Liturgia, Novembre

12 Novembre 2017 – XXXII Domenica del Tempo Ordinario (A)

Antifona d’ingresso

La mia preghiera giunga fino a te; tendi, o Signore, l’orecchio alla mia preghiera. (Sal 88,3)

Colletta

Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

O Dio, la tua sapienza va in cerca di quanti ne ascoltano la voce, rendici degni di partecipare al tuo banchetto e fa’ che alimentiamo l’olio delle nostre lampade, perché non si estinguano nell’attesa, ma quando tu verrai siamo pronti a correrti incontro, per entrare con te alla festa nuziale. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Prima Lettura               Sap 6,12-16

La sapienza si lascia trovare da quelli che la cercano.

«Il termine sapienza indica non solo una dottrina, ma la verità divina che brilla nella dottrina e che sollecita l’uomo interiormente» (Bibbia di Gerusalemme, nota). In questa brano si «sottolinea il primato di Dio, nel senso che non è mai l’uomo a trovarlo, ma è Lui che si lascia trovare quando vuole. Nello stesso tempo, sono espresse con chiarezza le disposizioni che la persona deve avere nel suo animo, se non vuole correre il rischio di non incontrarlo mai» (V. Cuffaro).

Dal libro della Sapienza

La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni; poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.   Parola di Dio.

Salmo Responsoriale            Dal Salmo 62 (63)

“Il Salmo 62, sul quale oggi ci fermiamo a riflettere, è il Salmo dell’amore mistico, che celebra l’adesione totale a Dio, partendo da un anelito quasi fisico e raggiungendo la sua pienezza in un abbraccio intimo e perenne. La preghiera si fa desiderio, sete e fame, perché coinvolge anima e corpo” (Giovanni Paolo II).  

Rit. Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

O Dio, tu sei il mio Dio,

dall’aurora io ti cerco,

ha sete di te l’anima mia,

desidera te la mia carne

in terra arida, assetata, senz’acqua. Rit.

Così nel santuario ti ho contemplato,

guardando la tua potenza e la tua gloria.

Poiché il tuo amore vale più della vita,

le mie labbra canteranno la tua lode. Rit.

Così ti benedirò per tutta la vita:

nel tuo nome alzerò le mie mani.

Come saziato dai cibi migliori,

con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. Rit.

Quando nel mio letto di te mi ricordo

e penso a te nelle veglie notturne,

a te che sei stato il mio aiuto,

esulto di gioia all’ombra delle tue ali. Rit.

Seconda Lettura     1Ts 4,13-18

Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.

In questa lettura si parla «esplicitamente, e in termini diretti, di un incontro davvero definitivo, che è quello della risurrezione, che avrà luogo a conclusione della storia del nostro pianeta. Tutto questo si verificherà improvvisamente, in concomitanza con una discesa di Cristo e un rapimento degli eletti» (V. Cuffaro).

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.   Parola di Dio.

Canto al Vangelo             Mt 24,42a.44

Alleluia, alleluia.

Vegliate e tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

Alleluia.

Vangelo       Mt 25,1-13

Ecco lo sposo! Andategli incontro!

Le Vergini della parabola rappresentano l’anima dei cristiani. Il loro vivere è guidato da questa attesa dell’incontro con lo sposo, che è Cristo. Le lampade accese rappresentano lo stato di vigilanza che l’anima deve quotidianamente attenzionare per far sì che lo Sposo, al suo arrivo, la trovi pronta.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».     Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

“Il regno è simile a dieci vergini, che… uscirono incontro allo sposo” (Mt 25,1) – Giovanni Paolo II (Omelia, 11 Novembre 1984): Chi è questo sposo? La figura dello Sposo, che parla d’amore disinteressato, è profondamente inscritta nei Libri dell’Antico e del Nuovo Testamento. È l’amore col quale Dio “dona se stesso”. Non solo rivela se stesso nei numerosi e differenti doni del creato ma Egli stesso diventa il Dono per l’uomo che vive nella comunità del Popolo di Dio: il Dono per la vita eterna in Dio.

Il popolo d’Israele ha conosciuto questa verità su Dio nell’Antica Alleanza, soprattutto mediante l’insegnamento dei Profeti.

Questa verità su Dio alla fine è stata rivelata in Gesù Cristo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…” (Gv 3,15).

E il Figlio ha realizzato questo amore del Padre mediante il suo Vangelo. E infine lo ha realizzato mediante la Croce e la Risurrezione. Nella Croce e nella Risurrezione l’amore misericordioso di Dio per tutta l’umanità ha assunto una potenza redentrice.

