26 Febbraio 2018 – Lunedì, II di Quaresima – (Dn 9,4b-10; Sal 78[79]; Lc 6,36-38) – I Lettura: Questo brano del libro di Danièle fa parte della sezione delle visioni notturne (capp. 7-12) e introduce la profezia delle settanta settimane. Il versetto finale ricorda Dt 28,15, il discorso sulle benedizioni e le maledizioni. Facendo memoria delle vicende di Israele e di un resoconto del suo comportamento nei confronti di Dio, risulta chiaro come tutto ciò che è stato promesso nella Legge si stia avverando. Salmo: “Venga per prima la misericordia, altrimenti il peccatore non sarà assolto, perché siamo troppo poveri, troppo sprovvisti di buone opere; noi non potremmo offrire nulla alla giustizia, se il rigore dell’equità cominciasse ad esaminarci” (Cassiodoro).Vangelo: L’uomo, chiamato ad essere a immagine di Dio, deve somigliargli ancor di più ora che con il Battesimo ha assunto la figliolanza divina. Come l’amore di Dio è un amore fattivo, anche il cristiano deve amare più con le opere che a parole. Perdonate e sarete perdonati –
Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Riflessione: Perché l’uomo possa affrancarsi dal giogo del peccato, Gesù indica esplicitamente due strade. Innanzi tutto, guardare al Padre «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre»; guardare a Lui, fissare gli occhi sul su-o cuore: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Poi, offrire il proprio corpo marcio alla incisio-ne del divino chirurgo perché il pietoso medico possa incidere la carne in putrefazione e fare sprizzare il pus che avvelena il cuore e la mente dell’uomo. Perché nulla resti nel campo della teoria, Gesù chiede praticamente che l’uomo, vincendo se stesso, ami i suoi nemici; domanda di fare del bene e prestare senza sperare nulla in contraccambio; di essere misericordioso, di non giudicare, di non condannare, di perdonare, di dare abbondantemente: pro-poste tutte terribilmente concrete, opere che attraversano il quotidiano dell’uomo: «Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo» (Rm 10,8). Cristo non chiede cose spirituali o straordinarie, come la penitenza o la mortificazione, ma atteggiamenti concreti: la capacità nobile di relazionarsi con il prossimo; una vittoria totale sull’io e, infine, aprire il cuore, la mente, l’anima alla potente, vivificante azione dello Spirito Santo. In tal modo, Luca, con questa impareggiabile pagina, educa i missionari di tutti i tempi: coloro che portano la Parola non stiano a fantasticare, ma annuncino la vera Buona Notizia che vuole sanare globalmente l’uomo: il Vangelo che promette il Paradiso e la beatitudine della pace già in questa terra, pace con se stessi, pace con il mondo circostante, pace con Dio (Lc 1,79; 2,14). Il servo della Parola, colui che è mandato ad annunciare la Parola di Dio sino agli estremi confini della terra, se vuole assolvere fedelmente il suo mandato deve essere un uomo riconciliato con se stesso, con i fratelli e con Dio. E la riconciliazione ha unicamente il fragrante sapore dell’amore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Perdonare e donare – Papa Francesco (Udienza Generale, 21 Settembre 2016): Nel cosiddetto discorso della montagna, che si apre con le Beatitudini, il Signore insegna che la perfezione consiste nell’amore, compimento di tutti i precetti della Legge. In questa stessa prospettiva, san Luca esplicita che la perfezione è l’amore misericordioso: essere perfetti significa essere misericordiosi. Una persona che non è misericordiosa è perfetta? No! Una persona che non è misericordiosa è buona? No! La bontà e la perfezione si radicano nella misericordia. Certo, Dio è perfetto. Tuttavia, se lo consideriamo così, diventa impossibile per gli uomini tendere a quella assoluta perfezione. Invece, averlo dinanzi agli occhi come misericordioso, ci permette di comprendere meglio in che cosa consiste la sua perfezione e ci sprona ad essere come Lui pieni di amore, di compassione, di misericordia. Ma mi domando: le parole di Gesù sono realistiche? È davvero possibile amare come ama Dio ed essere misericordiosi come Lui? Se guardiamo la storia della salvezza, vediamo che tutta la rivelazione di Dio è un incessante e instancabile amore per gli uomini: Dio è come un padre o come una madre che ama di insondabile amore e lo riversa con abbondanza su ogni creatura. La morte di Gesù in croce è il culmine della storia di amore di Dio con l’uomo. Un amore talmente grande che solo Dio lo può realizzare. È evidente che, rapportato a questo amore che non ha misura, il nostro amore sempre sarà in difetto. Ma quando Gesù ci chiede di essere misericordiosi come il Padre, non pensa alla quantità! Egli chiede ai suoi discepoli di diventare segno, canali, testimoni della sua misericordia… Cosa significa per i discepoli essere misericordiosi? Viene spiegato da Gesù con due verbi: perdonare e donare. La misericordia si esprime, anzitutto, nel perdono. Gesù non intende sovvertire il corso della giustizia umana, tuttavia ricorda ai discepoli che per avere rapporti fraterni bisogna sospendere i giudizi e le condanne. È il perdono infatti il pilastro che regge la vita della comunità cristiana, perché in esso si mostra la gratuità dell’amore con cui Dio ci ha amati per primo. Perdonare è il primo pilastro; donare è il secondo: nella misura in cui si dona al fratello, si riceve da Dio!
