14 Febbraio 2018 – Mercoledì delle Ceneri – (Gl 2,12-18; Sal 50[51]; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18) – I Lettura: Il profeta Gioèle scrive in un momento di grande crisi per la terra di Giuda a causa di una consistente invasione di locuste e di un lungo periodo di siccità. Gioèle approfitta del momento difficile per invitare la gente alla conversione, conversione che deve avvenire nel profondo del cuore. I segni esteriori possono servire ed aiutare alla predisposizione ma è necessario che si scenda nel cuore: è lì la sede dei sentimenti e delle passioni. Salmo: “Un potente che è stato ferito, sente che sta per morire e giace nudo, con le piaghe sanguinanti. Con tutte le sue forze, invoca la venuta del medico. La ferita dell’anima è il peccato: O povero ferito, riconosci il tuo medico! Mostragli le piaghe del tuo peccato. Fagli sentire il gemito del tuo cuore, perché a lui non sono nascosti i nostri segreti pensieri” (Gregorio Magno). II Lettura: Paolo nei primi versetti di questo quinto capitolo, ricorda che Cristo è morto per redimerci tutti . Noi fedeli siamo resi partecipi a questa morte redentrice attraverso il battesimo. Adesso siamo in un tempo intermedio “che è il giorno della salvezza. Tempo lasciato alla conversione… bisogna vegliare e usare bene del tempo che resta per salvarsi e per salvare gli altri” (Bibbia di Gerusalemme, nota). Vangelo: Nell’insegnamento di Gesù l’elemosina, la preghiera e il digiuno, esercizi ascetici tanto cari ai pii israeliti, sono stati purificati da quella ritualità esteriore che facilmente li fanno precipitare nelle acque paludose dell’ipocrisia. Gesù introduce come cardine di queste necessarie pratiche penitenziali il segreto e l’intimità, lasciando così il giudizio e la ricompensa al Padre che vede nel segreto.
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Riflessione: “«Polvere tu sei e in polvere ritornerai» (Gen 3,19). Queste parole, pronunciate per la prima volta da Dio e rivolte ad Adamo in conseguenza del peccato commesso, sono ripetute oggi dalla Chiesa ad ogni cristiano per ricordargli tre verità fondamentali: il suo nulla, la sua condizione di peccatore e la realtà della morte. La polvere – la cenere imposta sul capo dei fedeli – che non ha consistenza e basta un lieve soffio di vento perché si disperda, dice molto bene il nulla dell’uomo. «Signore, la mia vita è un nulla davanti a te» (Sal 39,6), esclama il salmista. Come ha bisogno l’orgoglio umano di spezzarsi di fronte a questa verità! E non solo l’uomo per se stesso è niente, ma è anche peccatore, lui che si serve dei doni ricevuti da Dio per offenderlo. La Chiesa oggi invita i suoi figli a curvare il capo per ricevere le ceneri in segno di umiltà, invocando il perdono dei peccati; e nello stesso tempo ricorda ad essi che in pena delle loro colpe dovranno un giorno ritornare in polvere. Peccato e morte sono i frutti amari e inseparabili della ribellione dell’uomo al suo Signore. «Dio non creò la morte» (Sap 1,13); essa è entrata nel mondo attraverso il peccato e ne è la triste ricompensa (cfr. Rm 6,23). Creato da Dio per la vita, la gioia, la santità, l’uomo porta in sé un germe di vita eterna (GS 18); perciò non può non soffrire di fronte al peccato e alla morte che minacciano di impedirgli il conseguimento del suo fine e quindi la piena realizzazione di sé. Tuttavia l’invito della Chiesa a riflettere su queste dolorose realtà non mira a deprimere gli animi in una visione pessimistica della vita, ma piuttosto ad aprire i cuori al pentimento e alla speranza. Se la disobbedienza di Adamo ha introdotto nel mondo il peccato e la morte, l’obbedienza di Cristo ne ha portato il rimedio. La Quaresima dispone i fedeli a celebrare il mistero pasquale che è appunto il mistero attraverso il quale Cristo salva l’uomo dal peccato e dalla morte eterna, mentre trasforma la morte corporale in passaggio alla vera vita, comunione beatificante e senza fine con Dio. Il peccato e la morte sono vinti da Cristo morto e risorto e l’uomo sarà partecipe di tale vittoria quanto più lo sarà della morte e della risurrezione del Signore” (P. Gabriele di S. Maria Maddalena).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Tempo di Quaresima – Catechismo degli Adulti 184: Il cristiano è chiamato a condividere la scelta fondamentale di Gesù. Con le promesse battesimali si impegna a respingere le medesime tentazioni del benessere, del successo e del dominio. La Chiesa glielo ricorda ogni anno con la celebrazione della Quaresima. È un cammino di essenzialità, in cui l’adesione a Dio scaturisce da scelte di sacrificio.
