febbraio, meditazioni

28 Febbraio 2018

28 Febbraio 2018 – Mercoledì, II di Quaresima – (Ger 18,18-20; Sal 30[31]; Mt 20,17-28) – I Lettura: Il profeta Geremìa è un profeta scomodo, il suo ministero si protrasse negli anni 627 a.C. fino al 587 a.C., anni che prepararono la conquista di Giuda da parte di Nabucodònosor e la deportazione del popolo. Geremìa non solo denunciò con coraggio il peccato di re, profeti e sacerdoti, ma ne cercò anche la causa, trovandone la radice nel “cuore perverso”. Salmo: “Allora il nuovo Adamo si addormentò; e addormentandosi disse: Padre, nelle tue mani affido il mio spirito (Lc 23,46). […] Poiché ha consegnato il suo spirito, ha acquistato lo Spirito Santo Paraclito per tutti i figli che ha rigenerato” (Ruperto Di Deutz). Vangelo: La passione di Gesù non è un incidente di percorso: il mondo non riesce e non vuole accogliere il messaggio evangelico, solo il sacrificio sulla croce permetterà ai credenti di raggiungere la salvezza. Chi segue Cristo, non può attendersi onori e favori, ma solo la gioia di condividere la sua passione in questo mondo.

Lo condanneranno a morte – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Riflessione: «Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti!». L’esame di coscienza porta alla conversione; la conversione porta al desiderio di vivere con gli stessi sentimenti di Cristo; e Cristo ci insegna con le parole e l’esempio, che non c’è altra via per vincere e regnare che quella del mettersi a servizio della gioia degli altri, perché questa gioia si espanda e raggiunga ogni uomo, perché si crei un popolo santo, reso un sol corpo dal medesimo Spirito, dono del Redentore risorto. Cristo si è fatto il servo di tutti: per questo gli è stato dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, in Cielo, in terra e sotto terra (cfr. Fil 2,5-11). Essere cristiani significa mettersi al servizio, rinnegando se stessi, abbracciando la Croce e seguendolo sulla via dell’umiltà, dell’obbedienza e del servizio, con la convinzione di dovervi spendere tutte le proprie forze, fino al sacrificio totale. Concludiamo questo mese facendo nostra la preghiera di un grande santo contemporaneo: “Mio Dio, fa’ ch’io mi consideri sempre come il servo di tutti, servo delle anime e servo dei corpi per fare il maggior bene possibile alle une e agli altri, servo nell’obbedire ogni volta che potrò farlo, servo nel prendere l’ultimo posto… Servo nel non farmi servire ma nel servire sia me stesso che gli altri, la qual cosa si può fare sempre, qualunque funzione si svolga, come hai dimostrato tu stesso, che pur essendo Dio, maestro e Signore, hai saputo stare in mezzo agli Apostoli come colui che serve… Fa’ che anch’io dia la mia anima, come tu la tua e insieme a te, in redenzione di molti… per mezzo della preghiera, della penitenza, dell’esempio, della comunione dei Santi…; se ti è gradito per mezzo del martirio, per mezzo di tutti i sacrifici che ti piacerà impormi, in tutti i momenti della mia vita che offro a te per la tua maggior gloria… O mio Dio, io sono il tuo servo e il tuo schiavo: fare la tua volontà è il mio cibo. Fai di me tutto ciò che a te piacerà, per la tua gloria, per la consolazione del tuo cuore… per la redenzione di molti” (Charles De Foucauld).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù non è venuto per essere servito, ma per servire – Lumen Gentium 32: La distinzione… posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio comporta in sé unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra di loro da una comunità di rapporto: che i pastori della Chiesa sull’esempio di Cristo sono a servizio gli uni degli altri e a servizio degli altri fedeli, e questi a loro volta prestano volenterosi la loro collaborazione ai pastori e ai maestri. Così, nella diversità stessa, tutti danno testimonianza della mirabile unità nel corpo di Cristo: poiché la stessa diversità di grazie, di ministeri e di operazioni raccoglie in un tutto i figli di Dio, dato che «tutte queste cose opera… un unico e medesimo Spirito» (1Cor 12,11). I laici quindi, come per benevolenza divina hanno per fratello Cristo, il quale, pur essendo Signore di tutte le cose, non è venuto per essere servito, ma per servire (cfr. Mt 20,28), così anche hanno per fratelli coloro che, posti nel sacro ministero, insegnando e santificando e reggendo per autorità di Cristo, svolgono presso la famiglia di Dio l’ufficio di pastori, in modo che sia da tutti adempito il nuovo precetto della carità. A questo proposito dice molto bene sant’Agostino: «Se mi spaventa l’essere per voi, mi rassicura l’essere con voi. Perché per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome di ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di salvezza».

Servi – CCC 2235: Coloro che sono rivestiti d’autorità, la devono esercitare come un servizio. «Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo» (Mt 20,26). L’esercizio di un’autorità è moralmente delimitato dalla sua origine divina, dalla sua natura ragionevole e dal suo oggetto specifico. Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale.

