I Lettura: Riflettendo sul Dio che si rivela nelle Scritture, Giovanni arriva a questa consapevolezza: Dio ha un unico volto, quello dell’amore, un volto che del resto l’intera Scrittura ci ha preparato a contemplare.
Vangelo: Gesù che “viene incontro ai suoi discepoli”, è il Gesù della Pasqua che “viene” incontro ai discepoli impauriti, e che “viene” in modo misterioso al di là di tutte le leggi della natura e di tutte le possibilità di controllo della nostra esperienza. “Viene camminando sul mare” come Dio solo è capace di fare.
Videro Gesù camminare sul mare – Dal Vangelo secondo Marco
[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca… – Benedetto XVI (Udienza Generale, 30 novembre 2011): L’insegnamento di Gesù sulla preghiera viene certo dal suo modo di pregare acquisito in famiglia, ma ha la sua origine profonda ed essenziale nel suo essere il Figlio di Dio, nel suo rapporto unico con Dio Padre. Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica risponde alla domanda: Da chi Gesù ha imparato a pregare?, così: «Gesù, secondo il suo cuore di uomo, ha imparato a pregare da sua Madre e dalla tradizione ebraica. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente più segreta, poiché è il Figlio eterno di Dio che, nella sua santa umanità, rivolge a suo Padre la preghiera filiale perfetta». Nella narrazione evangelica, le ambientazioni della preghiera di Gesù si collocano sempre all’incrocio tra l’inserimento nella tradizione del suo popolo e la novità di una relazione personale unica con Dio. «Il luogo deserto» (cfr Mc 1,35; Lc 5,16) in cui spesso si ritira, «il monte» dove sale a pregare (cfr Lc 6,12; 9,28), «la notte» che gli permette la solitudine (cfr Mc 1,35; 6,46-47; Lc 6,12) richiamano momenti del cammino della rivelazione di Dio nell’Antico Testamento, indicando la continuità del suo progetto salvifico. Ma al tempo stesso, segnano momenti di particolare importanza per Gesù, che consapevolmente si inserisce in questo piano, fedele pienamente alla volontà del Padre. Anche nella nostra preghiera noi dobbiamo imparare, sempre di più, ad entrare in questa storia di salvezza di cui Gesù è il vertice, rinnovare davanti a Dio la nostra decisione personale di aprirci alla sua volontà, chiedere a Lui la forza di conformare la nostra volontà alla sua, in tutta la nostra vita, in obbedienza al suo progetto di amore per di noi. La preghiera di Gesù tocca tutte le fasi del suo ministero e tutte le sue giornate. Le fatiche non la bloccano. I Vangeli, anzi, lasciano trasparire una consuetudine di Gesù a trascorrere in preghiera parte della notte. L’Evangelista Marco racconta una di queste notti, dopo la pesante giornata della moltiplicazione dei pani e scrive: «E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra» (Mc 6,45-47). Quando le decisioni si fanno urgenti e complesse, la sua preghiera diventa più prolungata e intensa. Nell’imminenza della scelta dei Dodici Apostoli, ad esempio, Luca sottolinea la durata notturna della preghiera preparatoria di Gesù: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (Lc 6,12-13).
Dialogo filiale – Catechismo degli Adulti 960: Gesù introduce nella storia la preghiera filiale: la vive in prima persona e la comunica ai credenti. Prega molto durante la vita pubblica: loda e ringrazia il Padre, accoglie con prontezza la sua volontà. Prega all’avvicinarsi dell’“ora” decisiva della morte e risurrezione. Elevando al Padre quella che giustamente viene detta “Preghiera sacerdotale”, richiama tutto il disegno di Dio che si sviluppa nella storia della salvezza, dà voce all’anèlito universale verso la comunione trinitaria, perché tutto giunga a compimento. Prega durante la passione: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà» (Eb 5,7). Prega con una confidenza del tutto singolare, chiamando Dio: «Abbà» (Mc 14,36). Incarna nella sua esperienza umana l’atteggiamento del Figlio unigenito, eternamente rivolto al Padre. Gesù fa partecipare i credenti alla sua comunione filiale e li educa a viverla consapevolmente nella preghiera. Insegna il “Padre nostro”; esorta a chiedere soprattutto il dono dello Spirito Santo; indica le caratteristiche che deve avere la preghiera dei figli: sincerità, umiltà, fiducia, anzi audacia, perseveranza. I discepoli devono pregare nel suo nome, in sintonia con lui e insieme a lui, perché si compia il disegno del Padre. La preghiera cristiana è la preghiera stessa di Gesù comunicata ai suoi.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
“Gesù è solito, quando compie grandi miracoli, congedare le turbe e anche i discepoli, per insegnarci a non cercare in nessun modo la gloria degli uomini e a non trascinarsi dietro la folla. La parola che usa l’evangelista, «obbligò», indica il gran desiderio che i discepoli avevano di stare in compagnia di Gesù. Gesù, dunque, li manda via con il pretesto che egli deve congedare la moltitudine, ma in realtà è perché egli vuole ritirarsi sul monte. Il Signore si comporta così per darci un nuovo ammaestramento: non dobbiamo cioè star continuamente in mezzo alla folla, né dobbiamo d’altra parte fuggire sempre la moltitudine; dobbiamo, invece, fare entrambe le cose con profitto, alternando l’una cosa e l’altra secondo la necessità e l’opportunità” (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri». Noi cristiani corriamo un grosso rischio: quello che accadde a san Pietro sul Tabor il giorno della Trasfigurazione del Signore. Dinanzi alla gloria che contemplava, Pietro esclamò: «Maestro, è bello per noi stare qui!» (Lc 9,33). Mettendo così la sua personale ed egoistica gioia prima di ogni altra cosa. Non era una frase che cercava la volontà di Dio ma il proprio diletto. Non era l’esclamazione di chi si preoccupava della crescita nella fede dei fratelli o dei loro bisogni: semplicemente voleva godersi ciò che gli si presentava dinanzi agli occhi, appagato semplicemente dal fatto che quanto stava vivendo gli bastava e lo appagava! Anche noi siamo chiamati a contemplare le meraviglie del Signore, e in questi giorni abbiamo tanto insistito su questo invitando ciascuno a soffermarsi dinanzi al Presepe per rendere gloria a Dio. Ma se in quella stalla vediamo Dio che si fa dono, significa che anche noi dobbiamo fare lo stesso. Come egli ci ha amato, così dobbiamo amarci gli uni gli altri! Vivere il Natale significa quindi mettersi a servizio dei fratelli, spogliarsi della ricerca di un appagamento solo personale per rivestirsi della conquista di una salvezza per tutti.
Preghiamo
O Dio, luce del mondo, concedi a tutte le genti il bene di una pace sicura e fa’ risplendere nei nostri cuori quella luce radiosa che illuminò la mente dei nostri padri. Per il nostro Signore Gesù Cristo…