gennaio, meditazioni

11 Gennaio 2020

I Lettura: L’apostolo Giovanni sottolinea il contenuto della vera fede in Gesù, la quale è l’unico mezzo per sconfiggere la mentalità di questo mondo. Cristo ha portato e donato la vita a tutta l’umanità attraverso il Battesimo (acqua) e la morte in croce (sangue). La presenza di Cristo continua ad essere attualizzata attraverso i sacramenti della Chiesa.

Vangelo: L’episodio del lebbroso guarito insegna a presentarci davanti al Signore per essere guariti. Guariti da cosa? Sono tanti i mali che ci affliggono: egoismo, orgoglio, invidia, avarizia. La consapevolezza di questa nostra realtà interiore malata ci fa chiedere la guarigione.

Immediatamente la lebbra scomparve da lui – Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro». Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Il mondo – Paolo VI (Udienza Generale, 5 aprile 1967): Mondo può significare il creato, il cosmo: è questo l’immenso universo della creazione, che non avremo mai finito di conoscere e di scoprire, e che può magnificamente servire come scala alla scoperta di Dio (cfr At 17,27); noi moderni, noi alunni delle scuole scientifiche, siamo invitati ad una nuova ricerca di Dio, ad una nuova religiosità – non all’ateismo – proprio per questa via, che fedelmente percorsa ci farà conoscere meraviglie non solo naturali, ma anche spirituali. Il mondo è una grande, stupenda, misteriosa parola di Dio. E mondo può significare l’umanità. È il senso considerato dal Concilio (cfr GS 2), teatro del dramma umano, devastato dal peccato, ma amato e virtualmente salvato da Dio e da Cristo. «Così Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). È il campo umano in cui si svolge la storia della salvezza. Ma vi è un terzo significato del termine «mondo»; ed è il significato cattivo e ostile. Il mondo, in questo senso, è ancora l’umanità, ma quella resa schiava del mistero del male; è la negazione e la ribellione al regno di Dio; è la coalizione delle false virtù, rese tristemente potenti dal loro affrancamento dal fine supremo; è in pratica una concezione della vita deliberatamente cieca sul suo vero destino, e sorda alla vocazione dell’incontro con Dio; uno spirito egocentrista, drogato di piacere, di fatuità, d’incapacità di vero amore. Ed è, tutto sommato, la «fascinatio nugacitatis» (Sap 4,12) la seduzione dei valori effimeri e inadeguati alle aspirazioni profonde ed essenziali dell’uomo; una seduzione, che incontriamo ad ogni passo della nostra esperienza temporale, e che ci può essere fatale.

Toccò il lebbroso – Giovanni Paolo II (Omelia, 21 settembre 1986): Gli vennero incontro dei lebbrosi” (Lc 17,12). In un altro passo del Vangelo è detto che Gesù, “toccò” il lebbroso presentatosi a lui. Gesù si lascia dunque incontrare, egli si è fatto nostro prossimo per essere incontrato da noi proprio sulla soglia più tragica e pesante della sofferenza. Dalla croce egli ci insegna a cercare nel malato lo stesso suo volto, ad avvicinare chi soffre proprio là dove questi sperimenta la sua indigenza. Quanti sono e dove sono oggi i lebbrosi? Si parla di cifre che oscillano tra gli undici e i venti milioni: sono persone, disperse, per la maggior parte, nelle regioni più povere del nostro pianeta. Si tratta spesso di un fenomeno che sfugge alle normali possibilità di controllo e di aiuto. Nonostante lo sforzo di anime generose, molti ammalati rimangono esclusi dalla comune assistenza e dalle cure, e quindi dalla guarigione, che oggi la scienza medica potrebbe offrire loro. L’esempio di Cristo ci deve incoraggiare a persistere nell’impegno nei confronti di quelle situazioni sociali che risultano tuttora insensibili o impotenti di fronte al dramma della lebbra. Non ci si deve arrendere, se gli sforzi appaiono talvolta privi di risultato o se ci si trova di fronte ad ambienti nei quali il terrore del male ispira misure di difesa disumane, frutto di avversioni istintive e irrazionali verso il malato. Dobbiamo continuare ad operare perché proprio questi ambienti, che sembrano più refrattari, si aprano anch’essi alla speranza. Accogliamo il grido rivolto a Gesù dagli stessi lebbrosi: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi” (Lc 17,13).

