20 Febbraio 2018 – Martedì, I di Quaresima – (Is 55,10-11; Sal 33 [34]; Mt 6,7-15) – I Lettura: “La parola di Dio è simile a un messaggero che ritorna solo dopo aver compiuto la sua missione. Essa è personificata, come altrove la sapienza (Pro 8,22+; Sap 7,22+) o lo Spirito (Is 11,2+)” (Bibbia di Gerusalemme, nota). “La parola del Signore sembra soccombere nel travaglio della storia; in realtà compie efficacemente il suo piano e per i credenti è forza per il presente e speranza per il futuro” (Bibbia Via, Verità e Vita, nota). Salmo: “Sarete illuminati con una luce che non può venire meno. Anche nel momento in cui era deriso dai soldati il Cristo era pur sempre la vera luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo [cfr. Gv 1,9]” (Agostino). Vangelo: Gesù è con i suoi discepoli sul monte ed insegna loro come pregare. L’insegnamento sulla preghiera si riferisce sia all’atteggiamento interiore e sia alla formula ideale per eccellenza da utilizzare quale il Padre Nostro.
Voi dunque pregate così – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
Riflessione: Se la Quaresima è un Tempo forte per la conversione e la preghiera, non poteva mancare da parte della Chiesa una chiara indicazione di come vivere queste due dimensioni. Lo fa proponendo nella liturgia della Parola di oggi il brano dove Gesù indica il modo con cui dobbiamo interiormente vivere questo dolce dialogo con Dio e le parole stesse da pronunciare nella preghiera. Gesù si fa nostro Maestro e modello nel rivolgerci al Padre nostro e ci consegna quella che sarà il pilastro e il riassunto di ogni altra preghiera. Ascoltiamo cosa dice sulla preghiera del “Padre nostro” il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Questa preghiera che ci viene da Gesù è veramente unica: è “del Signore”. Da una parte, infatti, con le parole di questa preghiera, il Figlio Unigenito ci dà le parole che il Padre ha dato a lui: (cfr. Gv 17,7) è il Maestro della nostra preghiera. Dall’altra, Verbo incarnato, egli conosce nel suo cuore di uomo i bisogni dei suoi fratelli e delle sue sorelle di umanità, e ce li manifesta: è il Modello della nostra preghiera. Ma Gesù non ci lascia una formula da ripetere meccanicamente (cfr. Mt 6,7; 1Re 18,26-29). Come per qualsiasi preghiera vocale, è attraverso la Parola di Dio che lo Spirito Santo insegna ai figli di Dio a pregare il loro Padre. Gesù non ci dà soltanto le parole della nostra preghiera filiale: ci dà al tempo stesso lo Spirito, per mezzo del quale quelle parole diventano in noi “spirito e vita” (Gv 6,63). Di più: la prova e la possibilità della nostra preghiera filiale è che il Padre “ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4,6). Poiché la nostra preghiera interpreta i nostri desideri presso Dio, è ancora “colui che scruta i cuori”, il Padre, che “sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i desideri di Dio” (Rm 8,27). La preghiera al Padre nostro si inserisce nella missione misteriosa del Figlio e dello Spirito» (CCC 2765-2766). Perché la preghiera sia esaudita, essa deve essere non recita di parole, farcita di sentimentalismi o accompagnata da promesse: il Signore guarda il cuore e ascolta solo la voce che sale da un cuore che desidera ciò che chiede: non moltiplichiamo parole, piuttosto liberiamo il cuore lasciando allo Spirito di operare in noi.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Padre nostro, la preghiera domenicale, sintesi di tutto il Vangelo – CCC 2761: «L’Orazione domenicale è veramente la sintesi di tutto il Vangelo». «Dopo che il Signore ci ebbe trasmesso questa formula di preghiera, aggiunse: “Chiedete e ottenete” (Gv 16,24). Ognuno può, dunque, innalzare al cielo preghiere diverse secondo i suoi propri bisogni, però incominciando sempre con la Preghiera del Signore, la quale resta la preghiera fondamentale».
Padre nostro – CCC 779-780: Prima di fare nostro questo slancio iniziale della Preghiera del Signore, non è superfluo purificare umilmente il nostro cuore da certe false immagini di «questo mondo». L’umiltà ci fa riconoscere: «Nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27), cioè «ai piccoli» (Mt 11,25). La purificazione del cuore concerne le immagini paterne e materne, quali si sono configurate nella nostra storia personale e culturale, e che influiscono sulla nostra relazione con Dio. Dio, nostro Padre, trascende le categorie del mondo creato. Trasferire su di lui, o contro di lui, le nostre idee in questo campo, equivarrebbe a fabbricare idoli da adorare o da abbattere. Pregare il Padre è entrare nel suo mistero, quale egli è, e quale il Figlio ce lo ha rivelato: «L’espressione Dio-Padre non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato rivelato nel Figlio: questo nome, infatti, implica il nuovo nome di Padre». Possiamo invocare Dio come «Padre» perché ci è rivelato dal Figlio suo fatto uomo e perché il suo Spirito ce lo fa conoscere. Ciò che l’uomo non può concepire, né le potenze angeliche intravvedere, cioè la relazione personale del Figlio nei confronti del Padre, ecco che lo Spirito del Figlio lo comunica a noi, a noi che crediamo che Gesù è il Cristo e che siamo nati da Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Padre nostro – «Padre: Su questa invocazione facciamo due riflessioni: in che senso Egli è Padre e quali siano i nostri doveri verso di Lui in quanto Padre. Viene detto nostro Padre innanzitutto in ragione del modo speciale con cui ci ha creati, perché ci ha creati a sua immagine e somiglianza [cfr. Gen 1,26]: il che non fece invece con le altre creature. Così infatti la Scrittura: “É lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito” [Dt 32,6]. Viene poi detto Padre per il modo speciale con cui ci governa. Governa, è vero, anche tutti gli altri esseri, ma governa noi lasciandoci padroni di noi stessi. Gli altri, invece, li governa come schiavi. Questa cosa è bene espressa dal Libro della Sapienza: “Tutto è governato, o Padre, dalla tua Provvidenza… Tu ci tratti con grande riverenza” [Sap 14,3; 12,18]. Viene detto Padre anche per averci adottati. Se, infatti, alle altre creature egli ha fatto dei regalini, a noi invece ha dato l’eredità. E questo perché siamo suoi figli, e “se figli, siamo anche eredi” [Rm 8,17]. Sicché l’Apostolo può dire: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi e di paura, ma avete ricevuto lo Spirito dei figli adottivi che ci fa esclamare ‘Abbà, Padre’” [Rm 8,15]» (Tommaso d’Aquino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Non abbandonarci nella tentazione – Chi recita la preghiera del Padre nostro si affida alla bontà del Padre perché non venga abbandonato alla tentazione del male e alla prova della fede: tradurre «con una sola parola il termine greco è difficile: significa “non permettere di entrare in”; “non lasciarci soccombere alla tentazione”. “Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male” [Gc 1,13]; al contrario vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella lotta “tra la carne e lo Spirito”. Questa richiesta implora lo Spirito di discernimento e di fortezza» (CCC 2846). La radice della tentazione è nel cuore dell’uomo: «Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto» (Gen 4,7). È inevitabile: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione» (Sir 2,1). È fascino che seduce: «Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte» (Gc 1,14-15). La tentazione mette a nudo l’estrema debolezza dell’uomo (cfr. Rm 7,1 ss). Smaschera la subdola azione di Satana: un essere ostile a Dio e nemico dell’uomo fin dalle origini: per «l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo» (Sap 2,24; cfr. Gen 3,6; 1Cr 21,1; Zc 3,1-2). Un tristo figuro, una spia (cfr. Gb 1,6-12), un ladro (cfr. Mt 13,19), una figura equivoca e scettica riguardo all’uomo, tutta tesa a coglierlo in fallo, abile nel porre nel suo cuore pensieri malvagi (cfr. Gv 13,2.27; At 5,3; 1Gv 3,8), capace di scatenare su di lui mali di tutte le specie e perfino di spingerlo al male (Cfr. 1Cr 21,1). È colui che conosce bene l’arte dell’accusatore (cfr. Ap 12,10), è il tenebroso «principe di questo mondo» (Gv 12,31; 14,30; 16,11; Ef 2,2; 6,12) che regna su un impero di tenebra (Cfr. At 26,18), è un abile trasformista che sa cangiarsi in angelo di luce (cfr. 2Cor 11,14) per ingannare, «se fosse possibile, anche gli eletti» (Mc 13,21). Gesù ha insegnato la preghiera del Padre nostro per ricordare all’uomo che il «combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. È per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall’inizio e nell’ultimo combattimento della sua agonia. Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente. La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo Nome. Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza. Questa richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza finale» (CCC 2849). Non abbandonarci alla tentazione: una richiesta che mette a nudo l’estrema fragilità dell’uomo e rivela, allo stesso tempo, la sguaiata ferocia di Satana, ma anche tutta la sua infernale debolezza: un leone affamato che gira continuamente attorno ai credenti cercando chi divorare (1Pt 5,8), ma già abbattuto e vinto dal Cristo. Una preghiera che punta diritto al cuore di Dio, l’Arbitro che ha in mano le sorti della partita: «Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi» (Rm 16,20).
Santo del giorno: 20 Febbraio – San Leone di Catania, Vescovo: Leone, nacque a Ravenna, nel 720 d.C.. Ancora giovane entrò nell’ordine dei monaci benedettini e si trasferì a Reggio Calabria. Qui rimase fin quando fu eletto vescovo di Catania. Si narra che i catanesi, dovendo eleggere un nuovo vescovo, avessero avuto in sogno da un angelo che a Reggio Calabria vivesse Leone che sarebbe stato la persona giusta. Inizialmente Leone, non ritenendosi degno, rifiutò, ma dopo molte insistenze, accettò. In quegli anni, in tutto l’Impero bizantino era in atto la distruzione delle immagini sacre «iconoclastia». Coloro che non ubbidivano all’editto che metteva al bando le icone venivano incarcerati. Leone si oppose a questa legge. Per tale ragione il governatore della Sicilia ne ordinò l’arresto e Leone fu costretto a rifugiarsi sulle montagne. Dopo molti anni ritornò a Catania dove riprese il suo seggio vescovile e dove morì il 20 febbraio 789.
Preghiamo: Volgi il tuo sguardo, Padre misericordioso, a questa tua famiglia, e fa’ che superando ogni forma di egoismo risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo…