I Lettura: Quella che per Paolo era solo una setta, si stava diffondendo pericolosamente oltre i confini della Giudea e della Samarìa, sino in Siria. Sulla via di Damàsco però una luce lo avvolge e lo acceca: una voce lo interroga. Siamo davanti a un tipico racconto vocazionale. Il destino di Paolo è ormai legato al nome di Gesù, nome che dovrà portare e testimoniare davanti ai pagani e ai loro re, come davanti ai figli di Israele. Quel Gesù che sino a poco tempo prima era oggetto di persecuzione, ora diventa l’essenza stessa della sua vita.
Vangelo: Gesù insiste con forza esortando a consumare il pane eucaristico per partecipare alla sua vita e annuncia i frutti straordinari per coloro che partecipano al banchetto eucaristico: colui che rimane in Cristo e prende parte al suo mistero pasquale resta in lui con un’unione durevole e intima. Il discepolo di Gesù ha come dono la vita in Cristo, che supera ogni attesa umana, perché promessa di risurrezione e immortalità. Questo l’insegnamento profondo e autorevole mirato alla rivelazione graduale della persona di Gesù.
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda – Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Gesù Cristo – l’amore incarnato di Dio – Deus Caritas Est 12-13: La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti – un realismo inaudito. Già nell’Antico Testamento la novità biblica non consiste semplicemente in nozioni astratte, ma nell’agire imprevedibile e in certo senso inaudito di Dio. Questo agire di Dio acquista ora la sua forma drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la «pecorella smarrita», l’umanità sofferente e perduta. Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare. Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr Gv 19,37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: «Dio è amore» (1Gv 4,8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare. A questo atto di offerta Gesù ha dato una presenza duratura attraverso l’istituzione dell’Eucaristia, durante l’Ultima Cena. Egli anticipa la sua morte e resurrezione donando già in quell’ora ai suoi discepoli nel pane e nel vino se stesso, il suo corpo e il suo sangue come nuova manna (cfr Gv 6,31-33). Se il mondo antico aveva sognato che, in fondo, vero cibo dell’uomo – ciò di cui egli come uomo vive – fosse il Logos, la sapienza eterna, adesso questo Logos è diventato veramente per noi nutrimento – come amore. L’Eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione. L’immagine del matrimonio tra Dio e Israele diventa realtà in un modo prima inconcepibile: ciò che era lo stare di fronte a Dio diventa ora, attraverso la partecipazione alla donazione di Gesù, partecipazione al suo corpo e al suo sangue, diventa unione. La «mistica» del Sacramento che si fonda nell’abbassamento di Dio verso di noi è di ben altra portata e conduce ben più in alto di quanto qualsiasi mistico innalzamento dell’uomo potrebbe realizzare.
Cristo ci nutre unendoci a sé – Sacramentum Caritatis 70: Il Signore Gesù, fattosi per noi cibo di verità e di amore, parlando del dono della sua vita ci assicura che «chi mangia di questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,51). Ma questa «vita eterna» inizia in noi già in questo tempo attraverso il cambiamento che il dono eucaristico genera in noi: «Colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6,57). Queste parole di Gesù ci fanno capire come il mistero «creduto» e «celebrato» possegga in sé un dinamismo che ne fa principio di vita nuova in noi e forma dell’esistenza cristiana. Comunicando al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, infatti, veniamo resi partecipi della vita divina in modo sempre più adulto e consapevole. Vale anche qui quanto sant’Agostino, nelle sue Confessioni, dice del Logos eterno, cibo dell’ani-ma: mettendo in rilievo il carattere paradossale di questo cibo, il santo Dottore immagina di sentirsi dire: «Sono il cibo dei grandi: cresci e mi mangerai. E non io sarò assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu sarai assimilato a me». Infatti non è l’alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; «ci attira dentro di sé».
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
La medicina d’immortalità – «Tutti e ciascuno – per la grazia cristiana, per l’unica fede, per Gesù Cristo stirpe di Davide nella carne [cfr. Rm 1,33], figlio dell’uomo e figlio di Dio -, tutti voi, dunque, siate intimamente uniti nell’obbedire al vescovo e al collegio presbiterale e nello spezzare l’unico pane che è medicina d’immortalità, antidoto contro la morte, alimento dell’eterna vita in Gesù Cristo” (Sant’Ignazio di Antiochia)
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Chi mangia questo pane vivrà in eterno». L’Eucarestia è il dono più bello e impensabile che Dio potesse farci: il Padre ha tanto amato il mondo da darci il suo Figlio (cfr Gv 3,16), e questo dono è permanente, per sempre: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). Il Figlio di Dio fattosi carne rimane con noi nella sua carne, asceso al Cielo in corpo e anima, rimane nel mondo, vivo e vero, nell’Eucarestia. Ogni volta che facciamo la Comunione diventiamo una sola cosa con Cristo in Dio, partecipando della sua redenzione e della sua gloria. Nella Eucarestia è presente il corpo di Cristo con i segni della passione e Risurrezione. Non con i segni della morte, perché la morte di Cristo è solo un passaggio ed essa è stata definitivamente vinta dalla risurrezione. Quindi nell’Eucarestia non è presente la morte, rimangono invece i segni della sua passione, così come nel corpo del Risorto (cfr Gv 20,25-27). Cristo è la Risurrezione e la Vita: chi vive e crede in lui non morirà in eterno (cfr Gv 11,26). Adorare l’Eucarestia significa, quindi, lasciarci avvolgere da questo mistero di amore, di passione, di redenzione, di vittoria e di Risurrezione; significa metterci dinanzi alla realizzazione del piano salvifico di Dio realizzato nel suo Figlio Gesù. Fare la Comunione significa diventare eterni nella vita del Figlio: un’eternità che inizia già ora, viventi, ed è per sempre.
Preghiamo
Dio onnipotente, che ci hai dato la grazia di conoscere il lieto annunzio della risurrezione, fa’ che rinasciamo a vita nuova per la forza del tuo Spirito di amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…