I Lettura: Il profeta dice che il perdono divino lo si ottiene con il sacrificio della lode, cioè mediante la preghiera caratterizzata da totale abbandono e fiduciosa attesa. Preghiera che si prolunga nella confessione, ove la consapevolezza del proprio peccato non spegne la speranza del perdono. Il perdono di Dio lo si accoglie in un cuore contrito, cioè totalmente vuoto di sé, che lascia tutto lo spazio possibile al Divino. Il perdono richiede, infine, di essere testimoniato nella vita per annunciare a tutti che essere perdonati dà gioia. Chi perdona è il primo a vivere questa gioia.
Vangelo: Il perdono fraterno non conosce limiti (settanta volte sette). Il cristiano lo apprende nel suo rapporto penitente con il Signore, il quale non ci perdona una volta per sempre, ma ci perdona sempre. Il perdono fraterno è il segno più evidente della nostra situazione di salvati, cioè di peccatori perdonati. Chi non perdona dimostra di non aver sperimentato fino in fondo la gioia e la logica del dono. Qualunque sia il motivo che spinge Pietro a porre la sua domanda, una cosa è certa: egli vuole che Gesù confermi l’esistenza di un limite nell’esercizio della carità cristiana. Ma Gesù lo sorprende: non c’è limite, questo indica il “settanta volte sette”.
Se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello, il Padre non vi perdonerà – Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signo-re, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La quaresima – Sacrosanctum Concilium 109-110: Il duplice carattere della quaresima il quale, soprattutto mediante il ricordo o la preparazione al battesimo e mediante la penitenza, invita i fedeli all’ascolto più frequente della parola di Dio e alla preghiera e li dispone così a celebrare il mistero pasquale, sia posto in maggior evidenza tanto nella liturgia quanto nella catechesi liturgica. Perciò: a) si utilizzino più abbondantemente gli elementi battesimali propri della liturgia quaresimale e, se opportuno, se ne riprendano anche altri dall’antica tradizione; b) lo stesso si dica degli elementi penitenziali. Quanto alla catechesi poi, si inculchi nell’animo dei fedeli, insieme con le conseguenze sociali del peccato, quell’aspetto particolare della penitenza che detesta il peccato come offesa di Dio. Né si dimentichi il ruolo della Chiesa nell’azione penitenziale e si solleciti la preghiera per i peccatori. La penitenza quaresimale non sia soltanto interna e individuale, ma anche esterna e sociale. E la pratica penitenziale sia incoraggiata e raccomandata dalle autorità, di cui all’art. SC 22, secondo le possibilità del nostro tempo e delle diverse regioni, nonché secondo le condizioni dei fedeli. Sia però religiosamente conservato il digiuno pasquale, da celebrarsi ovunque il venerdì della passione e morte del Signore, e da protrarsi, se possibile, anche al sabato santo, in modo da giungere con cuore elevato e liberato alla gioia della domenica di risurrezione.
Perdono, insegnatoci da Cristo – Gaudium et Spes 28: La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell’amore si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge: «Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori» (Mt 5,43).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Aiuto e consolazione della penitenza – «La condizione della nostra fragile natura non ammette che qualcuno sia senza macchia. Perciò l’ultimo nostro rimedio è rifugiarci nella penitenza, che ha un posto non piccolo fra le virtù, essendo miglioramento di noi stessi: così, se cadiamo o per le parole o per le opere, subito ci ravvediamo, confessiamo di aver peccato e chiediamo perdono a Dio, il quale, nella sua misericordia, non lo nega se non a chi persevera nell’errore. È grande l’aiuto della peni-tenza, è grande la sua consolazione. Essa è la guarigione delle ferite del peccato, la speranza, il porto di salvezza: chi la nega, toglie a se stesso la vita della sua vita, perché nessuno può essere tanto giusto che la penitenza non gli sia talvolta necessaria. Ma noi, anche se non abbiamo peccato, dobbiamo tuttavia aprire la nostra anima a Dio e scongiurarlo ugualmente per le nostre colpe, ringraziandolo anche nelle avversità. Porgiamo sempre a Dio questo ossequio; l’umiltà infatti è grata, è cara a lui: egli che accetta il peccatore convertito più volentieri del giusto superbo, quanto più accetterà il giusto che confessa i propri torti e lo renderà sublime nei regni dei cieli, a misura della sua umiltà! Questo deve presentare a Dio chi veramente lo venera: queste sono le vittime, questo è il sacrificio placatore; ecco dunque il vero culto: quando l’uomo offre all’altare di Dio i pegni del suo spirito. La sua somma maestà si allieta di chi così lo venera; lo accoglie come figlio e gli elargisce il dono dell’immor-talità» (Lattanzio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» – “Che cosa è essenziale nella nostra vita? Compiere miracoli o mantenere un ottimo e perfetto comportamento? Certamente l’avere una condotta perfetta: da essa traggono occasione anche i miracoli che in essa hanno il loro fine. Chi dà prova di vita santa attira su di sé il dono divino di compiere azioni miracolose; e chi riceve questo dono lo riceve per migliorare la vita degli altri… Nessuno dunque ritardi e cerchi scuse, attendendo i miracoli. Il diavolo s’addolora quando viene cacciato da un corpo; ma si affligge ancor di più quando vede un’anima libera dal peccato. La sua grande forza, infatti, sta nel peccato. Per distruggerlo, Cristo è morto. Il peccato ha portato la morte e ha generato decadenza e caos in tutto. Se dunque eliminerai il peccato in te, taglierai i legami del demonio, gli schiaccerai la testa, distruggerai tutta la sua forza, metterai in fuga il suo esercito, e allora, sì, opererai il più grande di tutti i miracoli!” (San Giovanni Crisostomo).
Preghiamo
Non ci abbandoni mai la tua grazia, o Padre, ci renda fedeli al tuo santo servizio e ci ottenga sempre il tuo aiuto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…