I Lettura: La storia di Susanna è scritta per dare coraggio a colui che si trova nella prova e nella tentazione. Susanna non ha paura della falsa testimonianza dei due anziani perché porta nel cuore la certezza che Dio salva coloro che sperano in lui. È un profondo insegnamento che vuol suggerire di rimanere sempre ancorati a Dio perché la sua grazia vale più della vita.
Vangelo: Il brano evangelico segue lo stesso cliché della prima lettura: “c’è ancora una donna accusata di adulterio, ci sono i suoi accusatori, e c’è una folla pronta a lapidarla. C’è un intercessore: Cristo che interviene nel momento risolutivo. Mentre Danièle si alza per soccorrere una donna accusata ingiustamente, Cristo invece si alza per soccorrere una donna realmente colpevole. Se in passato il Dio d’Israele ha suscitato intercessori per difendere i giusti, nell’epoca nuova, ossia nell’era messianica, il Dio d’Israele suscita suo Figlio per giustificare gli empi e liberarli dalla morte. Cristo infatti, come dice l’Apostolo Paolo, è morto per gli empi, assumendo su di Sé il peso dell’espiazione” (E. Cuffaro).
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei – Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La donna adultera – Benedetto XVI (Angelus, 21 marzo 2010): Siamo giunti alla Quinta Domenica di Quaresima, nella quale la liturgia ci propone, quest’anno, l’episodio evangelico di Gesù che salva una donna adultera dalla condanna a morte (Gv 8,1-11). Mentre sta insegnando nel Tempio, gli scribi e i farisei conducono a Gesù una donna sorpresa in adulterio, per la quale la legge mosaica prevedeva la lapidazione. Quegli uomini chiedono a Gesù di giudicare la peccatrice con lo scopo di “metterlo alla prova” e di spingerlo a fare un passo falso. La scena è carica di drammaticità: dalle parole di Gesù dipende la vita di quella persona, ma anche la sua stessa vita. Gli accusatori ipocriti, infatti, fingono di affidargli il giudizio, mentre in realtà è proprio Lui che vogliono accusare e giudicare. Gesù, invece, è “pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14): Egli sa che cosa c’è nel cuore di ogni uomo, vuole condannare il peccato, ma salvare il peccatore, e smascherare l’ipocrisia. L’evangelista san Giovanni dà risalto ad un particolare: mentre gli accusatori lo interrogano con insistenza, Gesù si china e si mette a scrivere col dito per terra. Osserva sant’Agostino che quel gesto mostra Cristo come il legislatore divino: infatti, Dio scrisse la legge col suo dito sulle tavole di pietra (cfr Comm. al Vangelo di Gv 33,5). Gesù dunque è il Legislatore, è la Giustizia in persona. E qual è la sua sentenza? “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto (cfr Rm 13,8-10). È la giustizia che ha salvato anche Saulo di Tarso, trasformandolo in san Paolo (cfr Fil 3,8-14). Quando gli accusatori “se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”, Gesù, assolvendo la donna dal suo peccato, la introduce in una nuova vita, orientata al bene: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». È la stessa grazia che farà dire all’Apostolo: “So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,14). Dio desidera per noi soltanto il bene e la vita; Egli provvede alla salute della nostra anima per mezzo dei suoi ministri, liberandoci dal male col Sacramento della Riconciliazione, affinché nessuno vada perduto, ma tutti abbiano modo di convertirsi.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra è un adultero – “Non ripudiare la tua sposa: significherebbe negare che Dio è l’autore della tua unione. Infatti se è tuo compito sopportare e correggere i costumi degli estranei, a maggior ragione lo è nei riguardi di tua moglie. Ascolta quanto dice il Signore: Chi ripudia la sposa ne fa un’adultera (Mt 5,32). Colei infatti che, finché vive il marito, non può sposarsi di nuovo, può essere soggetta alla lusinga del peccato. Così colui che è responsabile dell’errore lo è anche della colpa, quando la madre è ripudiata con i suoi bambini, quando, già anziana e col passo ormai stanco, è messa alla porta. Ed è male scacciare la madre e trattenere i suoi figli: perché si aggiunge, all’oltraggio fatto al suo amore, la ferita nei suoi affetti materni. Ma più crudele è scacciare anche i figli per causa della madre, in quanto i figli dovrebbero piuttosto riscattare agli occhi del padre il torto della madre. Quale rischio esporre all’errore la debole età di un adolescente!” (Sant’Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Il racconto dell’adultera ci mette dinanzi ad un problema che ci tocca molto da vicino. Come comportarci con il fratello che pecca? Accorgersi del peccato del prossimo è molto facile e spesso la condanna è inappellabile: critichiamo, disprezziamo, etichettiamo e allontaniamo il nostro prossimo in quanto reo di colpa più o meno grave nei nostri confronti. Per rendere il tutto più solenne, siamo pronti a prendere leggi e pronunciamenti in modo da rendere quanto più fondato e definitivo il nostro giudizio. Poveri noi se Dio dovesse misurarci con la misura con cui noi misuriamo gli altri! Guai a noi se dovessimo venire giudicati con lo stesso metro che noi usiamo per giudicare il prossimo! Che sciagura se Dio dovesse rimettere i nostri debiti così come noi siamo pronti a rimetterli ai nostri debitori! Eppure su questo non abbiamo dubbi: Gesù lo afferma chiaramente e anche noi, ogni giorno, lo ricordiamo al Padre quando preghiamo come il Maestro ci ha insegnato. Non siamo chiamati a condannare il passato, ma siamo chiamati a costruire un futuro di grazia. Non spetta a noi giudicare, ma spetta a noi testimoniare la bellezza del Vangelo, la gioia della conversione, la festa del ritorno sacramentale, per mezzo della Confessione, al Padre, il giubilo di una preghiera che scaturisce dallo Spirito Santo in noi. La nostra missione non è puntare il dito e lanciare pietre, ma convincerci e convincere alla conversione.
Preghiamo
O Padre, che con il dono del tuo amore ci riempi di ogni benedizione, trasformaci in creature nuove, per esser preparati alla Pasqua gloriosa del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo…