8 Marzo 2018 – Giovedì, III di Quaresima – (Ger 7,23-28; Sal 94[95]; Lc 11,14-23) – I Lettura: La liturgia ci offre un testo in cui Dio invita all’ascolto della sua voce. La conclusione del brano è come una lancia conficcata nel cuore di Dio: “La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca”. Salmo: “Il salmo invita alla gioia comune, al grido di vittoria e alla proclamazione trionfale. Poi esorta ad adorare il Cristo e a prostrarsi davanti a lui” (Origene). Vangelo: Gesù è accusato dai suoi avversari di operare prodigi in nome di satana. Non comprendono purtroppo che fra bene e male esiste una netta distinzione cosicché se Gesù opera chiaramente per il bene degli uomini in lui non può esserci ombra di male.
Chi non è con me è contro di me – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».
Riflessione: Se nella prima Lettura, per mezzo del profeta Geremìa, il Signore annuncia il mutismo del popolo di Israele («li chiamerai, ma non ti risponderanno… La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca»), nel Vangelo troviamo la possibilità di aprire la bocca ma per pronunciare stoltezze, causando malumori, divisioni e persino scandalo! È utile, dunque, oggi cercare di attualizzare questa Parola interrogandoci sull’uso della nostra lingua: rimaniamo muti, come il demonio, per non comprometterci e per non dare gloria a Dio (la testimonianza in famiglia, nei luoghi di lavoro, ecc…), apriamo la lingua spesso per ferire, per ingiuriare, per colpire. San Lorenzo da Brindisi era solito dire: “La lingua cattiva è la spada di Satana!”. Il frutto più velenoso che nasce da una lingua stolta e maldicente è il giudizio temerario, che sfocia nella calunnia, nella delazione e in tanti altri mali che, al dire di san Bernardo, sono tra le armi più micidiali: “La lingua del maldicente è una triplice spada; perché uccide tre persone in un sol colpo: colui che calunnia, colui che ascolta e colui che viene calunniato” (Sermones, I – domenica di Pentecoste). Fanno presto, questi uomini di cui parla il Vangelo, a tramutare il loro stupore in accusa, la meraviglia in maldicenza, emettendo una sentenza inaspettata, senza fondamento, gratuita e infamante: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Il Catechismo della Chiesa Cattolica così afferma: “Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno (cfr. CCC 220). Si rende colpevole: di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo; di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano; (cfr. Sir 21,28); di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a erronei giudizi sul loro conto” (n. 2477). Ricordo un cartello dove c’era scritto: “Prima di azionare la lingua accertarsi che il cervello sia inserito!”, ma oltre la testa assicuriamoci che sia presente e attivo anche il cuore
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? – Giovanni Paolo II (Omelia, 26 Marzo 1981): Cristo conferma l’esistenza dello spirito maligno e del suo regno, che si lascia guidare con un proprio programma. Questo programma esige una stretta logica dell’azione, una logica tale che il “regno del male” possa reggere. Anzi, che possa svilupparsi negli uomini ai quali è indirizzata. Satana non può agire contro il proprio programma, non può lo spirito maligno cacciare lo spirito maligno. Così dice Cristo. E lascia agli ascoltatori tirare le conclusioni definitive, concludendo con questa frase: “Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il Regno di Dio”. La controversia sul regno di Dio terminò il Venerdì Santo. La Domenica della Risurrezione venne confermata la verità delle parole di Cristo, la verità che è giunto a noi il Regno di Dio, la verità di tutta la sua missione messianica. La lotta tra il regno del male, dello spirito maligno, e il Regno di Dio tuttavia non è cessata, non è finita. È entrata soltanto in una tappa nuova, anzi nella tappa definitiva. In questa tappa la lotta perdura nelle generazioni sempre nuove della storia umana. Dobbiamo forse appositamente dimostrare che questa lotta perdura anche ai nostri tempi? Sì. Perdura certamente. Anzi si sviluppa a misura della storia dell’u-manità nei singoli popoli e nazioni. Essa perdura anche in ognuno di noi. E seguendo questa storia, compresa la nostra contemporaneità, possiamo anche definire in che modo il regno dello spirito maligno non è diviso, ma per diverse vie cerca un’unità d’azione nel mondo, cerca di produrre i suoi effetti sull’uomo, sugli ambienti, sulle famiglie, sulle società. Come all’inizio, così anche adesso gioca il suo programma sulla libertà dell’uomo… sulla sua libertà apparentemente illimitata.
Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola – Giovanni Paolo II (Omelia, 26 Marzo 1987): Il profeta Geremia ne parla oggi con parole molto severe: “Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; anzi procedettero secondo l’ostinazione del loro cuore malvagio” (Ger 7,24). Il profeta, che vive, come si sa, molto più tardi, abbraccia in retrospettiva tutta la storia del suo popolo, quando scrive: “… da quando i loro padri uscirono dal paese d’Egitto fino ad oggi. Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti… sempre; eppure essi… non prestarono orecchio… Divennero peggiori dei loro padri” (Ger 7,25-26). Così il profeta Geremia. E il salmista ricorda questo luogo, ancora durante la peregrinazione del deserto, dove gli antenati “tentarono” il loro Dio. Ed esclama: “Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore, / come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, / dove mi tentarono i vostri padri: / mi misero alla prova, / pur avendo visto le mie opere” (Sal 94/95,8-9). Quanto sono significative queste parole! L’uomo può “mettere alla prova” Dio! Può “tentarlo”. Si, può provocarlo con il suo comportamento, con la sua infedeltà, con il suo peccato. Però questo è il Dio dell’alleanza. Il Dio che non solo ha chiamato all’esistenza, non solo ha creato l’uomo libero – ma: ha scelto l’uomo. Per questo “si espone” in un certo senso, per tutto ciò che da parte dell’uomo è contrario alla sua volontà. Alla sua volontà salvifica. Al suo amore. L’Antico Testamento non esita a parlare di un Dio “geloso”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Ma se arriva uno più forte di lui… – «Con questa parabola Gesù sembra voler dire a coloro che lo tentano: “Se questo principe, sinora forte della debolezza del peccato degli uomini nati nel peccato, ha posseduto i suoi in una rassegnazione e in una sottomissione quieta, ed Io, concepito, nato e vivente senza peccato, e quindi più forte di questo demone e dell’uomo, sono intervenuto, ho legato l’oppressore, l’ho sottomesso alla mia potenza, ho liberato la preda, e non solamente l’ho spogliato delle armi, ma ho fatto sì che lui stesso, secondo le vostre parole, cacciasse, al mio comando, i suoi, perché dunque voi, più ostinati dei demòni, cercate di resistermi?”» (Isacco della Stella)
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle – Dominum et Vivificantem 47: L’azione dello Spirito di verità, che tende al salvifico “convincere quanto al peccato”, incontra nell’uomo che si trova in tale condizione una resistenza interiore, quasi un’impermeabilità della coscienza, uno stato d’animo che si direbbe consolidato in ragione di una libera scelta: è ciò che la Sacra Scrittura di solito chiama “durezza di cuore” (cfr. Sal 81[80],13; Ger 7,24; Mc 3,5). Nella nostra epoca a questo atteggiamento di mente e di cuore corrisponde forse la perdita del senso del peccato, alla quale dedica molte pagine l’Esortazione Apostolica “Reconciliatio et Paenitentia”. Già il Papa Pio XII aveva affermato che “il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato”, e tale perdita va di pari passo con la “perdita del senso di Dio”. Nell’esortazione citata leggiamo: “In realtà, Dio è la radice e il fine supremo dell’uomo, e questi porta in sé un germe divino. Perciò, la realtà di Dio che svela e illumina il mistero dell’uomo. È vano, quindi, sperare che prenda consistenza un senso del peccato nei confronti dell’uomo e dei valori umani, se manca il senso dell’offesa commessa contro Dio, cioè il senso vero del peccato”. La Chiesa, perciò, non cessa di implorare da Dio la grazia che non venga meno la rettitudine nelle coscienze umane, che non si attenui la loro sana sensibilità dinanzi al bene e al male. Questa rettitudine e sensibilità sono profondamente legate all’intima azione dello Spirito di verità. In questa luce acquistano particolare eloquenza le esortazioni dell’A-postolo: “Non spegnete lo Spirito”; “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo” (1Ts 5,19; Ef 4,30). Soprattutto, però, la Chiesa non cessa di implorare con sommo fervore che non aumenti nel mondo quel peccato chiamato dal Vangelo “bestemmia contro lo Spirito Santo”; che esso, anzi, retroceda nelle anime degli uomini – e per riflesso negli stessi ambienti e nelle varie forme della società -, cedendo il posto all’apertura delle coscienze, necessaria per l’azione salvifica dello Spirito Santo. La Chiesa implora che il pericoloso peccato contro lo Spirito lasci il posto ad una santa disponibilità ad accettare la sua missione.
Santo del giorno: 8 Marzo – San Giovanni di Dio, Religioso: Nato a Montemoro-Novo, poco lontano da Lisbona, nel 1495, Giovanni di Dio – allora Giovanni Ciudad – trasferitosi in Spagna, vive una vita di avventure, passando dalla pericolosa carriera militare alla vendita di libri. Ricoverato nell’ospedale di Granada per presunti disturbi mentali legati alle manifestazioni “eccessive” di fede, incontra la drammatica realtà dei malati, abbandonati a se stessi ed emarginati e decide così di consacrare la sua vita al servizio degli infermi. Fonda il suo primo ospedale a Granada nel 1539. Muore l’8 marzo del 1550. Nel 1630 viene dichiarato Beato da Papa Urbano VII, nel 1690 è canonizzato da Papa Alessandro VIII. Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 viene proclamato Patrono degli ammalati, degli ospedali, degli infermieri e delle loro associazioni e, infine, patrono di Granada.
Preghiamo: Dio grande e misericordioso, quanto più si avvicina la festa della nostra redenzione, tanto più cresca in noi il fervore per celebrare santamente la Pasqua del tuo Figlio. Egli è Dio e vive e regna con te…