Lo Sposo, di cui si parla nella parabola odierna, è il Redentore del mondo. Nella potenza del suo amore redentore Gesù Cristo è diventato lo Sposo della Chiesa, lo Sposo di ogni anima umana nella grande, interpersonale comunità del Popolo di Dio.

La parabola parla di dieci vergini che uscirono incontro allo Sposo. In questo modo essa fa riferimento alla prassi di allora collegata con la cerimonia nuziale. Mediante questo riferimento, mediante questa cifra simbolica delle dieci vergini, si rivela una verità universale.

Tutti gli uomini sono chiamati ad andare incontro a Cristo Redentore, perché Egli stesso viene incontro a tutti ed a ciascuno, come “Colui che ama”; come lo Sposo, il quale dona se stesso per amore.

Non ci parlano forse di questo la Croce e la Risurrezione? Non ce ne parlano tutti i sacramenti della Chiesa e, in particolare, la santissima Eucaristia?

[…] Questa parabola è molto eloquente ed in pari tempo profondamente significativa.

La lampada accesa è l’uomo, che risponde alla chiamata dello Sposo. La lampada accesa è la vita umana, nella quale fruttifica la potenza redentrice della Croce e della Risurrezione di Cristo. La lampada accesa è il cuore dell’uo-mo, illuminato dalla fede e dalla speranza, ed insieme ardente di quell’amore che lo Spirito Santo “diffonde nei nostri cuori” come l’olio di cui parla il Vangelo. La lampada accesa è la grazia santificante, come stato dell’anima umana, come pegno della vita eterna.

Il Vescovo di Roma viene oggi alla vostra parrocchia per ricordarvi il mistero dello Sposo Divino, che è il nostro Redentore. Viene pure per ricordare le “lampade e l’olio” della parabola evangelica.

Viene a ricordare la necessità di tenere sempre desta la lampada del fervore cristiano e sempre pronto l’olio della generosità, che non viene meno nell’attesa del Signore. Fervore e generosità: sono queste, virtù indispensabili affinché voi possiate perseverare nella sequela del Cristo con entusiasmo, per scuotervi, qualora ce ne fosse bisogno, dal torpore e dall’indifferenza in materia religiosa, e per sentirvi ed essere membri realmente vivi ed operanti nel contesto della vita parrocchiale. Fervore e generosità per superare ogni indugio, ogni pregiudizio ed ogni esitazione nella libera e fattiva risposta all’invito evangelico di vigilare e di scrutare i segni dei tempi salvifici per non sentirsi ripetere un giorno le dure parole della parabola: “In verità vi dico: non vi conosco” (Mt 25,12).

 

Vegliate! – Papa Francesco (Udienza Generale, 24 Aprile 2013): Lo Sposo è il Signore, e il tempo di attesa del suo arrivo è il tempo che Egli ci dona, a tutti noi, con misericordia e pazienza, prima della sua venuta finale; è un tempo di vigilanza; tempo in cui dobbiamo tenere accese le lampade della fede, della speranza e della carità, in cui tenere aperto il cuore al bene, alla bellezza e alla verità; tempo da vivere secondo Dio, poiché non conosciamo né il giorno, né l’ora del ritorno di Cristo. Quello che ci è chiesto è di essere preparati all’incontro – preparati ad un incontro, ad un bell’incontro, l’incontro con Gesù -, che significa saper vedere i segni della sua presenza, tenere viva la nostra fede, con la preghiera, con i Sacramenti, essere vigilanti per non addormentarci, per non dimenticarci di Dio. La vita dei cristiani addormentati è una vita triste, non è una vita felice. Il cristiano dev’essere felice, la gioia di Gesù. Non addormentarci!

 

Sei un emigrante! – Card. Tarsicio Bertone (Omelia, 22 Novembre 2017): La parabola delle dieci vergini, cinque sagge e prudenti e cinque stolte, che san Matteo ci propone, è collocata, insieme a quella dei talenti, immediatamente prima della maestosa descrizione del giudizio universale, quasi a ricordarci ciò che veramente conta nella vita, ciò che dobbiamo fare per orientare la nostra esistenza verso l’incontro definitivo con il Signore, meta ultima e comune degli uomini di ogni tempo. Il nostro itinerario “quaggiù” è un pellegrinaggio verso “lassù”. “In questa vita, osservava Sant’Agostino, sei un emigrante, la patria è in alto; qui sei un ospite, sei di passaggio su questa terra e pertanto canta e cammina”.

