aprile, meditazioni

26 aprile 2020 III domenica del Tempo di Pasqua (A)

     “Le prime due letture sono un saggio della predicazione di san Pietro, e il canto responsoriale, cioè il salmo 15, fa parte delle sue citazioni. Questa predicazione presenta il Cristo nella sua vita e nella sua opera redentiva. Fu predestinato da prima della fondazione del mondo, però manifestato negli ultimi tempi (Rm 16,25; 1Cor 2,7.10; Gal 4,4; Ef 3,5) per gli uomini. Ecco il disegno eterno di Dio che prevedeva e programmava la salvezza di tutti gli uomini mediante il mistero della morte e risurrezione di Cristo” (Vincenzo Raffa).

Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? Il piano di salvezza di Dio si doveva realizzare per mezzo della Passione e Morte redentrici, questa la volontà del Padre. La Croce non è un fallimento, ma la via voluta da Dio (= bisognava) per il trionfo definitivo di Cristo sul peccato e sulla morte. Molti contemporanei di Gesù non intesero la missione soprannaturale di Cristo per non aver interpretato in modo corretto i testi dell’AT.

Purtroppo ancora oggi questa ignoranza ha radici in molti cuori, anche di tanti sedicenti credenti: “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza” (Gv 5,39).

“E Gesù rimane. I nostri occhi si aprono come quelli di Clèopa e del suo compagno, quando Gesù spezza il pane; e benché Egli di nuovo scompaia al nostro sguardo, saremo capaci, come loro, di riprendere il cammino – è già notte – per parlare di Lui agli altri, perché per tanta gioia un cuore solo non basta. Verso Èmmaus. Il Signore ha reso dolcissimo questo nome. Ed Èmmaus è il mondo intero, perché il Signore ha aperto i cammini divini della terra” (Josemaria Escrivá).

Antifona d’ingresso

Acclamate al Signore da tutta la terra, cantate un inno al suo nome, rendetegli gloria, elevate la lode. Alleluia. (Sal 66,1-2)

Colletta

Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure:

O Dio, che in questo giorno memoriale della Pasqua raccogli la tua Chiesa pellegrina nel mondo, donaci il tuo Spirito, perché nella celebrazione del mistero eucaristico riconosciamo il Cristo crocifisso e risorto, che apre il nostro cuore all’intelligenza delle Scritture, e si rivela a noi nell’atto di spezzare il pane. Egli è Dio, e vive e regna con te…

Prima Lettura         At 2,14a.22-33

Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere.

La prima lettura presenta la figura di Pietro subito dopo l’effusione dello Spirito Santo, nel giorno di Pentecoste, dipingendo, così, le caratteristiche fondamentali della maturità della comunità cristiana. La figura di Pietro è infatti l’immagine del cristiano che ha raggiunto la pienezza dello Spirito e si presenta coraggioso, chiaro e fermo nel discorso come colui che sa di rendere testimonianza alla Verità.

Dagli Atti degli Apostoli

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret — uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene —, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».     Parola di Dio.

Salmo Responsoriale         Dal Salmo 15 (16)

Rit. Mostraci, Signore, il sentiero della vita.

Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:

nelle tue mani è la mia vita. Rit.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;

anche di notte il mio animo mi istruisce.

Io pongo sempre davanti a me il Signore,

sta alla mia destra, non potrò vacillare. Rit.

Per questo gioisce il mio cuore

ed esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Rit.

Mi indicherai il sentiero della vita,

gioia piena alla tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra. Rit.

Seconda Lettura         1Pt 1,17-21

Foste liberati con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.

Pietro “esorta i credenti a non considerare le tappe del loro cammino di fede come delle conquiste definitivamente acquisite: finché dura il pellegrinaggio terreno, i doni di grazia possono essere confermati e possono essere sciupati. Il timore a cui si riferisce il vicario di Cristo non è la paura del castigo, ma quell’eccessiva sicurezza che nella notte dell’ul-tima cena si rivelò come segno dell’imminente caduta di Pt” (Cuffaro).

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.      Parola di Dio.

Canto al Vangelo         cfr Lc 24,32

Alleluia, alleluia.

