febbraio, meditazioni

2 Marzo 2018

2 Marzo 2018 – Venerdì, II di Quaresima – (Gen 37,3-4.12-13.17b-28; Sal 104[105]; Mt 21,33-43.45-46) – I Lettura: La vicen-da di Giuseppe venduto dai fratelli apre una delle più belle pagine della Sacra Scrittura. L’invidia e la gelosia genera-no sempre il male verso il prossimo, ma chi confida nel Signore non teme alcuna sventura perche sa che Dio sa trarre dal male ogni sorta di bene. Sarà infatti proprio Giuseppe a salvare i suoi fratelli in difficoltà dopo averli perdonati del male ricevuto. Salmo: “Giuseppe fu riservato per distribuire il frumento, ma anche, come dice il salmo, per distribui-re l’insegnamento” (Eusebio). Vangelo: La parabola riassume la storia di Israele, vigna del Signore. Gesù si rivolge ai capi dei sacerdoti, agli anziani e per mezzo di questo racconto, chiarisce le loro perplessità. Innanzitutto rivela l’origine della sua autorità: lui è il figlio, l’erede; denuncia l’abuso dell’autorità dei vignaiuoli, cioè, dei sacerdoti e degli an-ziani che non si occupavano del popolo di Dio; difende l’autorità dei profeti, mandati da Dio, ma massacrati dai sacer-doti e dagli anziani. La sentenza che ne deriva è di condanna verso i vignaiuoli, condanna lanciata dagli stessi sacerdoti e anziani, ignari che la parabola parlasse di loro. Costui è l’erede. Su uccidiamolo! –

Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Riflessione: «Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!». Che cosa è il peccato? È la scelta di fare secondo la nostra volontà, per perseguire i nostri progetti e realizzare le nostre aspirazioni! Se andiamo al Catechismo della Chiesa Cattolica, troviamo questa definizione: “Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana. È stato definito una parola, un atto o un deside-rio contrari alla legge eterna. Il peccato è un’offesa a Dio: «Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto» (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare «come Dio» (Gen 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è amore di sé fino al disprezzo di Dio (Sant’Agostino). Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all’obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza (cfr. Fil 2,6-9). È proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il pecca-to manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità: incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo, vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia, proprio nell’ora delle tenebre e del Principe di questo mondo, (cfr. Gv 14,30) il sacrificio di Cristo diventa segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei nostri peccati” (nn. 1849-1851). Soffermandoci sulla malizia e la perversità dei vignaioli (nel peccato ver-so Dio) o dei fratelli di Giuseppe (nel peccato verso il prossimo) possiamo attualizzare nella nostra vita, cercando di cogliere in noi tutti quei sentimenti di invidia, di divisione, di disprezzo, quegli atteggiamenti di desiderio di autono-mia che è libertinismo, quel volerci impossessare di ciò che non ci appartiene, primo tra tutti la nostra stessa vita, che è di Dio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La pietra che i costruttori hanno scartato… – Benedetto XVI (Angelus, 2 Ottobre 2011): (Cristo) è “la pietra che i costruttori hanno scartato” (cfr. Mt 21,42), perché l’hanno giudicato nemico della legge e pericoloso per l’ordine pubblico; ma Lui stesso, rifiutato e crocifisso, è risorto, diven-tando la “pietra d’angolo” su cui possono poggiare con assoluta sicurezza le fondamenta di ogni esistenza umana e del mondo intero. Di tale verità parla la parabola dei vignaioli infedeli, ai quali un uomo ha affidato la propria vigna, perché la coltivino e ne raccolgano i frutti. Il proprietario della vigna rappresenta Dio stesso, mentre la vigna simboleggia il suo popolo, come pure la vita che Egli ci dona affinché, con la sua grazia e il nostro impegno, operiamo il bene. Sant’Agostino commenta che “Dio ci coltiva come un campo per renderci migliori” (Sermo 87,1,2: PL 38,531). Dio ha un progetto per i suoi amici, ma purtroppo la risposta dell’uomo è spesso orientata all’infedeltà, che si traduce in rifiuto. L’orgoglio e l’egoismo impediscono di riconoscere e di accogliere persino il dono più prezioso di Dio: il suo Fi-glio unigenito. Quando, infatti, “mandò loro il proprio figlio – scrive l’evangelista Matteo – … (i vignaioli) lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero” (Mt 21,37.39). Dio consegna se stesso nelle nostre mani, accetta di farsi mi-stero insondabile di debolezza e manifesta la sua onnipotenza nella fedeltà ad un disegno d’amore che, alla fine, prevede però anche la giusta punizione per i malvagi (cfr. Mt 21,41). Saldamente ancorati nella fede alla pietra ango-lare che è Cristo, rimaniamo in Lui come il tralcio che non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite. Solamente in Lui, per Lui e con Lui si edifica la Chiesa, popolo della nuova Alleanza.