Mercoledì delle Ceneri – Paolo VI (Omelia, 8 Febbraio 1978): È il «Mercoledì delle Ceneri», primo giorno di Quaresima. Lezione austera, quella che ci imparte oggi la Liturgia! Lezione drammatizzata in un rito di plastica efficacia. L’imposizione delle ceneri reca con sé un significato così chiaro ed aperto, che ogni commento si rivela superfluo: essa ci induce ad una riflessione realistica sulla precarietà della nostra condizione umana, votata allo scacco della morte, la quale riduce in cenere, appunto, questo nostro corpo, sulla cui vitalità, salute, forza, bellezza, intraprendenza tanti progetti ogni giorno noi costruiamo. Il rito liturgico ci richiama con energica franchezza a questo dato oggettivo: non c’è nulla di definitivo e di stabile quaggiù; il tempo fugge via inesorabile e come un fiume veloce sospinge senza sosta noi e le cose nostre verso la foce misteriosa della morte. La tentazione di sottrarsi all’evidenza di questa constatazione è antica. Non potendo sfuggirle, l’uomo ha tentato di dimenticare o di minimizzare la morte, privandola di quelle dimensioni e risonanze, che ne fanno un evento decisivo della sua esistenza. La massima di Epicuro: «Quando ci siamo noi, la morte non c’è, e quando c’è la morte, noi non ci siamo» è la formula classica di questa tendenza, ripresa e variata in mille toni, dall’antichità ai giorni nostri. Ma in realtà, si tratta di «un artificio che fa sorridere più che pensare» (M. Blondel). La morte infatti fa parte della nostra esistenza e ne condiziona dall’interno lo sviluppo. Lo aveva ben intuito Sant’Agostino, il quale così argomenta: «se uno comincia a morire, cioè ad essere nella morte, dal momento in cui la morte comincia ad agire in lui, sottraendogli la vita…, allora certamente l’uomo comincia ad essere nella morte dal momento in cui comincia ad essere nel corpo» (S. Agostino, De Civitate Dei, 13,10). Perfettamente in sintonia con la realtà, dunque, il linguaggio della Liturgia ci ammonisce: «Ricordati, o uomo, che sei polvere e che in polvere ritornerai»; sono parole, che mettono a fuoco il problema non eludibile del nostro lento sprofondare nelle sabbie mobili del tempo e pongono con drammatica urgenza la «questione del senso» di questo nostro provvisorio emergere alla vita, per essere poi fatalmente risucchiati nell’ombra buia della morte. Davvero «in faccia alla morte, l’enigma della condizione umana diventa sommo» (Gaudium et Spes 18).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Lasciatevi riconciliare – “La potestà nemica viene vinta nel nome di colui che assunse l’umanità e la portò senza peccato, tanto che in lui, quale sacerdote e insieme sacrificio, si attuò la remissione dei peccati; cioè nel Mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo (1Tm 2,5), per opera del quale ebbe luogo la purificazione delle colpe e la nostra riconciliazione con Dio. Solo infatti dai peccati gli uomini vengono separati da Dio; e da essi in questa vita ci si purifica non per le nostre forze, ma solo per divina misericordia: per sua indulgenza, non per nostra potenza. Infatti la stessa forza, quantunque essa sia, che può esser detta nostra, ci è concessa dalla sua bontà. Molto ci attribuiremmo in questa carne se fino alla sua deposizione non vivessimo nel suo perdono. A questo motivo, a opera del Mediatore ci è stata elargita la grazia che, macchiati per la carne del peccato, siamo purificati dalla somiglianza della carne di peccato. Per questa grazia di Dio, per la quale egli palesa in noi la sua grande misericordia, veniamo guidati in questa vita con la fede e dopo questa vita veniamo condotti alla perfezione più piena con la contemplazione della verità immutabile” (Agostino, La città di Dio, 10,22).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Come fanno gli ipocriti – Come l’Antico Testamento, così il Nuovo Testamento mette in guardia dalla ipocrisia (1Pt 2,1). Nel Nuovo Testamento i paladini di questo vizio sono i Farisei. Nei vangeli sinottici, Matteo, Marco e Luca, l’ipocrisia si considera in questo modo: ricerca della lode umana per mezzo di beneficenza, preghiera e digiuno (Mt 6,2.5.16), giudizio negativo degli altri uomini (Mt 7,5), sopravvalutazione delle leggi umane rispetto alla legge di Dio (Mt 15,3), professione di fede fatta solo con le labbra senza una condotta corrispondente (Mt 15,7s). L’ipocrisia rende ciechi di fronte alla salvezza offerta da Dio in Cristo (Lc 12,56), impedisce di intendere i miracoli di Gesù nella loro ragione di segno e si limita ad una interpretazione legalistica dei comandamenti di Dio (Lc 13,15s). L’ipocrisia è come un «lievito» che penetra la vita (Lc 12,1) e seduce gli uomini fino al punto che essi cercano la loro giustificazione in loro stessi (Lc 18,9-14). In Mt 23,1-35 viene da un lato riconosciuto il comportamento positivo dei Farisei, dall’altro tuttavia viene smascherata la loro ipocrisia L’ipocrisia è preoccupazione per l’appa-renza esteriore, perciò offende lo spirito del vangelo (Gal 2,13), fa agire l’uomo contro la sua coscienza (1Tm 4,1s).
Santo del giorno: 14 Febbraio – Santi Cirillo e Metodio, Apostoli degli Slavi: “Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede, nati a Tessalonica (attuale Salonicco, Grecia) all’inizio del sec. IX, evangelizzarono i popoli della Pannonia e della Moravia. Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica sostennero prove e sofferenze di ogni genere. Papa Adriano II accreditò la loro opera, confermando la lingua slava per il servizio liturgico. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869. Giovanni Paolo II con la lettera apostolica Egregiae virtutis del 31 dicembre 1980 li ha proclamati, insieme a San Benedetto abate, patroni d’Europa” (Messale Romano).
Preghiamo: O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male. Per il nostro Signore Gesù Cristo…