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture; arde il nostro cuore mentre ci parli.

Alleluia.   

Vangelo         Lc 24,13-35

Lo riconobbero nello spezzare il pane.

L’evangelista Luca racconta tutti gli eventi che stanno tra la risurrezione e l’ascensione all’interno di un unico giorno, per sottolineare che la risurrezione di Cristo introduce l’umanità in una fase nuova e definitiva, come in un giorno senza tramonto” (E. Cuffaro).

Dal Vangelo secondo Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.  Parola del Signore.

Preghiera dei Fedeli                                              (proposta)

Il regno dei cieli è opera gratuita del Signore, ma anche nostro solidale impegno; preghiamo perché ogni uomo partecipi responsabilmente alla causa della salvezza e diciamo: Venga il tuo regno, Signore.

– Perché la comunità cristiana custodisca la fede pasquale dei padri e dia testimonianza del rinnovamento nello Spirito attraverso le opere di giustizia e di pace, preghiamo. Rit.

– Perché ogni famiglia condivida i doni di verità e di grazia che ha ricevuto e anche nell’uso dei beni materiali renda ragione della speranza che splende nel Cristo risorto, preghiamo. Rit.

– Perché ogni cristiano che riconosce il Cristo nella Parola e nel Pane spezzato, sappia vederlo sulle strade del mondo, lo soccorra ferito e bisognoso, lo accolga povero e forestiero, preghiamo. Rit.

– Perché tutti i rinati nel Battesimo rifiutino ogni forma di violenza e di menzogna, e aderiscano alla regalità del Cristo Signore nei pensieri e nelle opere, preghiamo. Rit.

– Perché, conclusa la celebrazione liturgica della Messa, sia tutta la nostra vita ad annunziare nel mondo la riconciliazione e la pace, preghiamo. Rit.

Celebrante

O Dio, nostro Padre, che in Cristo risorto hai dato inizio alla creazione nuova, fa’ che i figli della Chiesa, con la grazia dello Spirito Santo, annunzino la perenne novità del Vangelo. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte

Accogli, Signore, i doni della tua Chiesa in festa, e poiché le hai dato il motivo di tanta gioia, donale anche il frutto di una perenne letizia. Per Cristo nostro Signore.

 

Antifona alla comunione

I discepoli riconobbero Gesù, il Signore, nello spezzare il pane. Alleluia. (cfr Lc 24,35)

Preghiera dopo la comunione

Guarda con bontà, Signore, il tuo popolo, che hai rinnovato con i sacramenti pasquali, e guidalo alla gloria incorruttibile della risurrezione. Per Cristo nostro Signore.

Approfondimento

      Tristezza – E. Ghini (Tristezza in Schede Bibliche Pastorali, EDB): Anche Giovanni vede nell’appartenenza a Dio in Cristo la causa di un contrasto con il mondo che produce un’inevitabile tristezza. La sequela di Gesù comporta un’uscita dal mondo (Gv 15,19; 17,15) che non è abbandono di esso (Gv 17,11), ma sopportazione dell’odio che il mondo esercita verso chi appartiene a Gesù (Gv 15,18-19).

La tristezza che assale i discepoli per la partenza del maestro (Gv 16,6) è una mestizia ontologica, ben prima che psicologica. Essa caratterizza la condizione di solitudine propria dell’elezione di cui i discepoli sono stati oggetto: l’appartenenza a Gesù significa solitudine nel mondo, e quindi tristezza. Mentre il mondo, che si oppone a Gesù, gode della sua scomparsa (Gv 16,20), i discepoli ne provano turbamento (Gv 14,1.27), e ne avranno tribolazione (Gv 16,33) e tristezza; il congedo di Gesù, infatti, se da un lato spezza ulteriormente il loro rapporto con il mondo, dall’altro cambia il modo della loro comunione con lui.

Ma la tristezza, già preannunciata da Gesù ai discepoli (Mt 9,15), in cui essi cadono per essere soli nel mondo ostile, estranei ad esso e privi della comunione umana con Gesù, è la condizione oggettiva del loro accesso alla vera intimità con lui.

