I Lettura: Il re Antioco IV è reduce di due grandi sconfitte: l’insuccesso nel tentativo della presa della città di Elimàide in Persia, e la perdita della città di Gerusalemme riconquistata dai Giudei. L’autore sacro si sofferma sullo stato d’animo del re, caduto in depressione non solo per l’umilia-zione della sconfitta, ma soprattutto perché arrivata inaspettata in un momento di grande esaltazione per i Greci. Ciò mette in risalto come la fiducia nell’effimera potenza umana diventa una trappola quando non si fanno i conti anche con Dio.
Vangelo: I sadducèi con la storia dei sette fratelli non soltanto vogliono mettere in difficoltà Gesù, ma puntano a ridicolizzare la fede nella risurrezione dei morti professata dai farisei. Gesù per affermare il mistero della risurrezione cita la Parola di Dio, così come avevano fatto i suoi interlocutori per negarla. La Sacra Scrittura dimostra il grave errore dei sadducèi: il Signore, nella teofania del roveto ardente, rivela una comunione vera con degli esseri che anche dopo la morte continuano a vivere.
Dio non è dei morti, ma dei viventi – Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La risurrezione è causa della nostra la salvezza – CdA 274: La risurrezione non costituisce semplicemente un trionfo per Gesù, ma è causa della nostra salvezza: «È stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). Ha ricevuto la potenza divina di dare la vita ed è diventato il capostipite della nuova umanità, il nuovo Adamo, che ci fa rinascere come figli di Dio e conduce il mondo alla sua perfezione. Egli regna con la forza dell’amore come Agnello immolato e come Servo obbediente: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo… facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,7-9). La sua mediazione salvifica, pur avendo molti aspetti, si riassume nella comunicazione dello Spirito Santo agli uomini, per renderli capaci di credere e di amare, unirli a sé e ricondurli al Padre.
La nostra fede – Giovanni Paolo II (Omelia, 11 novembre 2001): La tradizione biblica e cristiana, fondandosi sulla Parola di Dio, afferma con certezza che, dopo quest’esistenza terrena, si apre per l’uomo un futuro di immortalità. Non si tratta di una generica affermazione, che intende venire incontro all’aspirazione dell’essere umano verso una vita senza fine. La fede nella risurrezione dei morti si fonda, come ricorda l’odierna pagina evangelica, sulla fedeltà stessa di Dio, che non è il Dio dei morti, ma dei vivi, e comunica a quanti confidano in Lui la medesima vita che egli possiede in pienezza. “Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto!” (Sal. resp.). Il ritornello del Salmo responsoriale ci proietta in questa vita oltre la morte, che è meta e pieno compimento del nostro pellegrinaggio qui sulla terra. Nel Primo Testamento si assiste al passaggio dall’antica concezione di un’oscura sopravvivenza delle anime nello sheol alla ben più esplicita dottrina della risurrezione dei morti. Lo attesta il Libro di Daniele (cfr Dn 12,2-3) e, in maniera esemplare, il Secondo Libro dei Maccabei, da cui è tratta la prima lettura poc’anzi proclamata. In un’epoca in cui il popolo eletto era ferocemente perseguitato, sette fratelli non esitarono ad affrontare insieme con la loro madre le sofferenze e il martirio pur di non venir meno alla loro fedeltà al Dio dell’Alleanza. Uscirono vincitori da tale terribile prova, poiché erano sostenuti dall’attesa dell’“adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati” (2Mac 7,14). Ammirando l’esempio dei sette fratelli riferito nel Libro dei Maccabei, ribadiamo con fermezza la nostra fede nella risurrezione dei morti di fronte a posizioni critiche anche del pensiero contemporaneo. È questo uno dei punti fondamentali della dottrina cristiana, che illumina di luce consolante l’intera esistenza terrena.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
“Come è simile il morto a colui che si è addormentato, la morte al sonno, la risurrezione al mattino! Un giorno splenderà in noi la verità come luce nei nostri occhi, guarderemo la morte come immagine del sonno che desta inquietudine. Folle chi vede che il sonno finisce la mattina, e crede che la morte sia un sonno che dovrà durare in eterno! Se la speranza ravviva i nostri occhi, vedremo ciò che è nascosto: il sonno della morte finirà un mattino. Svanirà il meraviglioso profumo del tesoro della vita nel corpo, nella dimora dell’anima, donde era uscito. Bellissimo sarà il corpo, diletto tempio dello Spirito, rinnovato si muterà nella casa della beata pace. Allora squillerà la tromba sulle sorde arpe: «Svegliatevi, cantate gloria davanti allo Sposo! «Si sentirà un’eco di voci quando si apriranno i sepolcri, tutti prenderanno le arpe per suonare il canto di lode. Sia ringraziato il Signore che ha esaltato Adamo, anche se poi il superbo l’ha umiliato nel baratro! Gloria a lui quando umilia, gloria a lui quando risuscita. Anche la cetra suoni a Dio nel giorno della risurrezione” (Sant’Efrem).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«… in quale tribolazione sono giunto, in quale terribile agitazione sono caduto, io che ero così fortunato e benvoluto sul mio trono!». Vogliamo oggi soffermarci su questa esclamazione colma di tristezza e angoscia, pronunciata dal re Antioco al termine della sua vita: egli che aveva regnato e spadroneggiato, egli che si era fatto un nome e aveva sottomesso i popoli, egli che aveva disprezzato il Dio dei Cieli e depredato il tesoro del Tempio di Gerusalemme, ora giace su un letto di dolore, piange le sue sconfitte, non si dà pace scoprendo la verità della sua fragilità. Vogliamo soffermarci su questa espressione di lamento pensando ai tanti troni che anche noi occupiamo: troni umani che ci danno un senso di effimero appagamento, ci fanno credere potenti, ci illudono di soddisfazioni. Imbavagliando la coscienza, ammutolendo la Parola, questi falsi troni prima o poi ci gettano nell’agitazione, chiedono conto dei nostri limiti. Queste considerazioni ci preparano alla festa che solennemente celebreremo domani: Cristo è il Re di ogni cosa! Lui solo è degno di regnare. Solo seguendo lui nella via della Croce, morendo con lui, con lui anche regneremo (cfr 2Tm 2,11-12) e siederemo su un trono di gloria e di gioia incorruttibili ed eterne.
Preghiamo
Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo…