13 Marzo 2018 – Martedì, IV di Quaresima – (Ez 47,1-9.12; Sal 45[46]; Gv 5,1-16) – I Lettura: “Dal tempio ricostruito e riconsacrato il Signore Dio diffonderà per il suo popolo l’abbondanza di ogni bene. La città santa, Gerusalemme, sempre assetata di acqua, ne avrà a dismisura. […] Il brano è carico di espressioni simboliche; il suo valore non è sul piano delle realtà sensibili e dei fatti di cronaca, ma nel mondo dello Spirito e della grazia (cfr. Ap 22,1-5). Il ritorno a Dio sarà come una rinascita” (Messale Feriale, ed. LDC). Salmo: “Il carme si sviluppa attorno ad un simbolo cosmico. Da un lato c’è Sion, simile ad un’oasi percorsa da correnti d’acqua viva, simile ad un grembo fecondo in cui c’è vita e nutrimento. Fuori di essa, invece, si scatena il caos: le acque oceaniche tentano di sgretolare i monti, i popoli si affrontano in battaglie sanguinose” (G. Ravasi). Vangelo: Siamo alla seconda festa dei Giudei a Gerusalemme: l’evangeli-sta non specifica di quale festa si tratta, potrebbe trattarsi della festa di Pentecoste o quella delle capanne. Per la prima volta Gesù di sua iniziativa, senza che nessuno glielo abbia chiesto, compie un miracolo e in più vìola e fa violare il sabato. Da qui ha inizio una dinamica di contrapposizioni che piano piano assumerà toni sempre più drammatici.
All’istante quell’uomo guarì – Dal Vangelo secondo Giovanni: Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Riflessione: «Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Siamo soliti affermare: “l’importante è che ci sia la salute”. Dalle parole di Gesù capiamo che in realtà c’è qualcosa più importante della stessa salute, qualcosa che dobbiamo temere più dell’infermità e della stessa morte: è il peccato, specialmente il peccato mortale. Ascoltiamo questa confidenza di Gesù a suor Maria-Ionela (e che corrisponde agli insegnamenti della Scrittura, della Tradizione e del Magistero): «Io sono il Dio d’amore, che si è fatto uomo ed è morto per i peccati degli uomini, affinché gli uomini vivano in unione d’amore con Dio, osservando tutti i suoi comandamenti: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10). Il terribile ostacolo a questo profluvio della vita divina nell’uomo è il peccato mortale, la separazione da Dio. Col peccato mortale, l’uomo disprezza Dio e mette in luogo dell’amore di Dio l’amor proprio, l’amore di un piacere, di una creatura. Il peccato mortale è un attentato grave alla vita divina nell’ani-ma. È una specie di deicidio. E questo è tanto vero, che, per il recupero della vita divina fu necessaria, per l’uomo, la mia morte sulla croce, la morte del Figlio di Dio fatto uomo. Solo la meditazione, la contemplazione assidua della mia passione e della mia morte in croce, vi possono fare capire almeno un poco la tremenda malvagità del peccato mortale, perché possiate odiarlo con tutte le forze dell’anima vostra: Ecco l’uomo dei dolori! Ecco il crocifisso! Ecco Dio trafitto nel cuore dall’uomo peccatore. Tu mi hai flagellato! Tu mi hai posto la corona di spine sul capo! Tu mi hai inchiodato in croce! Tu mi hai sepolto! Tu, con i tuoi peccati mortali. Così parlo io a ciascun peccatore del mondo intero, perché voglio allontanarlo dai suoi peccati mortali. Così parlo anche a voi! Meditate profondamente su l’abisso dei peccati mortali nel quale è sprofondato il mondo, per accendervi d’amore di vittime espiatrici e per adorare incessantemente la mia Eucaristia! Esaminatevi! Avete commesso anche voi dei peccati mortali? Avete espiato con umiltà, con amore e generosità i vostri peccati mortali? Dimostrate la vostra riconoscenza al mio cuore con una Vita sempre più santa e senza peccato?”.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua – Giovanni Paolo (Udienza Generale, 24 Ottobre 1990): Il simbolo dell’acqua appare spesso già nell’Antico Testamento. Presa in modo molto generico, l’acqua simboleggia la vita elargita da Dio alla natura e agli uomini. Leggiamo in Isaia: “Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in sorgenti” (Is 41,18): è un’allusione all’influenza vivificante dell’acqua. Il profeta applica questo simbolo allo Spirito, mettendo in parallelo acqua e Spirito di Dio, quando proclama quest’oracolo: “Io farò scorrere acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido; spanderò il mio Spirito sulla tua discendenza… cresceranno come erba in mezzo all’acqua…” (Is 44,3-4). Così viene indicata la potenza vivificante dello Spirito, simboleggiata dalla potenza vivificante delle acque. Inoltre, l’acqua libera la terra dalla siccità (cfr. 1Re 18,41-45). L’acqua serve anche a soddisfare la sete dell’uomo e degli animali. La sete d’acqua viene presa come similitudine della sete di Dio (cfr. Sal 42,2-3). L’acqua è infine il simbolo della purificazione (cfr. Ez 36,25; 47,1.8-9). Nel Nuovo Testamento la potenza purificatrice e vivificante