febbraio, meditazioni

1 Marzo 2018

1 Marzo 2018 – Giovedì, II di Quaresima – (Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31) – I Lettura: Il profeta Geremìa parla della benedizione dell’uomo che confida nel Signore opponendola alla maledizione di chi si fida solo dell’umano e si allontana dalla via del Signore. “Confidare nel Signore”, infatti, fa sì che l’uomo trovi in Dio la fonte di quell’acqua fresca e permanente che gli permette di “portare frutti” in qualsiasi stagione della vita. Salmo: “Ogni uomo desidera la beatitudine; ecco perché questo primo salmo descrive chi è veramente beato. Il primo beato è il Salvatore. Questo salmo parla di lui, di lui che è lo sposo della Chiesa; la sfumatura sposo resa, in ebraico, dall’articolo” (Eusebio). Vangelo: Nel Vangelo di oggi Gesù apre uno squarcio sulle realtà ultraterrene e illustra con la figura del povero Lazzaro e del ricco epulone la sorte che spetterà all’uomo dopo la morte sulla base delle sue azioni. Tale sorte è confermata per l’eternità ma l’incredulità del popolo, ostinato a seguire il proprio cuore, è lontano da certe verità e non riesce a credere alle parole dei profeti.

Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Riflessione: Cercare di attualizzare la parabola del Vangelo che oggi la liturgia ci propone potrebbe sembrare cosa facile e immediata: il ricco viene condannato e il povero consolato. Ma lungi dal cadere nella trappola di far diventare un testo di salvezza in un manifesto sociale o peggio ancora politico (cosa purtroppo frequente lungo i secoli) dobbiamo andare alla vera motivazione della condanna del ricco: non viene condannato per un’azione specifica ;non viene condannato per chissà quali pensieri, né per aver pronunciato parole insipienti o offensive verso qualcuno. Cosa ha fatto costui e soprattutto cosa devo evitare di fare io per non incorrere nella medesima terribile ed eterna condanna? Il terribile peccato di quest’uomo, tanto grande da portarlo alla condanna all’inferno eterno, è stata l’indifferenza al prossimo! Qualcuno dirà: ma all’inferno non vanno forse i bestemmiatori o chi non frequenta i Sacramenti, chi non va in chiesa o chi ha rubato, chi non confessa il proprio peccato, chi non si pente? Ma soffermiamoci su tutte queste azioni o anche su altre che possono personalmente venirci in mente: qual è la radice comune a tutti questi terribili peccati sociali, morali o religiosi? Alla base di questi delitti non è forse l’indifferenza? Indifferenza verso Dio o il prossimo, indifferenza che nasce dal non interessarmi del bene del prossimo. Chi vuole il bene del prossimo si metterà in ascolto del prossimo, in ascolto dei suoi bisogni, dei suoi desideri, delle sue aspettative, della sua realizzazione e si metterà a servizio del prossimo per aiutarlo a raggiungere la felicità. Questo è quello che ha fatto Dio per noi! Questo è il senso più bello e profondo della storia della Salvezza: Dio che ci ama, ci ascolta e si mette a servizio della nostra gioia. Essere chiusi e sordi è il peggior peccato possibile!

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Dobbiamo quindi tenere fissa negli occhi l’immagine della miseria sconvolgente… – Giovanni Paolo II (Messaggio per la Quaresima, 1991): In questo tempo di Quaresima, è bene riflettere sulla parabola del ricco epulone e di Lazzaro. Tutti gli uomini sono chiamati a partecipare al banchetto dei beni della vita, eppure tanti giacciono ancora fuori la porta, come Lazzaro, mentre «i cani vengono a leccarne le piaghe» (Lc 16,21). Se ignorassimo l’innumerevole moltitudine di persone umane che non solo sono prive dello stretto necessario per vivere (cibo, casa, assistenza medica), ma non hanno neppure la speranza di un futuro migliore, diventeremmo come il ricco epulone che finge di non vedere il mendicante Lazzaro (cfr. Lc 16,19-31). Dobbiamo quindi tenere fissa negli occhi l’immagine della miseria sconvolgente, che affligge tante parti del mondo; e pertanto, con questa intenzione, ripeto l’appello che – in nome di Gesù Cristo e a nome dell’intera umanità – ho rivolto a tutti gli uomini…: «In che modo la storia giudicherà una generazione che, avendo tutti i mezzi per nutrire (quelle popolazioni) del pianeta, con indifferenza fratricida si è rifiutata di farlo?… Come non può essere deserto un mondo, in cui la povertà non incontra un amore capace di dare la vita?» (cfr. L’Osservatore Romano, 31 Gennaio 1990).

Rispetto della persona umana – Gaudium et Spes 27: Scendendo a conseguenze pratiche di maggiore urgenza, il Concilio inculca il rispetto verso l’uomo: ciascuno consideri il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro «se stesso», tenendo conto della sua esistenza e dei mezzi necessari per viverla degnamente, per non imitare quel ricco che non ebbe nessuna cura del povero Lazzaro. Soprattutto oggi urge l’obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un’unione illegittima, che patisce immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o affamato che richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: «Quanto avete fatto ad uno di questi minimi miei fratelli…» (Mt 25,40). Inoltre tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose. Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l’onore del Creatore.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «“Morì poi il mendicante e fu portato dagli angeli tra le braccia di Abramo. Morì anche il ricco e fu gettato nell’inferno” [Lc 16,22]. Così proprio quel ricco, che in questa vita non volle aver compassione del povero, ora, condannato, ne cerca l’aiuto. Viene aggiunto, infatti: “Padre Abramo, abbi pietà di me. Di’ a Lazzaro che metta il suo dito nell’acqua e ne faccia cadere una goccia sulla mia bocca, perché io brucio in questa fiamma” [Lc 16,23-24]. Oh, quant’è sottile il giudizio di Dio! E quant’è misurata la distribuzione dei premi e delle pene! Lazzaro avrebbe voluto le briciole che cadevano dalla mensa del ricco, e nessuno gliele dava; ora il ricco, nel supplizio, vorrebbe che Lazzaro facesse cadere dal dito una goccia d’acqua sulla sua bocca. Vedete, vedete, allora, fratelli, quanto sia stretta la giustizia di Dio. Il ricco non volle dare al povero piagato la più piccola porzione della sua mensa, e nell’inferno è ridotto a chiedere la più piccola delle cose. Negò le briciole e chiede una goccia d’acqua… Ma voi, fratelli, conoscendo la felicità di Lazzaro e la pena del ricco, datevi da fare, cercate degli intermediari e fate in modo che i poveri siano vostri avvocati nel giorno del giudizio. Avete ora molti Lazzari; stanno innanzi alla vostra porta e hanno bisogno di ciò che ogni giorno, dopo che voi vi siete saziati, cade dalla vostra mensa. Le parole del libro sacro ci devono disporre ad osservare i precetti della pietà. Se lo cerchiamo, ogni giorno troviamo un Lazzaro; ogni giorno, anche senza cercarlo, vediamo un Lazzaro» (Gregorio Magno).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Non bisogna fare l’apologia della povertà – Il tema del racconto evangelico è il fascino delle ricchezze che corrompono il cuore: bisogna imparare a trattarle con estrema cautela perché «chi ama il denaro non è mai sazio di denaro e chi ama la ricchezza non ha mai entrate sufficienti» (Qo 5,9). Invece di perdere il tempo in banchetti e bagordi, è urgente che l’uomo utilizzi il tempo che gli è dato per convertirsi. Un buon funerale è assicurato a tutti, ma quello che conta è il dopo. Il «tragico è: chi ha il cuore appesantito dai beni terreni, sedotto dai piaceri di questo mondo, reso sordo dalle mille voci seducenti che lo allettano non può percepire e recepire l’invito alla conversione» (C. Ghidelli). Da qui la necessità e l’urgenza di farsi poveri per il regno dei Cieli (cfr. Lc 6,20-26). Ma non bisogna fare l’apologia della povertà. La parabola non va considerata come consolazione alienante per i poveri di questo mondo. La religione non è l’oppio che addormenta e tiene buoni i miseri. Lazzaro non scelse la povertà, ma seppe accettare il suo stato miserevole trasformandolo in una corsia privilegiata che lo portò nel seno di Abramo. Qui c’è un’altra lezione: è la stessa esistenza quotidiana a fornire all’uomo «la palestra di addestramento nella virtù, a imporgli rinunce e privazioni di ogni genere, a esercitarlo nella pazienza, nell’umiltà e nella ubbidienza» (A. M. Canopi). È la grande lezione che insegna ad accontentarsi di quello che si ha (cfr. Pro 30,7-9; 1Tm 6,8) condividendolo gioiosamente con i poveri; di saper attendere con fiducia la ricompensa che viene unicamente da Dio, quasi sempre solo dopo questa vita; di saper gioire anche nelle prove: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri» (Gc 1,2-4). Tutta qui la «morale» della parabola.

Santo del giorno: 1 Marzo – Sant’Albino di Angers, Vescovo: “Nato intorno al 470 da una famiglia nobile, Albino fu monaco e quindi abate per venticinque anni a Nantilly, nei pressi di Saumur. Nel 529 fu eletto per acclamazione popolare vescovo di Angers. Fu uno dei principali promotori del terzo Concilio di Orleans, che riformò la Chiesa dei Franchi con grande fermezza. È ricordato come difensore dei poveri e dei prigionieri. Inoltre richiamò i signori merovingi al rispetto del vincolo matrimoniale. Morì il 1 marzo 550” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che ami l’innocenza, e la ridoni a chi l’ha perduta, volgi verso di te i nostri cuori e donaci il fervore del tuo Spirito, perché possiamo esser saldi nella fede e operosi nella carità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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