Liturgia, Ottobre

29 Ottobre 2017 – XXX Domenica del Tempo Ordinario (A)

Antifona d’ingresso

Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto. (Sal 104,3-4)

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure:

O Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te solo e amare i fratelli secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del suo comandamento nuovo l’unica legge della vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Prima Lettura  Es 22,20-26

Se maltratterete la vedova e l’orfano, la mia ira si accenderà contro di voi.

Nella Legge che Dio dà a Israele l’aver cura del bisognoso era parte integrante dell’adorazione dovuta a Jahvè. Gesù confermerà questa concezione (Mt 22,36-40), fissando così il vero culto a Dio su due punti fondamentali: Amore a Dio = Amore per il prossimo. L’attenzione all’altro lo troviamo non solo nei versetti della liturgia di oggi, leggi chiare e indiscutibili, ma anche in altre regole, come quelle della spigolatura (Dt 24,19-21), l’istituzione del giubileo (Lv 25,17). San Giacomo scriverà: “Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” (Gc 1,27).

Dal libro dell’Èsodo

Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».

Parola di Dio.

Salmo responsoriale           Dal Salmo 17 (18)

«Secondo un’interpretazione spirituale, quelli che credono nel Cristo gli offrono questo canto per averli liberati dai nemici, cioè dal principe di questo mondo, spogliato della sua tirannia. Il salmo è detto sia dai fedeli che dal Cristo, che si esprime con un parlare umano. Contiene la discesa dal cielo del Figlio unigenito, la sua ascensione, la sua vittoria sui demòni e la chiamata delle genti» (Cirillo Alessandrino).

Rit. Ti amo, Signore, mia forza.

Ti amo, Signore, mia forza,

Signore, mia roccia,

mia fortezza, mio liberatore. Rit.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;

mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.

Invoco il Signore, degno di lode,

e sarò salvato dai miei nemici. Rit.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,

sia esaltato il Dio della mia salvezza.

Egli concede al suo re grandi vittorie,

si mostra fedele al suo consacrato. Rit.

Seconda Lettura       1Ts 1,5c-10

Vi siete convertiti dagli idoli, per servire Dio e attendere il suo Figlio.

La predicazione di Paolo a Tessalonica non riscosse grande successo tra i Giudei, pochi si convertirono, tra questi Giasone. La maggior parte di conversioni avvennero tra i Greci. Ciò suscitò l’invidia dei Giudei che sollevarono un tumulto e non riuscendo a catturare Paolo e Silvano, trascinarono dai magistrati Giasone e altri cristiani. Per non causare altri problemi alla comunità, i due missionari decisero di partire, lasciando, però, i cristiani di Tessalonica in un ambiente non troppo favorevole.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedònia e dell’Acàia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedònia e in Acàia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

Parola di Dio.

Canto al Vangelo Gv 14,23

Alleluia, alleluia.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

Alleluia.

Vangelo        Mt 22,34-40

Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.

Nel racconto di Marco la domanda a Gesù sul primato dei precetti era suscitata da buone intenzioni, in Matteo, invece, il Dottore della Legge mette alla prova Gesù. Infatti la risposta non era facile: gli Ebrei avevano ben 613 regole e tutte andavano osservate perché la loro concezione di Dio lo faceva apparire un vendicatore di ogni trasgressione. Gesù non sminuisce nessuna regola, ma ne dà maggiore significato alla luce dell’amore a Dio e al prossimo.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Parola di Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

 Amerai – Giovanni Paolo II (Omelia, 24 Ottobre 1993): Nel brano evangelico appena proclamato Gesù viene interpellato da un dottore della legge, che lo interroga per metterlo alla prova: “Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”. La risposta del Signore è diretta e precisa: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore… Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,36-37; 22,39-40). “Amerai!”. Nel senso indicato dal Vangelo, questa parola è profondamente innovativa, anzi la più rivoluzionaria che sia risuonata nel mondo, perché, se accolta, trasforma radicalmente l’uomo, inducendolo a uscire dal proprio istintivo egoismo e a costruire rapporti veri e saldi con Dio e con i fratelli. Amerai la vita umana, la vita di tutta la comunità, la vita dell’umanità: Gesù indica un amore totale ed aperto verso Dio ed il prossimo, introducendo così nel mondo la luce della verità, ossia il riconoscimento dell’assoluta superiorità del Creatore e Padre e dell’inviolabile dignità della sua creatura, l’uomo figlio di Dio. “Amerai”! Questo divino imperativo costituisce un richiamo costante per quanti intendono seguire il Vangelo ed impegnarsi per la sua diffusione nel mondo.

Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento? – Benedetto XVI (O-melia, 2 Ottobre 2011): La Parola del Signore, risuonata poc’anzi nel Vangelo, ci ha ricordato che tutta la Legge divina si riassume nell’amore. L’Evan-gelista Matteo racconta che i farisei, dopo che Gesù ebbe risposto ai sadducei chiudendo loro la bocca, si riunirono per metterlo alla prova (cfr. Mt 22,34-35). Uno di questi interlocutori, un dottore della legge, gli chiese: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (Mt 22,36). Alla domanda, volutamente insidiosa, Gesù risponde con assoluta semplicità: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento» (Mt 22,37-38). In effetti, l’esigenza principale per ognuno di noi è che Dio sia presente nella nostra vita. Egli deve, come dice la Scrittura, penetrare tutti gli strati del nostro essere e riempirli completamente: il cuore deve sapere di Lui e lasciarsi toccare da Lui; e così anche l’anima, le energie del nostro volere e decidere, come pure l’intelligenza e il pensiero. È un poter dire come san Paolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Subito dopo, Gesù aggiunge qualcosa che, in verità, non era stato richiesto dal dottore della legge: «Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22,39). Dichiarando che il secondo comandamento è simile al primo, Gesù lascia intendere che la carità verso il prossimo è importante quanto l’amore a Dio. Infatti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è l’amore dei fratelli.

Amerai il Signore tuo Dio e il tuo prossimo come te stesso – Caritas in Veritate 2: La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Ogni responsabilità e impegno delineati da tale dottrina sono attinti alla carità che, secondo l’insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge (cfr. Mt 22,36-40). Essa dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici. Per la Chiesa – ammaestrata dal Vangelo – la carità è tutto perché, come insegna san Giovanni (cfr. 1Gv 4,8.16) e come ho ricordato nella mia prima Lettera enciclica, «Dio è carità» (Deus Caritas Est): dalla carità di Dio tutto proviene, per essa tutto prende forma, ad essa tutto tende. La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza.

Amore a Dio e amore al prossimo sono inseparabili – Charles de Foucauld (Meditazioni sui passi evangelici 337-8): L’amore di Dio si riconosce poco dal di fuori; si può facilmente illudersi su di esso, credere di possederlo e non averlo. Consideriamo l’amore che abbiamo per il prossimo e riconosceremo se abbiamo amore per Dio, poiché sono inseparabili e crescono e decrescono insieme nella stessa misura. L’amore che si ha per il prossimo si conosce senza difficoltà; lo si constata ogni giorno dai pensieri, dalle parole, dagli atti che si fanno e da quelli che non si fanno; è facile sapere se si fa per il prossimo ciò che si vorrebbe che si facesse per noi, se lo si ama come noi stessi, se si vede in lui il Signore, se lo si tratta con tutto l’amore, la tenerezza, la compassione, il rispetto, il desiderio di bene che si deve alle membra di Gesù

Preghiera dei Fedeli

Celebrante: Fratelli e sorelle, nell’amore ogni uomo realizza l’unione con Dio e con i fratelli. L’amore è il comandamento che sintetizza tutta la legge di Dio. Noi lo sappiamo, ma abbiamo bisogno di ritrovare in Gesù la forza di amare, di vincere l’indifferenza e l’aggressività.

Lettore: Chiediamo al Padre di venirci in aiuto: Ascoltaci, o Signore!

– Per la Chiesa: perché predichi instancabilmente il comandamento dell’amore, educando anche i più piccoli a non separare mai l’amore di Dio dall’amore per gli uomini, a riconoscere in ogni fratello il volto di Gesù. Preghiamo. Rit.

– Perché la società con la sua giustizia e i cristiani con il loro amore riescano a raggiungere i piccoli, i poveri, gli orfani, gli stranieri, salvaguardando sempre la persona e avendo cura di tutte le persone. Preghiamo. Rit.

– Per i missionari, gli operatori di pace, i professionisti cristiani in campo sociale e assistenziale, affinché la solidarietà e gli interventi a favore dei bisognosi siano sempre sostenuti dalla fede; sappiano amare i loro fratelli come Dio ama i suoi figli. Preghiamo. Rit.

– Perché la nostra comunità cristiana trovi nell’ascolto della Parola e nella partecipazione alla mensa eucaristica il nutrimento per la vita di fede; sia capace di tradurre in gesti di carità, accoglienza, ospitalità verso i fratelli l’amore donatole dal Signore. Preghiamo. Rit.

