maggio, meditazioni

2 MAGGIO 2020 – SABATO, III SETTIMANA DI PASQUA – SANT’ATANASIO (MEMORIA)

      I Lettura: Il brano inizia con uno sguardo sintetico sulla situazione interna della Chiesa. La comunità cristiana è in pace, timorata di Dio, cresce con l’assistenza dello Spirito Santo. Pietro in veste di capo religioso sorregge, aiuta e incoraggia i discepoli: egli visita alcune comunità già evangelizzate e al suo passaggio si ripropone l’azione miracolosa di Dio. L’apostolo è diventato ora il pastore taumaturgo, che nella giovane Chiesa testimonia non solo la Parola, ma anche la potenza di guarigione del Cristo.

  Vangelo: Giovanni afferma che come è reale la carne di Gesù, così è reale la verità eucaristica. Entrambi sono un dono con lo stesso effetto: dare la vita all’uomo. Molti discepoli non vollero però credere. Gesù non viene colto di sorpresa da questo atteggiamento di abbandono, egli conosce il cuore dell’uomo. Aderire alla sua persona e al suo messaggio nella fede è un dono che nessuno può dare a se stesso perché è dato unicamente dal Padre. L’uomo è sempre libero di rifiutare il dono divino e la comunione con Cristo. Solo chi è nato e vivificato dallo Spirito e non agisce secondo la carne, comprende la rivelazione di Dio.

Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna – Dal Vangelo secondo Giovanni

  In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

  Il nucleo principale della celebrazione dell’Eucaristia è la misteriosa conversione del pane e del vino, per le parole di Cristo e la potenza dello Spirito Santo, nel Corpo e nel Sangue del Signore – CCC 1333: Al centro della celebrazione dell’Eucaristia si trovano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e per l’invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa continua a fare, in memoria di lui, fino al suo glorioso ritorno, ciò che egli ha fatto la vigilia della sua Passione: «Prese il pane…», «Prese il calice del vino…». Diventando misteriosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del pane e del vino continuano a significare anche la bontà della creazione. Così, all’offertorio, rendiamo grazie al Creatore per il pane e per il vino, «frutto del lavoro dell’uomo», ma prima ancora «frutto della terra» e «della vite», doni del Creatore. Nel gesto di Melchisedek, re e sacerdote, che «offrì pane e vino» (Gen 14,18) la Chiesa vede una prefigurazione della sua propria offerta.

  Come prova del suo amore – lasciato come comandamento supremo ai cristiani. Gesù istituì l’Eucaristia comandando agli Apostoli di celebrarla come memoriale della sua Pasqua – CCC 1337: Il Signore, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. Sapendo che era giunta la sua Ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenavano, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell’amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua Pasqua, istituì l’Eucaristia come memoriale della sua morte e della sua risurrezione, e comandò ai suoi apostoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli «in quel momento sacerdoti della Nuova Alleanza».

  Presenza eucaristica: vera, reale e sostanziale: CCC 1374: Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l’Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa «quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti». Nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia è «contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero». «Tale presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente».

  Cristo si rende presente per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue – CCC 1376: Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: «Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione».

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

  «È lo Spirito che dona la Vita, la carne da sola non giova a nulla: ossia: se le parole che ho detto le capite in senso spirituale, danno Vita… se le intendete in senso carnale, non vi giovano affatto. Anzi, possono nuocere, poiché, come dice Paolo [Rm 8,13], se vivete secondo la carne, morirete» (San Tommaso d’Aquino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

  «si inginocchiò a pregare; poi, rivolto alla salma, disse: “Tabità, àlzati!”». Il protagonista della Liturgia della Parola di oggi è indubbiamente san Pietro. La vita e la fede dell’Apostolo conosce le crisi, le cadute e le fragilità di ogni uomo, ma la grandezza di Pietro sta nella sua piena fiducia e nel suo totale abbandono in Dio. Quando tutti pensano che Gesù sia un profeta, egli lo proclama Figlio di Dio; quando tutti lo lasciano egli sa che non avrebbe dove andare lontano da quella Parola di vita eterna. E dopo la risurrezione del Maestro, Pietro confessa e testimonia la potenza di Dio con parole (è lui il primo ad annunciare alle genti il kerigma, il Cristo morto, risorto, vivente e salvatore, il giorno di Pentecoste) e con prodigi (dallo storpio guarito davanti alla porta del Tempio alla risurrezione di Tabità) al punto che, come avveniva già col Cristo, le persone arrivavano a mettere le barelle coi malati dove passava Pietro affinché, toccati dalla sua ombra, potessero guarire (cfr At 5,15). La “potenza” di Pietro non è un “potere” che gli appartiene: egli sa che tutto ciò che ha detto e fatto non viene da lui, non gli è stato rivelato dalla carne o dal sangue, ma dal Dio Altissimo e Misericordioso, come anche Gesù gli ha confermato (cfr Mt 16,17). Ecco perché, prima di compiere il miracolo di far tornare in vita Gazzella, lo vediamo in preghiera, come lo stesso Gesù gli aveva insegnato: tutto ciò che siamo è grazia di Dio e proviene da Dio; senza la sua grazia noi siamo solo peccato.

Preghiamo

  Dio di infinita sapienza, che hai suscitato nella tua Chiesa il vescovo sant’Atanasio, intrepido assertore della divinità del tuo Figlio, fa’ che per la sua intercessione e il suo insegnamento cresciamo sempre nella tua conoscenza e nel tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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