I Lettura: C’è in questo brano tutta la difficoltà da parte degli ambienti giudeo-cristiani nei confronti dell’apertura ai pagani. Anche Pietro, la guida autorevole, espone un dettagliato resoconto per spiegare come fosse giunto ad una decisione tanto audace per quei tempi. Il malcontento nasce da un motivo di tipo ritualistico ed alimentare: vengono in mente i rimproveri che i farisei facevano a Gesù perché sedeva a tavola con pubblicani e peccatori. Pietro fa dunque comprendere dai fatti come sia stato Dio stesso a spingerlo verso questa scelta.
Vangelo: Gesù si presenta come il pastore dei pascoli eterni che conosce sentieri che nessun altro conosce, che si mostra essere un pastore diverso e che non si limita a imporre il suo volere ma si dimostra meritevole della fiducia accordatagli dal gregge. Nessuna pretesa di dominio da parte sua e nessuna richiesta di sudditanza o rinuncia alla propria dignità. Chiede solo di fidarsi di lui per giungere alla meta. Egli è talmente distaccato da ogni potere e talmente dedito al suo ministero di guida sicura e mite che dà la propria vita per le pecore.
Il buon pastore dà la vita per le pecore – Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Il Battesimo nella Chiesa – CCC 1226-1228: Dal giorno della pentecoste la Chiesa ha celebrato e amministrato il santo Battesimo. Infatti san Pietro, alla folla sconvolta dalla sua predicazione, dichiara: «Pentitevi, e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38). Gli Apostoli e i loro collaboratori offrono il Battesimo a chiunque crede in Gesù: Giudei, timorati di Dio, pagani. Il Battesimo appare sempre legato alla fede: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia», dichiara san Paolo al suo carceriere a Filippi. Il racconto continua: «Subito il carceriere si fece battezzare con tutti i suoi» (At 16,31-33). Secondo l’apostolo san Paolo, mediante il Battesimo il credente comunica alla morte di Cristo; con lui è sepolto e con lui risuscita: «Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-4). I battezzati si sono «rivestiti di Cristo». Mediante l’azione dello Spirito Santo, il Battesimo è un lavacro che purifica, santifica e giustifica. Il Battesimo è quindi un bagno d’acqua nel quale «il seme incorruttibile» della Parola di Dio produce il suo effetto vivificante. Sant’Agostino dirà del Battesimo: «Accedit verbum ad elementum, et fit sacramentum – Si unisce la parola all’elemento, e nasce il sacramento».
Ho altre pecore che non sono di questo ovile – Lumen Gentium 6: Come già nell’Antico Testamento la rivelazione del regno viene spesso proposta in figure, così anche ora l’intima natura della Chiesa ci si fa conoscere attraverso immagini varie, desunte sia dalla vita pastorale o agricola, sia dalla costruzione di edifici o anche dalla famiglia e dagli sponsali, e che si trovano già abbozzate nei libri dei profeti. La Chiesa infatti è un ovile, la cui porta unica e necessaria è Cristo (cfr Gv 10,1-10). È pure un gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che ne sarebbe il pastore (cfr Is 40,11; Ez 34,11ss), e le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il buon Pastore e principe dei pastori (cfr Gv 10,11; 1Pt 5,4), il quale ha dato la vita per le pecore (cfr Gv 10,11-15).
… offro la vita per le pecore: Giovanni Paolo II (Omelia, 7 maggio 1990): La Croce e il sacrificio, amatissimi fratelli e sorelle, ci consentono di distinguere tra il Buon Pastore e i falsi pastori, o mercenari. Nel corso della storia si sono succeduti non pochi “pastori” – capi, duci, condottieri, ideologi e creatori di opinioni, o di correnti di pensiero – che hanno cercato di “pascere” e guidare il popolo verso paradisi artificiali e verso terre promesse di libertà, di benessere, di giustizia, di piena realizzazione, volendo prescindere da Dio e dalla sua santa legge. Ed uno dietro l’altro, giunto il pericolo – giunta l’ora della verità nell’inesorabile cammino della storia – si sono dimostrati falsi pastori, servitori non della verità e del bene, ma di interessi particolari, di ideologie e sistemi che si rivoltavano contro l’uomo. Cristo, invece, come Buon Pastore va incontro alla Croce, perché conosce le sue pecorelle e sa che il sacrificio di sé è necessario per la loro salvezza. Occorre che Lui offra la sua vita per le pecorelle. Sì. Il Buon Pastore conosce le sue pecorelle e le pecorelle conoscono lui. Lo conoscono come loro Redentore.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Il Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio: «Lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d’immortalità, lavacro di rigenerazione, sigillo, e tutto ciò che vi è di più prezioso. Dono, poiché è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; Battesimo, perché il peccato viene seppellito nell’acqua; unzione, perché è sacro e regale [tali sono coloro che vengono unti]; illuminazione, perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio» (San Gregorio Nazianzeno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare». Oggi la Liturgia della Parola allarga gli orizzonti della nostra azione pastorale fino a raggiungere ogni uomo: in Cristo morto e risorto nessuno deve considerarsi o essere considerato non appartenente al recinto. Ciò non toglie che molti fratelli siano comunque fuori da questo recinto che è l’amore misericordioso di Dio. Cristo, perché ogni uomo potesse trovare posto ed avere piena cittadinanza nel Cuore di Dio, ha dato tutto se stesso, le sue fatiche, il suo tempo, ogni sua opera e parola, fino al dono della sua stessa vita. Così facendo, Gesù ha dilatato i confini del Regno di Dio oltre ogni nostra speranza e aldilà di ogni nostro merito. Ora tocca a noi! Affinché queste pecore entrino nel divino ovile, dobbiamo anche noi donare il nostro tempo, le nostre fatiche, se necessario anche la stessa nostra vita. È quello che comprende Pietro nel racconto riportato dalla Prima Lettura. Avendo dato pieno assenso alle divine ispirazioni si reca a casa di Cornelio e lì assiste nuovamente al fenomeno della Pentecoste. Lo Spirito Santo scende su quella famiglia, ma solo appena Pietro comincia a parlare, come se lo attendesse, come se non potesse scendere senza la collaborazione dell’Apostolo. E noi, quando daremo la possibilità allo Spirito Santo di scendere sui fratelli che attendono l’annuncio e la nostra testimonianza del Cristo risorto?
Preghiamo
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato il mondo dalla sua caduta, donaci la santa gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…