dell’acqua serve per il rito del battesimo già con Giovanni, che sul Giordano amministrava il battesimo di penitenza (cfr. Gv 1,33). Ma sarà Gesù a presentare l’acqua come simbolo dello Spirito Santo, quando in un giorno di festa esclamerà davanti alla folla: «Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, “fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno»”. E l’evangelista commenta: “Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui; infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7,37-39). Con queste parole si spiega anche tutto ciò che Gesù dice alla samaritana sull’acqua viva, sull’acqua che viene data da lui stesso. Quest’acqua diventa nell’uomo “sorgente di acqua zampillante per la vita eterna” (Gv 4,10.14).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Due modi di portare la croce – “In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. Per questo la Verità dice rettamente: «Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo». Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e avere compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore” (San Gregorio Magno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «I quattro Evangelisti sono concordi nell’attestare che la liberazione da malattie e infermità di ogni genere costituì, insieme con la predicazione, la principale attività di Gesù nella sua vita pubblica. In effetti, le malattie sono un segno dell’azione del Male nel mondo e nell’uomo, mentre le guarigioni dimostrano che il Regno di Dio, Dio stesso è vicino. Gesù Cristo è venuto a sconfiggere il Male alla radice, e le guarigioni sono un anticipo della sua vittoria, ottenuta con la sua Morte e Risurrezione. Un giorno Gesù disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” [Mc 2,17]. In quella circostanza si riferiva ai peccatori, che Egli è venuto a chiamare e a salvare. Rimane vero però che la malattia è una condizione tipicamente umana, in cui sperimentiamo fortemente che non siamo autosufficienti, ma abbiamo bisogno degli altri. In questo senso potremmo dire, con un paradosso, che la malattia può essere un momento salutare in cui si può sperimentare l’attenzione degli altri e donare attenzione agli altri! Tuttavia, essa è pur sempre una prova, che può diventare anche lunga e difficile. Quando la guarigione non arriva e le sofferenze si prolungano, possiamo rimanere come schiacciati, isolati, e allora la nostra esistenza si deprime e si disumanizza. Come dobbiamo reagire a questo attacco del Male? Certamente con le cure appropriate – la medicina in questi decenni ha fatto passi da gigante, e ne siamo grati – ma la Parola di Dio ci insegna che c’è un atteggiamento decisivo e di fondo con cui affrontare la malattia ed è quello della fede in Dio, nella sua bontà. Lo ripete sempre Gesù alle persone che guarisce: La tua fede ti ha salvato [cfr. Mc 5,34.36]. Persino di fronte alla morte, la fede può rendere possibile ciò che umanamente è impossibile. Ma fede in che cosa? Nell’amore di Dio. Ecco la vera risposta, che sconfigge radicalmente il Male. Come Gesù ha affrontato il Maligno con la forza dell’amore che gli veniva dal Padre, così anche noi possiamo affrontare e vincere la prova della malattia tenendo il nostro cuore immerso nell’amore di Dio. Tutti conosciamo persone che hanno sopportato sofferenze terribili perché Dio dava loro una serenità profonda. Penso all’esempio recente della beata Chiara Badano, stroncata nel fiore della giovinezza da un male senza scampo: quanti andavano a farle visita, ricevevano da lei luce e fiducia! Tuttavia, nella malattia, abbiamo tutti bisogno di calore umano: per confortare una persona malata, più che le parole, conta la vicinanza serena e sincera» (Benedetto XVI, Angelus, 5 Febbraio 2012).
Santo del giorno: 13 Marzo – San Rodrigo di Cordova, Sacerdote e martire: “Fu prete a Cordova, nell’Andalusia, un territorio allora sotto il dominio arabo. Uno dei suoi fratelli era rimasto cristiano e l’altro invece si era fatto musulmano. Rodrigo viene ucciso da musulmani, ma non si tratta in questo caso di persecuzione. È vittima, infatti, di risse familiari, fraterne. Tenta di mettere pace tra i due fratelli di fede diversa, ma senza riuscirvi. Un giorno per separarli Rodrigo viene picchiato, rimanendo privo di sensi. A quel punto il fratello musulmano lo porta via e, all’insaputa di Rodrigo, dice alla gente che, gravemente malato, si è fatto anche lui musulmano. Rodrigo, però, si ripresenta vestito da prete: è lo stesso fratello a portarlo davanti a un giudice musulmano, accusarlo di apostasia e farlo condannare a morte” (Avvenire).
Preghiamo: Dio fedele e misericordioso, in questo tempo di penitenza e di preghiera disponi i tuoi figli a vivere degnamente il mistero pasquale e a recare ai fratelli il lieto annunzio della tua salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…