I Lettura: “L’arca è la protagonista di questa pericope. Nello scontro con i Filistei, dapprima i figli d’Israele hanno la peggio e lasciano sul campo quattromila morti. Gli anziani mandano allora a prendere l’arca dell’alleanza nel santuario di Silo; il suo arrivo al campo di guerra provoca scompiglio e terrore tra i Filistei. Rivelatore a questo proposito è il grido di paura dei Filistei: «È venuto Dio nell’accampamento». In realtà era venuta l’arca, ma essa esprimeva la presenza di Dio. Si sapeva che Israele era un popolo il cui Dio era sentito molto vicino. Ma terribile è la presenza di Dio in mezzo ad un popolo peccatore: essa è segno di disfatta” (Messale dell’Assemblea, LDC).
Vangelo: “Gesù ha compassione del lebbroso che presentatosi a lui gli chiede di purificarlo. Ai tempi di Gesù i lebbrosi dovevano vivere fuori dai villaggi, soli, vestiti in un certo modo, col volto coperto e gridare di continuo impuro, al fine di farsi evitare. Gesù sconvolge la logica di allora e accoglie il lebbroso, lo tocca e lo risana, lo reintegra nella vita sociale, lo fa ritornare ad essere una persona. I miracoli ci servono per comprendere la vera natura del Cristo, che è venuto fra noi per donare a tutti la salvezza” (Centro preparazione al matrimonio – Italia).
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato – Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Venne da Gesù un lebbroso: Paolo VI (Omelia, 29 gennaio 1978): L’incontro di Gesù con i lebbrosi è il tipo e il modello del suo incontro con ogni uomo, il quale viene risanato e ricondotto alla perfezione dell’originaria immagine divina e riammesso alla comunione del popolo di Dio. In questi incontri Gesù si manifestava come il portatore di una nuova vita, di una pienezza di umanità da tempo perduta. La legislazione mosaica escludeva, condannava il lebbroso, vietava di avvicinarlo, di parlargli, di toccarlo. Gesù, invece, si dimostra, anzitutto, sovranamente libero nei confronti della legge antica: avvicina, parla, tocca, e addirittura guarisce il lebbroso, lo sana, riporta la sua carne alla freschezza di quella di un bimbo. «Allora venne a lui un lebbroso – si legge in Marco -, lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi guarirmi!”. Mosso a compassione Gesù stese la mano lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì» (Mc 1,40-42; cfr Mt 8,2-4; Lc 5,12-15). Lo stesso avverrà per altri dieci lebbrosi (cfr Lc 17,12-19). «I lebbrosi sono guariti!», ecco il segno che Gesù dà per la sua messianicità ai discepoli di Giovanni il Battista, venuti ad interrogarlo (Mt 11,5). E ai suoi discepoli Gesù affida la propria stessa missione: «Predicate che il regno dei cieli è vicino…, sanate i lebbrosi» (Mt 10,7ss.). Egli inoltre affermava solennemente che la purità rituale è completamente accessoria, che quella veramente importante e decisiva per la salvezza è la purezza morale, quella del cuore, della volontà, che non ha nulla a che vedere con le macchie della pelle o della persona (cfr Mt 15,10-20).
Lo voglio, sii purificato! – Giovanni Paolo II (Messaggio, 28 gennaio 1990): Nell’antica tradizione biblica la guarigione dalla lebbra è costantemente associata al concetto di purificazione, quasi a volerci ricordare che, per essere interamente mondata da questa malattia, l’umanità deve purificarsi dalle molteplici forme di egoismo e di indifferenza al dolore altrui che deturpano lo spirito. Quando il cuore di ciascuno si sarà aperto più generosamente alle necessità del fratello, saranno certamente abbreviati i tempi della definitiva sconfitta anche di questo morbo. Sì, lo straordinario progresso della scienza e della tecnica, se sarà posto senza riserve a servizio dell’uomo, mediante i doni divini dell’intelligenza e della grazia, si farà strumento della virtù sanante di Gesù, medico delle anime e dei corpi.
Cristo è il vero “medico” dell’umanità – Benedetto XVI (Angelus, 12 febbraio 2006): Cristo è il vero “medico” dell’umanità, che il Padre celeste ha mandato nel mondo per guarire l’uomo, segnato nel corpo e nello spirito dal peccato e dalle sue conseguenze. Proprio in queste domeniche, il Vangelo di Marco ci presenta Gesù che, all’inizio del suo ministero pubblico, si dedica completamente alla predicazione e alla guarigione dei malati nei villaggi della Galilea. Gli innumerevoli segni prodigiosi che egli compie sugli infermi confermano la “buona notizia” del Regno di Dio. Quest’oggi il brano evangelico racconta la guarigione di un lebbroso ed esprime con grande efficacia l’intensità del rapporto tra Dio e l’uomo, riassunta in uno stupendo dialogo: “Se vuoi, puoi guarirmi!”, dice il lebbroso. “Lo voglio, guarisci!”, gli risponde Gesù, toccandolo con la mano e liberandolo dalla lebbra (Mc 1,40-42). Vediamo qui come concentrata tutta la storia della salvezza: quel gesto di Gesù, che stende la mano e tocca il corpo piagato della persona che lo invoca, manifesta perfettamente la volontà di Dio di risanare la sua creatura decaduta, restituendole la vita “in abbondanza” (Gv 10,10), la vita eterna, piena, felice. Cristo è “la mano” di Dio tesa all’umanità, perché possa uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte, rialzarsi in piedi sulla salda roccia dell’amore divino (cfr Sal 39,2-3).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Il sacramento è dato dall’unione di materia e forma – «Volle anche toccare, per darci un’idea della virtù che è nei sacramenti, nei quali non basta toccare, ci vogliono anche le parole, perché quando si fondono forma e materia, allora nasce il sacramento» (Tommaso d’Aquino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio». Ci piace oggi rimanere in contemplazione della Parola, soffermandoci su un particolare che sembrerebbe di poco conto, quasi un’aggiunta superflua, e che invece da una parte svela la vera natura del Cristo Signore, mentre dall’altra ci spinge a comprendere il significato e il valore di un gesto che una fede sempre più superficiale e sempre meno coinvolgente vorrebbe farci dimenticare: lo stare in ginocchio. “San Luca ci dice che Gesù nel Getsemani pregava in ginocchio. Negli Atti degli Apostoli, egli parla della preghiera in ginocchio da parte dei santi: Stefano durante la sua lapidazione, Pietro nel contesto della risurrezione di un morto, Paolo sulla via verso il martirio… I cristiani, con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità, ma esprimiamo in questo gesto anche la nostra fiducia che Egli vinca” (Papa Benedetto XVI, Omelia, 5 aprile 2012). Torniamo ad inginocchiarci: durante la Messa, alla Consacrazione, dopo la Santa Comunione, durante l’adorazione Eucaristica. Stare in ginocchio è il segno dei figli, ci rende simili a Cristo e ci apre alla grazia.
Preghiamo
Ispira nella tua paterna bontà, o Signore, i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera, perché veda ciò che deve fare e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto. Per il nostro Signore Gesù…