15 Febbraio 2018 – Giovedì dopo delle Ceneri – (Dt 30,15-20; Sal 1; Lc 9,22-25) – I Lettura: Quaresima, tempo di discernimento: Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Queste parole di Mosè possono orientare il nostro cammino quaresimale imponendoci una scelta di campo irreversibile. Scegliere Dio significa scegliere la vita; scegliere gli idoli, i nuovi idoli della nostra vita quotidiana, significa scegliere la morte. Per una buona scelta è più che mai opportuno accompagnare il discernimento con la preghiera, il digiuno, la penitenza e l’elemosina. Salmo: “Ogni uomo desidera la beatitudine; ecco perché questo primo salmo descrive chi è veramente beato. Il primo beato è il Salvatore. Questo salmo parla di lui, di lui che è lo sposo della Chiesa; la sfumatura sposo resa, in ebraico, dall’ar-ticolo” (Eusebio). Vangelo: In questo brano del Vangelo, Gesù si trova insieme ai discepoli in un luogo solitario a pregare e Pietro, a seguito della domanda che fa Gesù di chi fosse Lui veramente, risponde che è il Cristo di Dio. Dopo la giusta risposta di Pietro, Gesù rivela loro che dovrà molto soffrire e morire per poi risorgere e raccomanda loro una delle esigenze della sequela: il rinnegare se stessi.
Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».
Riflessione: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto». Il periodo quaresimale ci invita a soffermarci sulla Passione del Signore e ci prepara a vivere i misteri centrali della nostra fede che trovano l’apice nel Triduo Pasquale. La frase che oggi riportiamo dal Vangelo ci parla di una necessità: la necessità della sofferenza! Chi potrebbe mai pensare che la sofferenza sia una necessità, chi mai potrebbe volerla affrontare, o chi ne parlerebbe con gli stessi termini usati da Cristo? Che la sofferenza sia compagna di viaggio della nostra vita è una triste constatazione, ma che essa sia necessaria proprio non riusciamo a capirlo! L’uomo rigetta la sofferenza ed è giusto e naturale che sia così, perché egli è stato creato per la gloria e non per la morte, egli è stato creato per la comunione di vita e non per la separazione della morte. La sofferenza e la morte, come abbiamo spesso ricordato, sono entrate nel mondo per invidia del demonio e non per volontà di Dio. Gesù stesso chiederà che venga allontanato il calice della sofferenza. Questa quindi, non è un valore in sé, non è una cosa bella da conquistare o da desiderare. Dobbiamo leggere quindi il “deve soffrire” non come un obbligo di necessità, ma come una via resa necessaria a motivo del peccato dell’uomo. Com’è necessario per il seme passare dalla desolazione della “sepoltura” nel terreno per poter germinare ed espandere le radici, e dalla terra che gli ha tolto la luce e la vita trarre energia e linfa per innalzarsi verso il cielo e portare nuova vita e nuovi frutti; com’è necessario per la partoriente passare dalle doglie del parto perché si rinnovi il prodigio di una nuova nascita; così la sofferenza assume i connotati tristi ma indispensabili per portare frutti di vita nuova. Senza sacrifici non si raggiungono le mete ambite, senza sofferenza l’atleta non tocca nuovi traguardi. La sofferenza assume allora un volto positivo, perfino necessario: è immagine della nostra vita ascetica, Gesù è esempio di svuotamento di ogni umana aspettativa, di ogni egoistica realizzazione; è immagine di una vita vissuta per amore, a servizio di Dio e del prossimo, per guadagnare ogni uomo a Dio. La sofferenza è svuotarsi di tutto ciò che è umano per riempirsi di tutto ciò che è dono divino.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 7 Settembre 1988): Nella missione messianica di Gesù vi è un punto culminante e centrale, al quale ci siamo man mano avvicinati nelle precedenti catechesi: Cristo è stato inviato da Dio nel mondo per compiere la redenzione dell’uomo mediante il sacrificio della propria vita. Questo sacrificio doveva prendere la forma di “spogliamento” di sé nell’obbedienza fino alla morte in croce: una morte che, nell’opinione dei contemporanei, presentava una particolare impronta di ignominia. In tutta la sua predicazione, in tutto il suo comportamento Gesù è guidato dalla profonda consapevolezza che ha dei disegni di Dio sulla sua vita e la sua morte nell’economia della missione messianica, con la certezza che essi scaturiscono dall’amore eterno del Padre verso il mondo e in particolare verso l’uomo. Se consideriamo gli anni della sua adolescenza, fanno molto pensare quelle parole di Gesù dodicenne, rivolte a Maria e a Giuseppe al momento del suo “ritrovamento” nel tempio di Gerusalemme: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). Quali cose aveva nella mente e nel cuore? Possiamo dedurlo da tante altre espressioni del suo pensiero lungo tutto l’arco della sua vita pubblica. Fin dall’inizio della sua attività messianica, Gesù insiste nell’inculcare ai suoi discepoli il concetto che “Il Figlio dell’uomo… deve soffrire molto” (Lc 9,22), cioè che deve essere “riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, per poi venire ucciso, (e, dopo tre giorni risuscitare)” (Mc 8,31). Ma tutto questo non proviene solamente dagli uomini, dalla loro ostilità nei riguardi della sua persona e del suo insegnamento, ma costituisce il compimento degli eterni disegni di Dio, come è stato annunciato nelle Scritture contenenti la rivelazione divina: “Come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato” (Mc 9,12).
Rinneghi se stesso – Salvifici Doloris 25: Cristo non nascondeva ai propri ascoltatori la necessità della sofferenza. Molto chiaramente diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me… prenda la sua croce ogni giorno”, e ai suoi discepoli poneva esigenze di natura morale, la cui realizzazione è possibile solo a condizione di “rinnegare se stessi” (Lc 9,23). La via che porta al regno dei cieli è “stretta e angusta”, e Cristo la contrappone alla via “larga e spaziosa”, che peraltro “conduce alla perdizione”. Diverse volte Cristo diceva anche che i suoi discepoli e confessori avrebbero incontrato molteplici persecuzioni, ciò che – come si sa – è avvenuto non solo nei primi secoli della vita della Chiesa sotto l’impero romano, ma si è avverato e si avvera in diversi periodi della storia e in differenti luoghi della terra, anche ai nostri tempi. Ecco alcune frasi di Cristo su questo tema: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di rendere testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa: io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,12-19).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte. La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va’ pure dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là, una strada più alta e più sicura della via della santa croce. Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce” (L’imitazione di Cristo, Libro II, Cap XII, 2).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto… Chi vuole essere mio discepolo prenda la sua croce ogni giorno e mi segua – Gesù annunciando la sua futura passione, morte e risurrezione si compromette con gli uomini per la loro salvezza e lo fa nel modo più pieno: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto… esser messo a morte». Si fa solidale con l’uomo attraversando la via della croce in pienezza di libertà (cfr. Gv 10,18), portando nel suo corpo le stigmate del peccato e della follia omicida degli uomini. Prendere la croce di Cristo, in questa visuale, significa essere sollecitati a dichiarare fino a che punto si è disposti a compromettersi con lui, il Messia trafitto per la salvezza degli uomini. Si tratta di assumere esistenzialmente il destino di Gesù come destino proprio. Il discepolo deve accettare senza scandalizzarsi che Gesù porti la croce; ma deve a sua volta portare la croce con Gesù; deve rinnegare se stesso e quindi smettere di porre se stesso al centro delle sue attenzioni e delle sue preoccupazioni; deve assumere la sua croce ogni giorno se vuol seguire davvero il suo Signore, il quale «si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia» (Eb 12,2). Prendere la croce di Cristo, per l’uomo è una dolorosa e difficile vocazione da assumere e accettare di prenderla significa interrogarsi sulla “quantità e qualità” del proprio amore verso Cristo Gesù e se questo amore lo attira alla croce e gli fa desiderare di percorrere lo stesso cammino. Gesù esige una risposta dai suoi amici mostrando loro un orizzonte di sofferenza e di morte perché capiscano che il vero valore della croce va colto nella perseveranza e nella fedeltà, e anche questo è un compromettersi per Dio: “ogni giorno”, senza lasciarsi sedurre dalle promesse del mondo o spaventare dalle sue minacce. Gesù vuole che la risposta sia data in una visione di un destino di dolore e di morte perché i discepoli capiscano che il legame con Gesù deve mostrarsi indissolubile in un sì pieno e totale, un sì che deve essere rinnovato “ogni giorno”, di fronte a ogni nuova situazione di ostacolo o di prova o di tentazione diabolica, un sì pieno che nasca dall’amore e dalla profonda convinzione che perdere la propria vita per Gesù non si rivelerà una perdita ma un autentico guadagno.
Santo del giorno: 15 Febbraio – San Claudio de la Colombiere, Religioso: “Nato a Grenoble, in Francia, il 2 febbraio 1641 era il terzo figlio di un notaio. Brillante negli studi entrò a 17 anni nel noviziato di Avignone della Compagnia di Gesù. A venticinque anni andò a studiare teologia a Parigi e a ventotto fu ordinato sacerdote. Il gesuita Claudio de la Colombière fu superiore del collegio di Paray-le-Monial e confessore delle vicine Suore della Visitazione. Tra esse c’era Margherita Maria Alacoque, propagatrice del culto al Sacro Cuore di Gesù, che sarebbe divenuta santa. Rappresentò una guida sicura per i fedeli, disorientati dalle dispute tra Francia e Roma a causa delle dottrine gianseniste. Venne poi mandato a Londra come cappellano della futura regina Maria Beatrice d’Este. Ma fu arrestato con l’accusa di voler restaurare la Chiesa cattolica in Inghilterra. Espulso, tornò a Paray-le-Monial, dove morì solo tre mesi dopo, il 15 febbraio 1682. È santo dal 31 maggio 1992” (Avvenire).
Preghiamo: Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento. Per il nostro Signore Gesù Cristo…