I Lettura: Con l’immagine dell’acqua è simboleggiata la Grazia salvifica di Dio. Nel crescere continuo di quest’acqua è annunciata l’era messianica e la gradualità dell’opera di Dio nella guarigione e nella santificazione dell’uomo. L’acqua che proviene dal Tempio, risana anche le acque del mare, segno della missione di Cristo che dal Padre viene a guarire l’umanità dal peccato.
Vangelo: La simbologia dell’acqua che guarisce si ripropone nell’immagine della piscina. Gesù si fa presente in mezzo alla sofferenza rivelandosi medicina sia per il corpo che per lo spirito. L’epi-sodio di oggi “si svolge durante un secondo viaggio di Gesù a Gerusalemme. Questa volta però Gesù non si reca al Tempio ma nella piscina dove si radunano gli infelici di Israele, con la speranza di guarire dalle loro malattie. Qui Egli guarisce un paralitico per mostrare la sua missione di restituire all’uomo la libertà piena da ogni forza estranea al disegno di Dio” (E. Cuffaro). L’uomo guarito è reso in grado di partecipare al culto e messo in guardia dal peccato, causa di una peggiore infermità.
All’istante quell’uomo guarì – Dal Vangelo secondo Giovanni
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Vicinanza serena e sincera ai malati – Benedetto XVI (Angelus, 5 febbraio 2012): I quattro Evangelisti sono concordi nell’attestare che la liberazione da malattie e infermità di ogni genere costituì, insieme con la predicazione, la principale attività di Gesù nella sua vita pubblica. In effetti, le malattie sono un segno dell’azione del Male nel mondo e nell’uomo, mentre le guarigioni dimostrano che il Regno di Dio, Dio stesso è vicino. Gesù Cristo è venuto a sconfiggere il Male alla radice, e le guarigioni sono un anticipo della sua vittoria, ottenuta con la sua Morte e Risurrezione. Un giorno Gesù disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” [Mc 2,17]. In quella circostanza si riferiva ai peccatori, che Egli è venuto a chiamare e a salvare. Rimane vero però che la malattia è una condizione tipicamente umana, in cui sperimentiamo fortemente che non siamo autosufficienti, ma abbiamo bisogno degli altri. In questo senso potremmo dire, con un paradosso, che la malattia può essere un momento salutare in cui si può sperimentare l’attenzione degli altri e donare attenzione agli altri! Tuttavia, essa è pur sempre una prova, che può diventare anche lunga e difficile. Quando la guarigione non arriva e le sofferenze si prolungano, possiamo rimanere come schiacciati, isolati, e allora la nostra esistenza si deprime e si disumanizza. Come dobbiamo reagire a questo attacco del Male? Certamente con le cure appropriate – la medicina in questi decenni ha fatto passi da gigante, e ne siamo grati – ma la Parola di Dio ci insegna che c’è un atteggiamento decisivo e di fondo con cui affrontare la malattia ed è quello della fede in Dio, nella sua bontà. Lo ripete sempre Gesù alle persone che guarisce: La tua fede ti ha salvato [cfr Mc 5,34.36]. Persino di fronte alla morte, la fede può rendere possibile ciò che umanamente è impossibile. Ma fede in che cosa? Nell’amore di Dio. Ecco la vera risposta, che sconfigge radicalmente il Male. Come Gesù ha affrontato il Maligno con la forza dell’amore che gli veniva dal Padre, così anche noi possiamo affrontare e vincere la prova della malattia tenendo il nostro cuore immerso nell’amore di Dio. Tutti conosciamo persone che hanno sopportato sofferenze terribili perché Dio dava loro una serenità profonda. Penso all’esempio recente della beata Chiara Badano, stroncata nel fiore della giovinezza da un male senza scampo: quanti andavano a farle visita, ricevevano da lei luce e fiducia! Tuttavia, nella malattia, abbiamo tutti bisogno di calore umano: per confortare una persona malata, più che le parole, conta la vicinanza serena e sincera.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Due modi di portare la croce – “In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. Per questo la Verità dice rettamente: «Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo». Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e avere compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore” (San Gregorio Magno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Àlzati, prendi la tua barella e cammina». Questa volta è Gesù che passa e prende l’iniziativa. L’uomo paralitico è ormai rassegnato alla sua immobilità: ha la consapevolezza che nessuno può immergerlo nelle acque salvifiche. Gesù evidentemente ha visto nel cuore di quest’uomo la ferma fede in Dio che salva. Ma il paralitico attendeva una salvezza che passasse dalle mani di altri uomini, invece è Dio stesso, nella persona del Cristo, che interviene in suo favore. Ciò che guarisce è la parola di Gesù (cfr Gv 4,50), essa sola dona forza e libertà. Tre sono gli ordini impartiti dal Signore all’uomo: alzati, prendi la tua barella e cammina. Il ripetuto intercalare della frase «prendi la tua barella» (Gv 5,8.9.10.11) ne mostra l’importanza nella narrazione. Gesù rende l’uomo signore di ciò che lo dominava, gli fa possedere ciò da cui era posseduto. La barella era il giaciglio, la culla, l’unica ricchezza ma anche l’atroce gabbia in cui era incastonata la sua vita. Gesù passa, lo fissa, lo guarisce e lo rende padrone di ciò che possiede. Questo è il vero miracolo! Anche noi possiamo essere paralizzati in quanto imprigionati nel lettuccio delle nostre cose: averi, puntigli, cattive inclinazioni… Il Signore passa, ci fa alzare, staccandoci, e ci mette in cammino.
Preghiamo
Dio fedele e misericordioso, in questo tempo di penitenza e di preghiera disponi i tuoi figli a vivere degnamente il mistero pasquale e a recare ai fratelli il lieto annunzio della tua salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…