Gesù è venuto per servire – CCC 440: Gesù ha accettato la professione di fede di Pietro che lo riconosceva quale Messia, annunziando la passione ormai vicina del Figlio dell’uomo. Egli ha così svelato il contenuto autentico della sua regalità messianica, nell’identità trascendente del Figlio dell’uomo «che è disceso dal cielo» (Gv 3,13), come pure nella sua missione redentrice quale Servo sofferente: «Il Figlio dell’uomo […] non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Per questo il vero senso della sua regalità si manifesta soltanto dall’alto della croce. Solo dopo la risurrezione, la sua regalità messianica potrà essere proclamata da Pietro davanti al popolo di Dio: «Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!» (At 2,36).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “La Passione di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è una testimonianza di gloria e un insegnamento di pazienza e di rassegnazione. Che cosa non può aspettarsi dalla grazia divina il cuore dei credenti, per i quali il Figlio unico e coeterno del Padre non solo si è accontentato di nascere uomo fra gli uomini, ma ha anche voluto morire per mano degli uomini da lui stesso creati? Grandi sono le promesse del Signore. Ma ciò che ha compiuto per noi e il cui ricordo rinnoviamo continuamente, è assai più grande ancora. Donde erano e chi erano quegli empi per i quali Cristo è morto? Ha loro offerto la sua morte: chi mai potrebbe dubitare che darà ai giusti la sua vita? Perché la debolezza umana esita a credere che verrà un giorno in cui gli uomini vivranno con Dio? Ciò che è già avvenuto è di gran lunga più incredibile: Dio è morto per gli uomini. Chi è Cristo, se non ciò che la sacra Scrittura dice: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1,1)? Questo Verbo di Dio si è fatto carne e abitò tra noi (Gv 1,14). Egli non avrebbe avuto in sé alcunché di mortale, se non avesse preso da noi una carne mortale. Così l’immortale poté morire; così egli volle donare la sua vita ai mortali. In seguito farà partecipare della sua vita coloro la cui condizione ha in un primo tempo condivisa. Alla nostra sola essenza di uomini non apparteneva la possibilità di vivere, come alla sua non apparteneva quella di morire. Fece dunque con noi questo scambio mirabile: prese da noi ciò per cui è morto, mentre noi prendiamo da lui ciò per cui vivremo…” (Sant’Agostino). 

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Hanno scavato per me una fossa – Perché il dolore, la sofferenza…? – Solo se immerso nella luce della Risurrezione del Cristo, l’uomo può comprendere il fine della sua vita, l’origine e il fine della sofferenza, il significato della morte. Innanzi tutto, i sofferenti sono immagine di Cristo: «Cristo è stato inviato dal Padre “a portare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore ferito” [Lc 4,18], “a cercare e salvare ciò che era perduto” [Lc 9,10]; similmente la Chiesa circonda di amore quanti sono afflitti da infermità umana, anzi nei poveri e nei sofferenti riconosce l’immagine del suo fondatore povero e sofferente. Si premura di sollevarne la miseria, e in loro intende servire Cristo» (LG 8). Proprio perché la sofferenza conforma l’uomo a Cristo, il credente può visualizzare nei sofferenti il volto dell’Uomo dei dolori. Una conformità che dà un immenso valore al dolore e alla sofferenza quando esse sono accettati per Cristo, con Cristo e a favore del suo Corpo che è la Chiesa (cfr. Col 1,24). «Ricordino tutti che, con il culto pubblico e l’orazione, con la penitenza e la spontanea accettazione delle fatiche e delle pene della vita, con cui si conformano a Cristo sofferente (cfr. 2Cor 4,10; Col 1,24), essi possono raggiungere tutti gli uomini e contribuire alla salvezza di tutto il mondo» (AA 17). E l’apostolato della sofferenza è ben ripagato, così come ci ricorda san Paolo: «le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rm 8,18). Tale insegnamento si è sempre prolungato nel mirabile magistero della Chiesa: «Convinti che “le sofferenze del tempo presente non sono adeguate alla gloria futura che si manifesterà in noi” [Rm 8,18], forti nella fede, aspettiamo “la beata speranza e l’avvento glorioso del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” [Tt 2,13], “che trasformerà il nostro misero corpo, per conformarlo al suo corpo glorioso” [Fil 3,21]; egli verrà “per essere glorificato nei suoi santi e ammirato da coloro che avevano creduto in lui” [2Ts 1,10]» (LG 48). Dunque, solo alla luce della rivelazione cristiana la sofferenza acquista «una qualità e una risonanza del tutto diverse» e «interiormente trasformata, prende un senso nuovo» (Yves de Monteheuil). Diversamente il cuore dell’uomo si consuma nelle paludi della disperazione.

Santo del giorno: 28 Febbraio – San Romano di Condat, Abate: La Vita Patrum Jurensium, scritta da un suo seguace, ci racconta che Romano per primo ebbe l’idea di isolarsi in prossimità delle foreste Giura. Per la sua fama , il vescovo Ilario di Besancon, lo ordinò sacerdote. Con il fratello Lupicino ed altri seguaci, fondò un grande monastero a Condat, un secondo a Leuconne e un monastero femminile di clausura a le Beaume, di cui fu badessa una loro sorella.

Preghiamo: Sostieni sempre, o Padre, la tua famiglia nell’impegno delle buone opere; confortala con il tuo aiuto nel cammino di questa vita e guidala al possesso dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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