Non giudicate -Evangelii Gaudium 172: Il Vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere una persona a partire dal riconoscimento della malvagità oggettiva delle sue azioni (cfr. Mt 18,15), ma senza emettere giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cfr. Mt 7,1; Lc 6,37). In ogni caso un valido accompagnatore non accondiscende ai fatalismi o alla pusillanimità. Invita sempre a volersi curare, a rialzarsi, ad abbracciare la croce, a lasciare tutto, ad uscire sempre di nuovo per annunciare il Vangelo.
Con la misura – Evangelii Gaudium 179: La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Quanto facciamo per gli altri ha una dimensione trascendente: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2); e risponde alla misericordia divina verso di noi: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato […] Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi è l’assoluta priorità dell’«uscita da sé verso il fratello» come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Lodiamo Dio nella prosperità e nell’avversità. Annunziamo, o Dio, al mattino la tua misericordia, e la tua verità durante la notte – «Perché la misericordia di Dio dev’essere annunziata al mattino mentre la verità di Dio durante la notte? “Mattino” vuol dire tempo della prosperità; “notte”, i momenti della tristezza e della tribolazione. In sostanza, dunque, cosa ha voluto dire? Quando stai bene, rallegrati in Di-o, perché lo devi alla sua misericordia. Ma tu, forse, obietterai: Se mi rallegro in Dio quando sto bene, perché lo debbo alla sua misericordia, quando sono nel dolore o nella tribolazione, cosa dovrei fare? Se quando sto bene è per sua misericordia, non sarà per caso la sua crudeltà che mi fa stare male? Se quando sto bene ne benedico la misericordia, come non prendermela con la sua crudeltà quando sto male? No! Quando stai bene, loda la misericordia di Dio; quando stai male lodane la verità. Se, infatti, egli castiga i peccati, non è ingiusto. Quando Daniele pregava era notte: Gerusalemme era stata depredata, era in potere dei nemici. I santi subivano molte afflizioni; Daniele stesso fu cacciato nella fossa dei leoni, e i tre fanciulli furono gettati tra le fiamme (cfr. Dn 3; 6). Quando il popolo di Israele, prigioniero, subiva tutte queste prove, era notte. Durante la notte Daniele confessava la verità di Dio e pregando diceva: Noi abbiamo peccato; abbiamo agito da empi; abbiamo commesso ingiustizia. A te, Signore, la gloria; a noi la confusione (Dn 9,5). Durante la notte annunziava la verità di Dio. Che significa “Annunziare la verità di Dio durante la notte”? Significa non accusare Dio perché soffri qualche male, ma attribuire ciò che soffri ai tuoi peccati e al desiderio che egli ha di farti ravvedere, affinché tu possa annunziare al mattino la sua misericordia e durante la notte la sua verità. Se al mattino ne annunzi la misericordia e la verità durante la notte, sempre lodi Dio, sempre confessi e inneggi al suo nome» (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Come vivere questa Parola? L’uomo, secondo la Bibbia, è stato creato a immagine di Dio: ebbene, ciò che lo rende immagine del suo Creatore è proprio la misericordia: Essere figli del Padre, infatti, dice Gesù, significa essere misericordiosi. Ma cos’è propriamente la misericordia? In ebraico è “rahamin”, che indica l’utero materno; in greco è “splànchna”, che significa viscere. Misericordia è avere quel fratello o quella sorella nelle proprie viscere, concepirlo come una madre nel proprio utero. Come dice San Paolo, misericordia è piangere con chi piange e ridere con chi ride, o ancora, è avere gli stessi sentimenti gli uni degli altri: è cioè sentire l’altro, sentire la sua gioia, la sua sofferenza come la mia, perché lo porto dentro di me, nelle mie viscere, e lo percepisco come la mia stessa carne. Compatire significa appunto essere in sintonia profonda con quella persona, sentire l’altro come fosse me stesso. Com’è evidente, la misericordia è attributo per eccellenza femminile, materno: per questo, come diceva Carlo Carretto, le donne precedono sempre gli uo-mini nel Regno dei cieli. La misericordia è un atteggiamento tutt’altro che paternalistico. Non è guardare l’altro dall’alto in basso, e fargli magari l’elemosina. Misericordia è piuttosto nutrire una passione infinita per l’altro. E la sua caratteristica più bella, il suo segno di riconoscimento, è forse questo: che essa è direttamente proporzionale alla miseria del fratello (misericordia, alla lettera, significa “avere a cuore i miseri”). Quanto più egli è lontano, tanto più lo sento vicino: perché l’unica misura della misericordia è il bisogno dell’altro. Oggi, nella mia pausa meditativa, contemplerò Gesù Eucaristia, Gesù il cui cuore, la cui vita, appartengono ormai non a Lui, ma a tutti i suoi fratelli sulla terra, e soprattutto agli ultimi: gli chiederò di rendere il mio cuore come il Suo» (Eremo San Biagio, Omelia, 25 Febbraio 2002).
Santo del giorno: 26 Febbraio – Sant’Alessandro di Alessandria, Patriarca: Eletto patriarca d’Alessandria d’Egitto, rinnovò il clero scegliendo uomini di provata rettitudine e costruì la grande Chiesa di S. Theonas. Lottò contro Ario dopo aver tentato di convincerlo paternamente. La sua vita e la fermezza con cui condusse la lotta contro l’arianesimo sono tuttora testimonianza del suo senso di giustizia, della sua forza spirituale e della sua integrità morale.
Preghiamo: O Dio, che hai ordinato la penitenza del corpo come medicina dell’anima, fa’ che ci asteniamo da ogni peccato per avere la forza di osservare i comandamenti del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…