febbraio, meditazioni

10 Febbraio 2020 – Lunedì, V del Tempo Ordinario – S. Scolastica (Memoria)

10 Febbraio 2020 – Lunedì, V del Tempo Ordinario – S. Scolastica (Memoria)

(1Re 8,1-7.9-13; Sal 131[132]; Mc 6,53-56)

I Lettura: L’inaugurazione del tempio di Gerusalemme è un momento di somma importanza per la storia di Israele. Edificato il tempio di Dio, Salomone si fa premura di introdurvi l’arca dell’Alleanza: il segno tangibile della costante presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il mistero di quella nube che riempie e sovrasta il tempio è il segno della grande presenza di Dio. Simbolo del suo nascosto ma certo “esserci”, richiama i tempi in cui, nell’Èsodo, il popolo camminava protetto dai dardi del sole mediante la nube e sapeva che Dio era con lui.

Vangelo: «Il mantello del Signore. Chi lo sfiora guarisce, dice Marco. La folla fa ressa attorno a Gesù per poterlo vedere, ascoltare, per guarire. Alcuni lo scambiano per un santone guaritore, uno dei molti che calcano le strade degli uomini, di tanto in tanto. Ma a lui va bene anche così: richiama le persone all’essenziale, non spettacolarizza ma fa della guarigione il segno della venuta del Regno in mezzo a noi. Continua a passare, il Signore, e ci sfiora col suo mantello, ci guarisce nel profondo, ci rende uomini e donne nuovi. E anche noi possiamo diventare mantello del Signore che sfiora gli ammalati e gli scoraggiati, con le nostre parole, con la nostra pazienza, col nostro bene. Non ci è dato di incontrare il Signore Gesù se non attraverso dei segni, sempre eloquenti, spesso intensi e anche noi siamo chiamati a diventare sacramento dell’attenzione di Dio, oggi» (P. Curtaz).

Quanti lo toccavano venivano salvati – Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Santa Scolastica – Benedetto XVI (Omelia, 9 settembre 2007): Il nocciolo del monachesimo è l’adorazione – il vivere alla maniera degli angeli. Essendo, tuttavia, i monaci uomini con carne e sangue su questa terra, san Benedetto all’imperativo centrale dell’“ora” ne ha aggiunto un secondo: il “labora”. Secondo il concetto di san Benedetto come anche di san Bernardo, una parte della vita monastica, insieme alla preghiera, è anche il lavoro, la coltivazione della terra in conformità alla volontà del Creatore. Così in tutti i secoli i monaci, partendo dal loro sguardo rivolto a Dio, hanno reso la terra vivibile e bella. La salvaguardia e il risanamento della creazione provenivano proprio dal loro guardare a Dio. Nel ritmo dell’ora et labora la comunità dei consacrati dà testimonianza di quel Dio che in Gesù Cristo ci guarda, e uomo e mondo, guardati da Lui, diventano buoni.

Ora …: la preghiera – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 15 luglio 2007): Mi viene in mente, in proposito, il racconto di un uomo che si recò da un monaco di clausura. Gli chiese: “Che cosa impari dalla tua vita di silenzio?”. Il monaco stava attingendo acqua da un pozzo col secchiello e disse al suo visitatore: “Guarda giù nel pozzo! Che cosa vedi?” L’uomo guardò nel pozzo: “Non vedo niente”. Dopo un po’ di tempo, in cui rimase perfettamente immobile, il monaco disse al visitatore: “Guarda ora! Che cosa vedi nel pozzo?”. L’uomo ubbidì e rispose: “Ora vedo me stesso: mi specchio nell’acqua”. Il monaco disse: “Vedi, quando io immergo il secchio, l’acqua è agitata. Ora invece l’acqua è tranquilla. È questa l’esperienza del silenzio: l’uomo vede se stesso!”. Occorre il silenzio interiore non solo per comprendere se stessi, ma anche per potersi specchiare nella parola di Dio.

… et labora: il lavoro – Catechismo degli Adulti 1117: Chi lavora con amore, nel rispetto della dignità di ogni persona, non solo contribuisce al progresso terreno, ma anche alla crescita del regno di Dio. Prolunga l’opera del Creatore e coopera all’attuazione del disegno della Provvidenza nella storia, associandosi al Cristo redentore. Si avvicina a Dio, facendo propria la pienezza di senso da lui data al lavoro. Ma per viverla consapevolmente e coerentemente, ha bisogno di un’adeguata formazione, di momenti di spiritualità. In particolare, ha bisogno del riposo e della festa, dono di Dio come il lavoro.

L’ubbidienza, la virtù più appropriata per raggiungere la santità – Giovanni Paolo II (Discorso, 23 marzo 1980): Stimolatrice a fomentare lo spirito contemplativo ed a sostenerne il perseverante impegno, è stata ed è sempre l’aurea regola, dettata dal santo patriarca, e ritenuta da tutti i successivi legislatori un monumento di saggezza e di perenne attualità, perché i suoi insegnamenti offrono garanzia di sicurezza, di fecondità e di chiarezza in quanto derivano dalla perfetta adesione di san Benedetto al Vangelo e al magistero della Chiesa. Quelle prescrizioni, ordinate in modo da far considerare Dio e Cristo al centro dell’universo ed affermarne il primato assoluto su tutte le cose, non avrebbero potuto più efficacemente descrivere l’itinerario spirituale della monaca benedettina, e sono state fonte di ispirazione anche per tante altre anime, desiderose di consacrarsi totalmente a Dio ed ai fratelli. Abitualmente disponibile presso Dio per la grazia santificante, la religiosa benedettina è condotta a considerarsi di fronte al suo Signore, suo unico amore e bene, con estrema sincerità e verità, ed in tale situazione deve esplicare la propria attività interiore ed esteriore. Ciò suppone il risoluto e costante anelito a conformare la propria volontà a quella di Dio. San Benedetto l’ha previsto: nella sua Regola è infatti continuo il richiamo all’ubbidienza come alla virtù più appropriata per raggiungere la santità.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

Lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello – La sua vulnerabilità alla sofferenza non è sintomo di debolezza ma di potenza: «Forse che era debole il Signore delle potenze quando dava la luce ai ciechi, faceva diritti i curvi, risuscitava i morti [cfr Mt 11,5], fattosi medicina precorreva addirittura i desideri nostri, curava con l’orlo della veste quelli che lo pregavano [cfr Mc 6,56], e purificava quando era toccato? A meno che voi empi non abbiate creduto che fosse debolezza allorquando vedevate le sue ferite [cfr Mt 27,35, Mc 15,24; Lc 23,33; Gv 19,18.31-37]. Quelle erano, sì ferite del corpo, ma in quella ferita non vi era debolezza, perché da essa prorompeva la vita di tutti» (Sant’Ambrogio).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe». Contemplare il volto del Signore non significa semplicemente ammirarne le gesta o meravigliarsi per i miracoli da lui compiuti. Significa anzitutto riconoscerlo come il Signore del mondo e della storia. Gesù è il Verbo fatto uomo, la Sapienza incarnata, l’Eterno nato nella pienezza dei tempi, il Divino fatto nostro prossimo, il Creatore fatto nostro servo. Tanti incontravano Gesù, tanti lo conoscevano perché lo avevano visto crescere nella casa di Nàzareth, tanti ne avevano sentito parlare, ma quanti pochi riuscivano e riescono tutt’oggi a riconoscerlo. Spesso, anche tra la nostra gente, si vede Dio come un semplice portafortuna, un amuleto che deve allontanare le disgrazie dalla mia casa e dalla mia famiglia. Spesso si ricorre a Dio solo per pretendere le grazie che mi occorrono. C’è chi si presenta in chiesa, dinanzi a Gesù eucarestia e non lo degna di un saluto, di un inchino, di un segno di croce. Riconoscere Gesù significa entrare tra le pieghe più nascoste della sua umanità e della sua divinità; significa coglierne i sentimenti più profondi che lo spingono ad amarci nonostante il nostro peccato e le nostre ingratitudini. Riconoscere Gesù significa accoglierlo come Via per il nostro cammino, come Verità per ogni nostra scelta, come Vita contro ogni falsità: riconoscerlo per accoglierlo, per ottenere salvezza.

Preghiamo

Santifica la tua famiglia, Signore, per l’intercessione e l’esempio di santa Scolastica, e concedi a noi di amarti e servirti con purità di cuore, per sperimentare la gioia della tua amicizia. Per il nostro…

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