Preghiera dei Fedeli

Celebrante: Fratelli e sorelle, il Signore ci invita in questa domenica a pensare a ciò che sarà per noi la fine del tempo: il nostro incontro con lui. Possiamo temerlo o desiderarlo. Comunque, è necessario che ci prepariamo, non addormentandoci nel peccato ma vivendo con sapienza e speranza nella quotidiana vigilanza.

Lettore: Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore!

– Per la Chiesa che attende il ritorno di Gesù: aiuti i suoi cristiani a mantenere luminosa la loro fede nella notte del mondo, risplenda la bellezza della loro lode e liturgia. Preghiamo. Rit.

– Per le famiglie in lutto: la certezza di ritrovare i propri cari in Dio allievi la loro pena e ravvivi la loro fede. Preghiamo. Rit.

– Per quelli che si sono addormentati nel peccato: pigri, passivi. La nostra preghiera e il nostro esempio li stimoli a vivere ogni giorno nel desiderio di Dio. Preghiamo. Rit.

– Per la nostra comunità; per i piccoli che saranno battezzati e i prossimi cresimandi: perché il dono del Sacramento accresca la loro fede, sostenendoli nella vigilanza, nella pazienza, nella speranza. Preghiamo. Rit.

Celebrante: Signore Gesù, nella tua infinita sapienza conosci l’ora di ogni cosa e governi l’universo per il bene del tuo popolo. Esaudisci le preghiere che ti rivolgiamo nell’attesa della tua venuta. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

Volgi il tuo sguardo, o Padre, alle offerte della tua Chiesa, e fa’ che partecipiamo con fede alla passione gloriosa del tuo Figlio, che ora celebriamo nel mistero. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio della preghiera eucaristica X

Il giorno del Signore.

È veramente giusto benedirti e ringraziarti,

Padre santo, sorgente della verità e della vita,

perché in questo giorno di festa

ci hai convocato nella tua casa.

Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della parola

e nella comunione dell’unico pane spezzato,

fa memoria del Signore risorto

nell’attesa della domenica senza tramonto,

quando l’umanità intera

entrerà nel tuo riposo.

Allora noi vedremo il tuo volto

e loderemo senza fine la tua misericordia.

Con questa gioiosa speranza,

uniti agli angeli e ai santi,

cantiamo a una sola voce

l’inno della tua gloria: Santo…

 

Antifona alla comunione

Il Signore è mio pastore, non manco di nulla; in pascoli di erbe fresche i fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. (Sal 23,1-2)

Oppure: 

I discepoli riconobbero Gesù, il Signore, nello spezzare il pane. (Lc 24,35)

Oppure: 

“Vegliate, perché non sapete né il giorno né l’ora in cui verrà il Signore”. (cfr. Mt 25,13)

 

Preghiera dopo la comunione

Ti ringraziamo dei tuoi doni, o Padre; la forza dello Spirito Santo, che ci hai comunicato in questi sacramenti, rimanga in noi e trasformi tutta la nostra vita. Per Cristo nostro Signore.

 

Un po’ di pane per camminare

Cinque di esse erano stolte e cinque sagge… – Tutti siamo condotti dal trascorrere delle ore e dei giorni verso il futuro e in questo sembriamo uguali. Non è così. “Cinque di esse erano stolte e cinque sagge”. Stolte, perché? Avevano preso le lampade ma non l’olio cioè il combustibile necessario per accendere le lampade. Una trascuratezza incredibile ma purtroppo frequente. Come mai? Certo il tempo scorre, le ore e i giorni passano, ma sembrano sempre uguali, non succede nulla, e interviene un intorpidimento pigro e inerte che non vede più futuro. Anzi, il futuro è identificato con la morte e non resta che annidarsi al meglio nel presente, pretendendo tutto e subito. È questa la filosofia della società opulenta e consumista che non intende rinunciare a nulla, ossessionata dal “subito” e rifuggente dal futuro. In definitiva, le “vergini stolte” e tanti altri con loro, credono solo nella morte, nella non vita verso la quale sta precepitandosi il momento presente. Il tentativo di fermarsi, stanziarsi è patetico e illusorio e tradisce la disperazione di chi non crede veramente nella vita che pur vive. Le “vergini sagge” sono tali perché credono nella vita, apportatrice di futuro; credono che la vita non si esaurirà mai, che bisogna sempre essere vivi dentro la vita, con le lampade accese per entrare con lo sposo alle nozze”(don Eleuterio Agostini).

 

 

 

 

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