiese consiglio al papa che la indirizzò da Udone, abate di St. Blasien. Purtroppo però in quel periodo morirono sia l’abate che Moricho, padre di Paolina e fratello converso a Hirsau. Paolina decise quindi di ritirarsi con alcune compagne in una foresta in Turingia, dove fondò il monastero di Paulinzelle. La direzione fu affidata ad un monaco mentre Werner, figlio di Paolina, si occupava delle cose materiali come fratello converso. Paolina e le compagne lasciarono il monastero ai monaci e si ritirarono in un altro luogo. Nel 1107 Paolina si recò ad Hirsau per prendervi un gruppo di monaci riformati, ma durante il viaggio si ammalò e chiese di essere ricoverata nell’ospizio dei poveri di Munsterchwarzach. Qui ricevette la visita di 6 monaci destinati a Paulinzelle e del loro superiore Gerung che le diede i sacramenti. Morì il 14 marzo 1107.
Preghiamo: O Padre, che dai la ricompensa ai giusti e non rifiuti il perdono ai peccatori pentiti, ascolta la nostra supplica: l’umile confessione delle nostre colpe ci ottenga la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…