meditazioni, Novembre

21 Novembre 2019

I Lettura: Ecco «un altro episodio legato alla persecuzione antigiudaica di Antioco. Il suo tenore, però, è notevolmente diverso. Mentre Eleàzaro e i sette fratelli rappresentano la risposta della non violenza ai soprusi del tiranno, che viene coronata dalla gloria del martirio, l’episodio odierno, il cui protagonista è Mattatìa, esprime un’altra possibile risposta alla persecuzione antigiudaica: la rivolta armata. Entrambe le reazioni, pur opposte nella loro natura e apparentemente in antitesi l’una rispet-to all’altra, hanno una loro ragion d’essere e perfino una approvazione divina, ciascuna secondo il proprio scopo. È evidente che Dio non chiede a Mattatìa quello che chiede a Eleàzaro. Si tratta, insomma, di due figure che rispondono ciascuna alla sua chiamata e che rivestono, nel disegno di Dio, un ruolo insostituibile» (E. Cuffaro).

Vangelo: Gerusalemme non ha accolto il Cristo, chiudendosi, in questo modo, alla comprensione di quello che porta alla pace messianica. Questo “oracolo completamente intessuto di reminiscenze bibliche [notevoli specialmente nel testo greco: v. 43: cfr Is 29,3; 37,33; Ger 52,4-5; Ez 4,1-3; 21,27 – v. 44: Os 10,14; 14,1; Na 3,10; Sal 137,9) richiama la rovina di Gerusalemme del 587 [o 586?] a.C. e molto più quella del 70 d.C.” (Bibbia di Gerusalemme). Per analogia possiamo applicare questo oracolo al-l’anima: quando essa rifiuta la grazia, l’amicizia di Gesù, ben presto si consegna nella mani dei suoi nemici apportatori di tenebre e di rovine… e la sua rovina sarà grande (Mt 7,27).

Se avessi compreso quello che porta alla pace! – Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Presentazione della Beata vergine Maria al Tempio – Benedetto XVI (Angelus, 18 novembre 2007): Cari fratelli e sorelle, raccogliamo l’invito di Cristo ad affrontare gli eventi quotidiani confidando nel suo amore provvidente. Non temiamo per l’avvenire, anche quando esso ci può apparire a tinte fosche, perché il Dio di Gesù Cristo, che ha assunto la storia per aprirla al suo compimento trascendente, ne è l’alfa e l’omega, il principio e la fine (cfr Ap 1,8). Egli ci garantisce che in ogni piccolo ma genuino atto di amore c’è tutto il senso dell’universo, e che chi non esita a perdere la propria vita per Lui, la ritrova in pienezza (cfr Mt 16,25). A tener viva tale prospettiva ci invitano con singolare efficacia le persone consacrate, che hanno posto senza riserve la loro vita a servizio del Regno di Dio. Tra queste vorrei ricordare particolarmente quelle chiamate alla contemplazione nei monasteri di clausura. Ad esse la Chiesa dedica una Giornata speciale mercoledì prossimo, 21 novembre, memoria della presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria. Tanto dobbiamo a queste persone che vivono di ciò che la Provvidenza procura loro mediante la generosità dei fedeli. Il monastero, “come oasi spirituale, indica al mondo di oggi la cosa più importante, anzi alla fine l’unica cosa decisiva: esiste un’ultima ragione per cui vale la pena vivere, cioè Dio e il suo amore imperscrutabile” (Heiligen-kreuz, 9/9/2007). La fede che opera nella carità è il vero antidoto contro la mentalità nichilista, che nella nostra epoca va sempre più estendendo il suo influsso nel mondo. Ci accompagna nel pellegrinaggio terreno Maria, Madre del Verbo incarnato.