Chi sono questi “costruttori” che hanno scartato la “pietra angolare”? – Giovanni Paolo II (Omelia, 7 Ottobre 1984): Paolo di Tarso va ad annunziare Gesù Cristo ai romani. Gesù di Nazaret è la pietra “che i costruttori hanno scartata”; essa però “è diventata testata d’angolo”: la pietra angolare. “Dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli oc-chi nostri” (Mt 21,42). Chi sono questi “costruttori” che hanno scartato la “pietra angolare”? Quei giudei che non hanno voluto credere in Gesù. Paolo, allora, va a cercare, nei pagani – cioè presso i romani – altri “costruttori”, che abbiano il buon senso di costruire sul terreno solido, cioè su Cristo. Egli aveva compreso bene il significato delle pro-fezie e delle parabole del Maestro, le quali appunto annunciavano questa svolta, drammatica ed esaltante al tempo stesso, nella storia della salvezza. Paolo va quindi sereno verso questi popoli sconosciuti, con una fiducia sopranna-turale che gli viene dall’aver creduto nella parola del Signore. E, sia pure tra varie difficoltà, il successo non mancherà. Anche i pagani cominceranno ad ascoltare il messaggio della salvezza. La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Il vigneto fu piantato quando fu data la Legge nei cuori… Furono mandati i Profeti a chiedere i frutti… ma furono oltraggiati e uccisi. Fu mandato anche il Cristo, il Figlio unico del Padre di famiglia, ma uccisero anche Lui, cioè lo stesso erede, e perciò persero l’eredità. Il loro piano criminoso si rivolse contro di loro. Uccisero per possedere, ma, poiché uccisero, persero il possesso» (Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Israele ha tradito il suo padrone (Is 1,3), popolo dalla dura cervice non ha saputo cogliere il tempo della salvezza, è stato infedele, e il testimone è passato a un nuovo popolo, alla Chiesa di Gesù ma anche alla Chiesa di Gesù viene esatta la fedeltà, se necessario fino al martirio. È inimmaginabile che la Chiesa, la cui vocazione è quella di essere in questo mondo il sacramento della salvezza, il segno e lo strumento della comunione di Dio e degli uomini (CCC 780), tradisca il suo Fondatore, sia ingrata o sia incapace di produrre quei frutti che il divino Agricoltore esige affinché il suo regno sia sempre più dilatato, finché alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento (CCC 782). Ma perché non si resti in una riflessione astratta, è bene ricordare che la parola Chiesa indica la comunità dell’universalità dei credenti. «Nel linguaggio cristiano, il termine “Chiesa” designa l’assemblea liturgica, ma anche la comunità locale o tutta la comunità universale dei credenti. Di fatto questi tre significati sono inseparabili. La “Chiesa” è il popolo che Dio raduna nel mondo intero. Essa esiste nelle comunità locali e si realizza come assemblea liturgica, soprattutto eucaristica. Essa vive della Parola e del Corpo di Cristo, divenendo così essa stessa Corpo di Cristo» (CCC 752). Quindi è una fedeltà che interpella tutto il popolo di Dio e in particolare ciascuno di Dio. Una fedeltà esatta senza mezzi termini dal padrone della vigna e la parabola dei contadini omicidi (Mt 21,22-43) lo esplicita in modo chiaro. Non «basta un’adesione intellettuale al Vangelo, ma bisogna “far frutti” per non essere esclusi dal regno come i capi giudei… L’evangelista attualizza la parabola in senso parenetico, rivolgendo un severo monito ai cristiani delle sue comunità, che potevano ripetere l’errore degli ebrei, staccandosi da Cristo» (A. Poppi). Un giorno, se infedeli, quando ci capiterà di bussare alla porta del Regno di Dio e incominceremo a dire «Signore, signore, apri-ci!», Lui, il padrone della vigna, risponderà: «In verità io vi dico: non vi conosco» (Mt 25,12). E non servirà protestare, quella porta resterà chiusa per sempre.

Santo del giorno: 2 Marzo – Santa Angela de la Cruz (María de los Ángeles Guerrero González), Fondatrice: «“Farsi povero con il povero per portarlo a Cristo” era il motto di santa Angela de la Cruz e della congregazione da lei fonda-ta, le Sorelle della Compagnia della Croce. Nata a Siviglia nel 1846 come Maria de los Angeles Guerrero Gonzales, a 12 anni iniziò a lavorare in un calzaturificio per aiutare la famiglia. Passava molto tempo in preghiera e un giorno, durante le orazioni, vide Cristo in croce e un’altra croce vuota. Capì che era la sua. Cercò allora di seguire la vocazione entrando nella Carmelitane. Ma abbandonò presto per ragioni di salute. Tornata a casa, iniziò un diario, nel quale co-minciò ad abbozzare la fisionomia della nuova congregazione dedita alla carità, soprattutto verso gli infermi. Essa nacque nel 1875 e venne approvata dalla Santa Sede nel 1904. La “madre dei poveri”, così Madre Angela era nota a Siviglia, si spense a 86 anni, il 2 marzo 1932. Giovanni Paolo II l’ha beatificata a Siviglia nel 1982 e canonizzata a Ma-drid nel 2003» (Avvenire).

Preghiamo: Dio onnipotente e misericordioso, concedi ai tuoi fedeli di essere intimamente purificati dall’impegno penitenziale della Quaresima, per giungere con spirito nuovo alle prossime feste di Pasqua. Per il nostro Signore…

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