Così come Gesù non ha temuto di causare tristezza ai più intimi tra i suoi, per seguire al di là di tutto la volontà del Padre (Lc 2,48ss.), così egli deve essere occasione di tristezza per i discepoli, per portare a compimento la sua missione di salvezza.

Il valore salutare di questa mestizia la rende simile ai dolori del parto (Gv 16,21), ma è il presupposto della gioia (Gv 16,20), di una gioia permanente e inalterabile, resistente ad ogni prova, segno di una comunione nuova e infrangibile tra i discepoli e Gesù (Gv 16,21-22), della vittoria sull’ostilità del mondo (Gv 16,33).

La solitudine, l’abbandono per i quali i discepoli devono passare, la persecuzione di cui saranno fatti oggetto (Gv 16,2ss.) cederanno il posto alla consolazione di una presenza che sarà vita indefettibile (Gv 14,18): sarà la pienezza della gioia: «Ora io vengo a te, e dico queste cose… perché abbiano in sé la pienezza della mia gioia» (Gv 17,13).

Ma se i cristiani sono chiamati a esperimentare la tristezza, perché l’appartenenza a Dio separa dal mondo (1Pt 2,19-21), se è necessario che subiscano prove (1Pt 1,6; Eb 12,5-11), essi non si affliggono «come coloro che non hanno speranza» (1Tss 4,13). Nulla infatti li separa dall’amore di Dio in Cristo (Rm 8,39), dalla gioia della salvezza (1Pt 1,5-6). La tristezza è stata vinta dalla pasqua.

Se verrà meno definitivamente solo alla parusia, quando ogni lacrima sarà asciugata (Ap 21,4), già ora il cristiano l’ha vinta, mediante la morte e la risurrezione di Cristo. Al di là di ogni dolore, di ogni lacerazione, c’è in lui, dono dello Spirito ricevuto nel Battesimo, alimentato dall’Eucaristia, la gioia quieta di una comunione che nulla può spezzare e nessuno può togliere più (Gv 16,22). È la consolazione di un’intimi-tà che è soluzione di tutti i problemi, risposta a tutte le domande, superamento di ogni tristezza: semplice fruizione di pace (Gv 16,23).

Commento al Vangelo

Si fermarono, col volto triste – Giuseppe Flavio racconta che l’Impe-ratore Vespasiano aveva stabilito una colonia di 800 veterani, licenziati dal suo esercito, in una località chiamata Emmaus e che distava da Gerusalemme trenta stadi (Guerra giudaica 7:6,6). Si ritiene che questo sia il luogo della cena di Gesù con i suoi discepoli, anche se la distanza non coincide con quella indicata da Luca.

I discepoli di Emmaus camminavano gemendo sotto il peso della tristezza: vivevano «fondamentalmente una crisi di speranza, provocata da un’errata concezione del Messia, concezione che fa sentire la morte di Gesù come scandalo e fallimento» (Luigi Di Pinto). Non avevano compreso la missione soprannaturale del Cristo perché non avevano interpretato in modo corretto i testi dell’Antico Testamento.

Mentre discorrevano di tutto quello che era accaduto, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Non riconoscendolo, i due discepoli rispondono alla domanda del forestiero raccontando la vita del Crocifisso, la sua missione e la sua morte e la loro vana attesa: è un modo come un altro per sfogare tutta la loro amarezza.

Noi speravano che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele, ma tutto era finito nella più cupa delusione, nonostante i discorsi sconvolgenti di alcune donne, discepole di Gesù; nonostante il sepolcro vuoto e l’ispe-zione fatta da Pietro e dal discepolo che Gesù amava. Per loro, la vita e la morte di Gesù rimanevano fasciate di mistero, irreale la sua risurrezione, oscure le sue promesse: non riuscivano a trovare la chiave di lettura degli avvenimenti accaduti intorno al Golgota e al sepolcro vuoto perché non avevano poggiato il loro capo sul cuore della Parola di Dio (cfr Gv 13,26).

Cleopa e il suo compagno, tornavano a casa stanchi, col volto triste, sotto il peso insopportabile dello scandalo e del fallimento. Con il dissolversi della speranza, forse, avevano tagliato i ponti con la comunità e avevano deciso di tornare a casa: la frantumazione della comunione porta sempre con sé tristezza, sfiducia e solitudine.