Alla vista della città pianse su di essa – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 22 novembre 2007): Gesù, al vedere Gerusalemme, scoppiò a piangere. Era la città santa, mèta desiderata da ogni israelita, simbolo dell’unità del popolo, molto di più della semplice capitale di uno Stato. Gerusalemme, tuttavia, stava tradendo la sua vocazione di città della pace; l’ingiustizia e la violenza percorrevano le sue strade, i poveri erano dimenticati e i deboli oppressi, e soprattutto stava per respingere il principe della pace che veniva a visitarla. Non lo voleva neppure morto dentro le sue mura: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non lo accolsero”. Alla vista della città Gesù pianse. Non piangeva su di sé, come in genere facciamo noi; egli piangeva sulla sua città e sulle tante città che ancora oggi rifiutano la pace e la giustizia. Gesù piange perché, se non si accoglie il Vangelo dell’amore, non rimarrà pietra su pietra delle città degli uomini. Per questo, nonostante il rifiuto, Gesù entra dentro la città, quasi a forzarne le mura. Egli sa – e la resurrezione ne è testimonianza – che l’amore è più forte di ogni violenza, anche dell’ultima violenza, che è la morte.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme… – «Ricorda che Gerusalemme si chiamava dapprima Salem. I giudei sostengono che fu fondata in Siria, dopo il diluvio, dal figlio di Noè, Sem, che dicono sia Melchisedek, il quale proprio in Siria ebbe il suo regno. In seguito la conquistarono i Gebusei, dai quali fu chiamata Iebus. Quindi dai due nomi uniti insieme, Iebus e Salem, fu chiamata Ierùsalem, Gerusalemme. In fine Salomone, dopo averla restaurata e abbellita, la chiamò Ierosòlyma, quasi a dire Ierosolomònia. Salem significa «pace», Iebus «oppressa», Gerusalemme «visione di pace»: e in queste tre denominazioni sono simboleggiati i tre stati dell’anima. L’anima nel battesimo fu Salem; nella penitenza è Iebus; e infine nella gloria sarà Gerusalemme. Nel battesimo fu restituita all’anima la pace, perché da figlia dell’ira diventò figlia della grazia. Nella penitenza dev’essere oppressa e calpestata, poiché dice Isaia: «Sarà calpestata sotto i piedi la corona di superbia degli ubriachi di Efraim» [Is 28,3]. Gli ubriachi di Efraim, nome che s’interpreta «fertile», sono i ricchi di questo mondo, ubriachi di superbia e di lussuria; la loro corona, cioè la loro gloria, viene calpestata sotto i piedi della penitenza, quando vengono inebriati dal vino della contrizione. Leggiamo nei Proverbi: «Non esiste alcun segreto dove regna l’ebbrezza» [Pro 31,4]. Non c’è alcun segreto di iniquità dove regna la vera ebbrezza della contrizione: infatti rivela nella confessione tutto ciò che prima era nascosto nella mente. Sarà visione di pace nella gloria, dove, come dice Isaia, vedrà con i propri occhi il ritorno del Signore in Sion [cfr Is 52,8]. E ancora: «A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore» [Is 60,5]. O anima, se prima sarai stata Iebus [oppressa], vedrai poi ciò che occhio mai vide» (Sant’Antonio di Padova).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«… alla vista della città pianse su di essa». Oggi dobbiamo fermarci a contemplare questo pianto: è il Signore che piange perché ha visitato Gerusalemme, la sua città amata ed eletta, ma essa non lo ha riconosciuto, anzi lo ha respinto e ripudiato. Piange, il Signore, perché ama, perché è fedele al suo amore, perché non respinge Gerusalemme, non la rigetta, non l’abbandona. Piange, Dio, dinanzi alla freddezza, alla indifferenza e alla ribellione della sua amata creatura resa sua sposa. È il pianto di chi sa che cosa poteva essere Gerusalemme dinanzi alle altre città e nazioni, a motivo della sua gratuita elezione da parte di Dio, e di cosa invece sarà a motivo del suo peccato. Ma non fermiamoci a riflettere e dolerci solo su Gerusalemme: fermiamoci piuttosto a vedere in questo pianto la tristezza che Dio, il suo amante Cuore, nutre vedendo il mio peccato, la mia scarsa attenzione nei suoi riguardi, la superficialità con cui corrispondo al suo eterno amore. Piange, Gesù, alla vista della mia anima, perché la vede ancora immersa in difetti, soffocata da mille roveti, ben legata da troppi lacci che la immobilizzano. Piange, Gesù, perché sa bene quanto gli sono costato e a quale meraviglioso grado di santità mi ha eletto, eppure mi vede avviato verso vie di peccato e di tenebre.

Preghiamo

Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo delle beata Vergine Maria; fa’ che per sua intercessione partecipi alla pienezza della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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