Celebrante: Padre aiutaci a riconoscerti, ad amarti e a servirti nei nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte

Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo: quest’offerta, espressione del nostro servizio sacerdotale, salga fino a te e renda gloria al tuo nome. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio della preghiera eucaristica IV

È veramente giusto renderti grazie,

è bello cantare la tua gloria,

Padre santo, unico Dio vivo e vero:

prima del tempo e in eterno tu sei,

nel tuo regno di luce infinita.

Tu solo sei buono e fonte della vita,

e hai dato origine all’universo,

per effondere il tuo amore su tutte le creature

e allietarle con gli splendori della tua luce.

Schiere innumerevoli di angeli

stanno davanti a te per servirti,

contemplano la gloria del tuo volto,

e giorno e notte cantano la tua gloria.

Insieme con loro anche noi,

fatti voce di ogni creatura,

esultanti cantiamo: Santo…

Antifona alla comunione

Esulteremo per la tua salvezza e gioiremo nel nome del Signore, nostro Dio. (Sal 20,6)

Oppure:

Cristo ci ha amati: per noi ha sacrificato se stesso, offrendosi a Dio in sacrificio di soave profumo. (Ef 5,2)

Oppure:

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. (Mt 22,37)

Preghiera dopo la comunione

Signore, questo sacramento della nostra fede compia in noi ciò che esprime e ci ottenga il possesso delle realtà eterne, che ora celebriamo nel mistero. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso – Gesù ci chiede l’amore secondo il suo metro di misura, di amare perfino i nemici e il prossimo più lontano, un amore che si fa predilezione, conforto per gli orfani, per i bambini, per i poveri, per gli esclusi, per gli emarginati. Un amore senza confini, un amore confitto in croce. «Cristo è morto per amore verso di noi, quando eravamo ancora “nemici” [Rm 5,10]. Il Signore ci chiede di amare come lui, perfino i nostri nemici, di farci il prossimo del più lontano, di amare i bambini e i poveri come lui stesso» (CCC 1825). Ai cristiani di Corinto affamati di carismi e digiuni di carità, Paolo suggerisce che la carità è il carisma più grande (1Cor 12,31), prima delle virtù, superiore alle altre e loro forma, che vengono da essa articolate e ordinate come sorgente e termine. «Se non avessi la carità, dice ancora l’Apostolo, “non sono nulla…”. E tutto ciò che è privilegio, servizio, perfino virtù… senza la carità, “niente mi giova” (1Cor 13,1-4). La carità è superiore a tutte le virtù. È la prima delle virtù teologali: “Queste le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità” [1Cor 13,13]» (CCC 1826). La carità anima e ispira l’esercizio di tutte le virtù e le unisce in modo perfetto (Col 3,14); «è la forma delle virtù; le articola e le ordina tra loro; è sorgente e termine della loro pratica cristiana. La carità garantisce e purifica la nostra capacità umana di amare. La eleva alla perfezione soprannaturale dell’amore divino» (CCC 1827). Senza la carità l’uomo scivola nell’abisso dell’animalità, schiavo degli istinti, fa naufragio nel mare del vizio e del peccato. Alla luce della divina Rivelazione solo la carità, animando tutta la vita morale del cristiano, lo rende spiritualmente libero, padrone della sua volontà, del suo cuore e del suo corpo: «La pratica della vita morale animata dalla carità dà al cristiano la libertà spirituale dei figli di Dio. Egli non sta davanti a Dio come uno schiavo, nel timore servile, né come il mercenario in cerca del salario, ma come un figlio che corrisponde all’amore di colui che “ci ha amati per primo” [1Gv 4,19]» (CCC 1828). L’uomo quando si fa affascinare e rapire dalla carità getta la sua vita nel solco della soprannaturalità: una vita non più semplicemente umana, ma divina.

Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei

(Per conoscerci: 0922 607054 // 095 965638)

 Capitolo 3

Vita Consacrata con voto di Povertà Castità Obbedienza

  1. Il voto di Povertà Seguendo Gesù povero

Art. 42 – Nessun membro sottragga alla Famiglia ecclesiale beni in denaro o in natura a favore di familiari, parenti o amici. Per i casi di reale indigenza provvedano caritatevolmente i Responsabili.

Art. 43 – Parimenti tutto quello che è dato alla Famiglia ecclesiale o che i singoli Consacrati della Piccola Comunità dei Servi della Parola e della Piccola Comunità delle Serve della Parola ricevono sotto forma di compenso, di donazione o di regalo, di pensione o di assicurazione è di proprietà della Famiglia ecclesiale stessa e va messo a disposizione della medesima.

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