Quando l’uomo è sull’orlo dell’abisso dello scoramento, Dio allora prende l’iniziativa: Gesù si avvicinò e camminava con loro, si fa trovare sulla strada dei discepoli smarriti per risanare i loro cuori affranti e fasciare le loro ferite (cfr Sal 147,3).

I due discepoli camminavano e parlavano con Gesù, ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo: non lo riconoscono non perché i loro occhi non vedano, ma perché è loro impedito di vedere. Una sottolineatura tesa ad evidenziare che la fede nella risurrezione è un «dono perfetto che viene dall’alto» (Gc 1,17). Non potevano comprendere le Scritture perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo: lo «Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26).

La domanda di Gesù, Che cosa sono questi discorsi che state facendo lungo il cammino?, ha uno scopo propedeutico e critico: vuole che il discepolo innanzi tutto riveli a se stesso i pensieri segreti che lo agitano, le attese messianiche che avevano animato il suo discepolato, le disillusioni, i suoi errori nel comprendere il mistero del Cristo.

Solo confessando a se stesso le errate valutazioni si può rendere disponibile a ricevere il dono della rivelazione.

Stolti e lenti di cuore: perché, sognando ad occhi aperti, avevano gustato infantilmente la gloria di un messia terreno e politico e assaporato la disfatta eterna degli odiati nemici che calpestavano le loro più elementari libertà, sciocche speranze umane che si erano dissolte dinanzi a una croce e a un sepolcro sigillato (cfr Mt 27,66).

Cleopa e il suo compagno non avevano compreso le Scritture perché in esse non avevano cercato Cristo, ma i loro sogni. Non avevano capito le Scritture perché non si rendevano conto che la comprensione della Parola di Dio è frutto soltanto di un impulso manifesto dello Spirito Santo e di un intervento diretto del Cristo. Senza questo impulso e intervento la comprensione, come ricerca umana, rimane molto superficiale, scivolando spesso nell’errore e nel soggettivismo.

Questa verità è supportata da una annotazione che non va trascurata: cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Luca vuol dire ai suoi lettori che è impossibile arrivare alla conoscenza della Sacra Scrittura, e del progetto salvifico, senza che Gesù ne dia l’intelligenza della comprensione.

L’intelligenza della Sacra Scrittura, afferma san Bonaventura, «non nasce da uno sforzo di ricerca umana, ma dalla rivelazione divina, che ci viene dal Padre della luce […]. Da lui, mediante suo Figlio Gesù Cristo, si diffonde in noi lo Spirito Santo. Per mezzo dello Spirito che comunica i suoi doni, distribuendoli a ciascuno come vuole, ci è donata la fede, e per la fede Cristo abita nei nostri cuori. Da questa conoscenza di Gesù Cristo ha origine, come dal suo principio, la fermezza e l’intelli-genza di tutta la Sacra Scrittura» (In Breviloquium prologus).

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro: non si parla in modo esplicito della celebrazione eucaristica, ma queste parole oltre a richiamare la moltiplicazione dei pani (Lc 9,16) ricordano chiaramente l’ultima Cena (Lc 22,19).

Allo spezzare del pane, finalmente lo riconoscono: un’esperienza che «mette a fuoco il cuore dei discepoli, i quali si rendono consapevoli che il fatto della Risurrezione di Gesù li vuole ormai non più dubbiosi spettatori ma testimoni coraggiosi» (Carlo Ghidelli).

Sedotti dall’Amore (cfr Ger 20,7), i due discepoli ritornano sui loro passi. Incontrandosi con gli Undici, ora, hanno la certezza di non aver incontrato un fantasma e sopra tutto perché la loro esperienza è confermata dalla testimonianza di Pietro (cfr Lc 22,32): «la fede cristiana non va segregata nell’intimità privata, ma deve essere confrontata sempre con la struttura portante della Chiesa [gli Undici riuniti] sicché possa diventare patrimonio fruibile di tutti» (Alfonso Sidoti).

Riflessione

Non bisognava… – La morte di Gesù non è la somma di sventurate coincidenze o il coagulo di odii, vendette o risentimenti, ma l’epilogo di un progetto che prevedeva la sua morte a vantaggio di tutti gli uomini (cfr Eb 2,9). La Croce non è un fallimento, ma la via voluta da Dio (bisognava) per il trionfo definitivo di Cristo sul peccato e sulla morte, e quindi della redenzione di tutti gli uomini. La metodologia usata da Gesù per spiegare tale necessità, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui, vuole indicare ai discepoli la strada maestra per arrivare a comprendere la volontà e le vie di Dio: la Parola di Dio. Ma la Parola non basta: occorre incontrarsi; è necessario fare comunione con Gesù risorto nella frazione del pane, nutrendosi del Pane della Vita che il Risorto dona alla Chiesa; condividendo con i fratelli il pane della carità e della consolazione. Con «somma sapienza cristiana Luca evidenzia il ruolo delle Scritture, ma nello stesso tempo ne esprime anche i limiti. La comprensione introduce nel mistero del Signore, ma non per questo lo dona, perché la partecipazione ad esso non è un fatto di conoscenza razionale, sia pure connotata spiritualmente… l’esperienza dell’incontro con il Risorto tocca il suo apice nel sacramento, nella “frazione del pane”, l’eucaristia» (E. Caporello).

Quando Luca scrive il racconto, i cristiani già celebravano nelle loro case la cena del Signore (cfr At 2,42.46; 20,7.11). Ed è proprio con l’e-spressione spezzare il pane che si indicava il memoriale della morte e risurrezione di Gesù. Quindi, Luca ha voluto che il credente, leggendo l’episodio dei discepoli di Emmaus, lo accostasse all’Eucaristia. Usando intenzionalmente un vocabolario eucaristico ha voluto dire ai suoi lettori che la frazione del pane li fa incontrare con il Risorto dando completezza e risonanza all’incontro avvenuto già alla mensa della Parola. È quindi una nota liturgica: la comunità cristiana ritrova la presenza del suo Signore nell’ascolto della Parola e nell’Eucaristia celebrata in un convito di fraternità agapica.

La pagina dei Padri

Gesù premia l’ospitalità – San Gregorio Magno: Avete udito, fratelli carissimi, che il Signore apparve a due discepoli che camminavano lungo la via, i quali non credevano in lui e tuttavia parlavano di lui, ma non si mostrò loro con le sue sembianze sì da farsi riconoscere. Il Signore dunque riprodusse fuori, negli occhi del corpo, ciò che avveniva dentro di loro, negli occhi del cuore. E poiché nel loro intimo amavano e dubitavano, il Signore era fuori ed era presente, e non si manifestava per quello che era. A coloro che parlavano di lui si mostrò presente, ma poiché dubitavano nascose loro l’aspetto che poteva darlo a conoscere. Parlò con loro, li rimproverò della loro durezza a intendere, spiegò i segreti della Sacra Scrittura che lo riguardavano; e tuttavia, poiché nei loro cuori era ancora pellegrino quanto alla fede, finse di andare più lontano. Fingere, infatti, significa [in latino] plasmare, per questo chiamiamo «figuli» coloro che plasmano la creta. Nulla, dunque, la semplice Verità fece con doppiezza, ma si mostrò loro nel corpo tale e quale era nella loro mente. Volle provare se essi, che non lo amavano ancora come Dio, almeno potessero amarlo come pellegrino. Ma siccome non potevano essere estranei alla carità quelli con i quali camminava la stessa Verità, ecco che lo invitarono ospitalmente quale pellegrino. Ma perché diciamo «lo invitarono», quando sta scritto: “Lo costrinsero?”. Dal quale esempio si comprende che i pellegrini non solo devono essere invitati, ma attirati con insistenza. Apparecchiano la tavola, offrono il cibo, e allo spezzar del pane riconoscono quel Dio che non avevano riconosciuto mentre spiegava la Sacra Scrittura. Ascoltando dunque i precetti di Dio non furono illuminati, mentre lo furono mettendoli in pratica, poiché sta scritto: “Non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge…” (Rm 2,13).

 

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