12 Dicembre 2019 – Giovedì, II del Tempo di Avvento
(Is 41,13-20; Sal 144[145]; Mt 11,11-15)
I Lettura: Grazie all’aiuto divino, Israele, debole e insignificante, diventa capace di ridurre i nemici come pula al vento. Dio si manifesta nel punire i colpevoli di gravi offese liberando dalla schiavitù. La salvezza è presentata come il dono dell’acqua, che rende un paradiso il deserto e disseta le popolazioni stremate.
Vangelo: Nei primi tempi coloro che seguivano il Battista avevano attribuito allo stesso caratteristiche messianiche. Gesù, in questa pericope di Matteo, da un lato conferma la grandezza di Giovanni, dall’altro sottolinea la verità che la figura del Battista è preparatoria alla venuta del Cristo, il vero Messia.
Non ci fu uomo più grande di Giovanni Battista – Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Giovanni Battista – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 13 dicembre 2007): In questo tempo di Avvento varie volte la Chiesa ci presenta Giovanni Battista come colui che prepara la via al Signore. Di nessuno Gesù ha parlato così a lungo come del Battista. Con una serie incalzante di domande lo presenta come il profeta che sa attendere il Signore, e ne fa l’esempio per i credenti. In effetti, il Battista, con una vita austera, ha preparato anzitutto se stesso all’incontro con Dio, non si è trincerato dietro un facile orgoglio e una scontata autosufficienza. Si potrebbe dire che ha violentato se stesso per far crescere nel suo cuore l’uomo religioso che sa attendere l’inviato di Dio. Ha saputo creare nel suo cuore una vera interiorità. E poi con la predicazione ha cercato di aprire una via nel cuore degli uomini della sua generazione perché riconoscessero e accogliessero il Signore. In questo è davvero “il più grande tra i nati di donna”; un fratello unico che il Signore continua ad inviarci perché anche noi prepariamo il nostro cuore ad accogliere Gesù che viene per poterlo quindi indicare anche agli altri.
Il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono – Redemptor Hominis 11: Gesù Cristo è stabile principio e centro permanente della missione, che Dio stesso ha affidata all’uomo. A questa missione dobbiamo partecipare tutti, in essa dobbiamo concentrare tutte le nostre forze, essendo più che mai necessaria all’umanità del nostro tempo. E se tale missione sembra incontrare nella nostra epoca opposizioni più grandi che in qualunque altro tempo, tale circostanza dimostra pure che essa è nella nostra epoca ancor più necessaria e – nonostante le opposizioni – è più attesa che mai. Qui tocchiamo indirettamente quel mistero dell’economia divina, che ha unito la salvezza e la grazia con la croce. Non invano Cristo disse che «il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono»; ed inoltre che «i figli di questo mondo (…) sono più scaltri dei figli della luce». Accettiamo volentieri questo rimprovero, per essere come quei «violenti di Dio» che abbiamo tante volte visto nella storia della Chiesa e che scorgiamo ancor oggi, per unirci consapevolmente nella grande missione, e cioè: rivelare Cristo al mondo, aiutare ciascun uomo perché ritrovi se stesso in Lui, aiutare le generazioni contemporanee dei nostri fratelli e sorelle, popoli, nazioni, stati, umanità, paesi non ancora sviluppati e paesi dell’opulenza, tutti insomma, a conoscere le «imperscrutabili ricchezze di Cristo», perché queste sono per ogni uomo e costituiscono il bene di ciascuno.
Ci siamo rassegnati – Paolo VI (Udienza Generale, 4 febbraio 1976): Ci siamo rassegnati allo scoraggiamento, alla fatalità degli avvenimenti, mascherando di intelligente tempestività il vostro tardivo ossequio al trionfo della moda e della passività ambientale; senza più afferrarci ai nostri principii, ai nostri doveri, alla nostra coscienza cristiana. Ebbene, se vogliamo essere coerenti e fedeli dovremo ricordarci che dobbiamo essere forti, secondo ragione s’intende, anche se questa virtù della fortezza cristiana ci espone a non pochi pericoli, a non poche difficoltà (cfr. S. THOMAE, Summa Theologiae, II-IIæ, 123, 1). La nostra professione cristiana non dev’essere condizionata dalla paura. Cristo ce lo ha ripetuto tante volte (cfr Mt 10,28). Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti (cioè i forti) lo possono raggiungere (Ibid. 11,12). Il cristiano non dev’essere un mediocre, ma un forte (cfr S. AMBROSII, De Officiis, 1,39). Se la nostra educazione cristiana è stata debole e reticente, specialmente sul senso del dovere, su l’obbligo della testimonianza e dell’apostolato, sul rischio dell’impopolarità, dell’avversa fortuna (cfr Gv 16,20) e perfino della vita (Ibid. 12,24-25), noi dobbiamo corroborarla di virtù per sé religiose, quali sono la fede, la speranza, l’amore, ma eminentemente pratiche anche nell’ordine temporale (cfr Gal 3,11; Rm 5,5; 2Cor 1,7; etc.); e ricuperare alla nostra vita cristiana la virtù cardinale della fortezza.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
«L’anima dopo aver trovato la propria strada cinta di spine, dopo non esser riuscita a impossessarsi dei suoi amanti, ritorna all’amore del suo primo uomo; infatti per lo più, quando non possiamo ottenere ciò che vogliamo in questo mondo, quando ci stanchiamo nell’impossibilità di adempiere i nostri desideri terreni, allora ritorniamo di cuore a Dio, allora comincia a piacerci colui che ci dispiaceva; i suoi precetti ci erano amari, ma egli all’improvviso ci torna dolce nella memoria, e l’anima peccatrice, che aveva cercato di essere adultera ma non vi era riuscita in realtà, decide di essere sposa fedele. Di costoro che, spezzati dalle avversità di questo mondo, tornano all’amore di Dio, di costoro che si correggono così dai desideri della vita presente, che altro si può dire, fratelli miei, se non che vengono costretti a entrare?» (San Gregorio Magno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono». Cristo viene per inaugurare il Regno del Padre suo. Ma venendo ci ricorda che tale regno non è per tutti, o meglio è per tutti ma non tutti lo raggiungono. Penso a quando fa l’esempio della porta stretta, specificando che non tutti ci passano; penso a quando afferma che difficilmente un ricco vi potrà entrare; e così dobbiamo pensare a quanto afferma nel Vangelo odierno. Potremmo tradurlo in questo modo: i pigri, gli indolenti, i fannulloni, coloro che non sono capaci di combattere, di vivere una vita ascetica, coloro che cercano sempre le mezze misure, coloro che vivono di diplomazia e non di obiettivi da raggiungere… non si impadroniscono del regno dei cieli! Ne è un esempio Giovanni Battista: poteva starsene tranquillo e sereno, senza disturbare le coscienze altrui, chiuso in uno sterile spiritualismo, lontano da chi la pensava diversamente, da chi deteneva il potere. E invece preferì perdere la testa piuttosto che il regno di Dio. E noi? Possiamo definirci dei “violenti”? Siamo disposti a forzare quelle barriere che la società e il politicamente corretto ci impongono? Siamo pronti a rispondere a chi chiede conto della nostra speranza in Cristo? Siamo disposti a illuminare le coscienze di quanti preferirebbero restarsene nelle tenebre?
Preghiamo
Risveglia, o Dio, la fede del tuo popolo perché prepari le vie del tuo unico Figlio, e per il mistero della sua venuta possa servirti con la santità della vita. Per il nostro Signore Gesù…