I Lettura: In questo terzo canto del Servo del Signore il tema dell’insuccesso è accentuato: il profeta incontra ostilità e persecuzione fino alla violenza. La sua vocazione, che ha tratti anche sapienziali, lo qualifica come un discepolo che, per dono e missione del Signore Dio, trasmette la Parola agli scoraggiati e ai dubbiosi. Solo in quanto proteso ogni giorno all’ascolto, il profeta può essere un vero maestro: egli non dispone della Parola a suo piacimento, ma secondo il volere divino.
Vangelo: Gesù rivela chi sia Dio e chi è l’uomo svelandoci nella propria storia divino-umana il mistero della libertà di entrambi. Ciò avviene soprattutto nella passione, quando persone ed eventi sembrano schiacciarlo fino a crocifiggerlo in croce. Il Vangelo di oggi ci mostra due poli estremi delle umane potenzialità: la libertà di consegnare/tradire e quella di consegnarsi/donarsi. Tra questi due poli ognuno è libero di muoversi, di operare le sue scelte quotidiane, ma il Vangelo ce ne fa consapevoli: ai due estremi opera la potenza di Dio o la forza del maligno.
Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! – Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La settimana santa – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 31 marzo 1999): Con domenica scorsa, Domenica delle Palme, siamo entrati nella settimana detta «santa», perché in essa commemoriamo gli eventi centrali della nostra redenzione. Il cuore di questa settimana è il Triduo della Passione e della Risurrezione del Signore che, come si legge nel Messale Romano, “risplende al vertice dell’anno liturgico, perché l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del mistero pasquale, col quale, morendo, ha distrutto la nostra morte, e, risorgendo, ci ha ridonato la vita” (Norme Generali, 18). Nella storia dell’umanità nulla è avvenuto di più significativo e di maggior valore. Al termine della Quaresima, ci apprestiamo così a vivere con fervore i giorni più importanti per la nostra fede, intensifichiamo il nostro impegno a seguire, con sempre più grande fedeltà, Cristo, Redentore dell’uomo. La Settimana Santa ci conduce a meditare sul senso della Croce, in cui “la rivelazione dell’amore misericordioso di Dio raggiunge il suo culmine” (cfr Dives in Misericordia, 8).
Mercoledì santo – Benedetto XVI (Udienza Generale, 4 aprile 2007): Cari fratelli e sorelle, mentre si va concludendo l’itinerario quaresimale, iniziato con il Mercoledì delle Ceneri, l’odierna liturgia del Mercoledì Santo ci introduce già nel clima drammatico dei prossimi giorni, permeati dal ricordo della passione e della morte di Cristo. Nell’odierna liturgia, infatti, l’evangelista Matteo ripropone alla nostra meditazione il breve dialogo che avvenne nel Cenacolo tra Gesù e Giuda. “Rabbi, sono forse io?”, domanda il traditore al divino Maestro, che aveva preannunciato: “In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà”. Lapidaria la risposta del Signore: “Tu l’hai detto” (cfr Mt 26,14-25). Da parte sua san Giovanni chiude il racconto dell’annunzio del tradimento di Giuda con poche significative parole: “Ed era notte” (Gv 13,30). Quando il traditore abbandona il Cenacolo, s’infittisce il buio nel suo cuore – è notte interiore -, cresce lo smarrimento nell’animo degli altri discepoli – anche loro vanno verso la notte -, mentre tenebre di abbandono e di odio si addensano sul Figlio dell’Uomo che si avvia a consumare il suo sacrificio sulla croce. Quel che commemoreremo nei prossimi giorni è lo scontro supremo tra la Luce e le Tenebre, tra la Vita e la Morte. Dobbiamo situarci anche noi in questo contesto, consapevoli della nostra “notte”, delle nostre colpe e delle nostre responsabilità, se vogliamo rivivere con profitto spirituale il Mistero pasquale, se vogliamo arrivare alla luce del cuore mediante questo Mistero, che costituisce il fulcro centrale della nostra fede.
Uno di voi mi tradirà – Via Crucis, Venerdì Santo 2002, II Stazione, Colosseo: In quella tragica notte oscura del Getsèmani, «la notte in cui veniva tradito» (1Cor 11,23), il Figlio di Dio suscita in noi con le sue parole e i suoi gesti sentimenti diversi, a volte contrastanti: avvertiamo la ricchezza del dialogo spirituale con i discepoli e proviamo la gioia della cena comune; contempliamo le vette di intenzioni pure e rabbrividiamo per la meschinità del tradimento. Gesù, saggio e onniveggente, seguendo il disegno salvifico del Padre, va al sacrificio per la liberazione del genere umano. Al traditore-discepolo resta il disprezzo universale nei secoli, la «maledizione di Giuda», l’abisso tenebroso. Dalla morte di Cristo fiorisce la vita novella, memoria e annunzio di una speranza imperitura: la salvezza universale.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
«Sono forse io, Signore: Sanno di non essere traditori; ma dubitano della propria virtù, e credono più alle parole del Maestro che al proprio sentimento. Tema l’uomo la sua debolezza; sperando pur sempre nella forza che viene dall’Alto» (Origene).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Per te io sopporto l’insulto e la vergogna mi copre la faccia». Il versetto riportato, tratto dal Salmo Responsoriale, ben riassume quanto accuratamente profetizzato da Isaìa attraverso quelli che tradizionalmente vengono definiti “Canti del Servo sofferente”. In essi troviamo non solo annunciato quanto il Messia dovrà soffrire e sopportare nella sua dolorosa Passione, ma anche la motivazione che lo ha sostenuto in questi terribili momenti. Così abbiamo sentito nella Prima Lettura: «Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi». Perché Gesù lo ha fatto? Come è riuscito a sopportare questo infinito dolore? La Scrittura stessa ci risponde: «Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato» (ibid.). È la forza che gli proviene dalla comunione intima e mai interrotta col Padre. Sul perché tutto questo, come riportato all’inizio, sappiamo che lo ha fatto per ciascuno di noi: è per me, per te, per tutti e ciascuno in particolare che egli non si è tirato indietro ma ha anzi abbracciato con desiderio quei tormenti e quel legno i cui frutti sarebbero stati la nostra salvezza e l’eterna nostra comunione con Dio in Paradiso. «Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto». Non per uno sbaglio di calcoli, non per disgraziate coincidenze o per la malignità invincibile dell’uomo, ma perché in tutto si compisse la volontà preordinata del Padre, mirabilmente profetizzata e rivelata nelle Sacre Scritture.
Preghiamo
Padre misericordioso, tu hai voluto che il Cristo tuo Figlio subisse per noi il supplizio della croce per liberarci dal potere del nemico; donaci di giungere alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…