Signore, se vuoi, puoi purificarmi – Benedetto XVI (Angelus, 12 febbraio 2006): Cristo è il vero “medico” dell’umanità, che il Padre celeste ha mandato nel mondo per guarire l’uomo, segnato nel corpo e nello spirito dal peccato e dalle sue conseguenze. Proprio in queste domeniche, il Vangelo di Marco ci presenta Gesù che, all’inizio del suo ministero pubblico, si dedica completamente alla predicazione e alla guarigione dei malati nei villaggi della Galilea. Gli innumerevoli segni prodigiosi che egli compie sugli infermi confermano la “buona notizia” del Regno di Dio. Quest’oggi il brano evangelico racconta la guarigione di un lebbroso ed esprime con grande efficacia l’intensità del rapporto tra Dio e l’uomo, riassunta in uno stupendo dialogo: “Se vuoi, puoi guarirmi!”, dice il lebbroso. “Lo voglio, guarisci!”, gli risponde Gesù, toccandolo con la mano e liberandolo dalla lebbra (Mc 1,40-42). Vediamo qui come concentrata tutta la storia della salvezza: quel gesto di Gesù, che stende la mano e tocca il corpo piagato della persona che lo invoca, manifesta perfettamente la volontà di Dio di risanare la sua creatura decaduta, restituendole la vita “in abbondanza” (Gv 10,10), la vita eterna, piena, felice. Cristo è “la mano” di Dio tesa all’umanità, perché possa uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte, rialzarsi in piedi sulla salda roccia dell’amore divino (cfr Sal 39, 2-3).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

“Il lebbroso designa il genere umano pieno di lebbra, cioè tutti coloro che, avendo peccato, si sono presentati davanti alla grazia di Dio affinché Egli, stesa la mano, cioè toccata l’umana natura per mezzo del Verbo, li purificasse dalla varietà dei passati errori” (Nicola di Lira).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare». Col suo esempio, il Signore ci insegna a procedere senza troppa fretta, ponderando sempre il da farsi e preparandosi bene all’agire. È la radice da cui prendono vigore le quattro virtù cardinali, che a loro volta sono la sorgente di ogni altra virtù: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. La venuta stessa di Gesù, che in questo Tempo di Natale ormai agli sgoccioli abbiamo a lungo contemplato, è stata preparata nei secoli attraverso rivelazioni e alleanze, dirette come con Abramo o Mosè, o indirette come per mezzo dei profeti. Dio ha atteso «la pienezza del tempo» (Gal 4,4) per farsi uomo. E poi attese ancora tanti anni prima della sua manifestazione pubblica. E anche quando iniziò la sua attività pastorale, con parole, segni e prodigi, non ebbe mai la fretta di fare tutto e subito, ma ha saputo attendere i tempi del Padre. Silenzio, preghiera, attesa… sono la palestra che ci rende stabili nella fortezza, saggi nella prudenza, giusti nell’agire orientato a Dio e temperanti nel dare sfogo alle nostre attese. Senza queste virtù saremmo bandiere esposte al vento delle passioni, insipienti, frettolosi, ansiosi, pasticcioni. Ancora peggio: agiremmo per correggere gli altri e non noi stessi, puntando il dito al prossimo senza vedere quanto siamo deboli. E alla fine non saremo buoni né per Dio né per gli altri.

Preghiamo

Dio onnipotente, manifesta anche a noi il mistero della nascita del Salvatore rivelato ai Magi dalla luce della stella, e cresca sempre più nel nostro spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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