I Lettura: Dopo la morte eroica del vecchio Eleàzzaro tocca ai fratelli Maccabèi, con la loro madre, ad affrontare il martirio. Nel racconto di questo crudele episodio, la cosa più sconvolgente è quando, man mano che i sei fratelli vengono uccisi, il più piccolo è incoraggiato dalla madre a resistere alle atroci torture fino alla morte rimanendo fedele a Dio. La storia del martirio di questi fratelli, deve incoraggiarci in quelle scelte quotidiane che ci interrogano se rimanere fedeli alla legge divina o obbedire ai potenti che spadroneggiano.
Vangelo: La parabola che ci viene proposta si può paragonare a quella dei talenti di Matteo. La figura del nobile uomo rappresenta Gesù. Nel dire che deve andare lontano per ricevere il potere, è un chiaro annuncio della sua passione, anche quando sottolinea che deve ritornare, fa riferimento alla sua venuta alla fine dei tempi. Questo brano del Vangelo vuole farci capire l’importanza dell’azione di noi cristiani in questo tempo in cui il regno di Dio è sì iniziato con la morte e risurrezione di Gesù, ma ancora deve manifestarsi definitivamente.
Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca? – Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La parabola dei dieci servi – Benedetto XVI (Angelus, 13 novembre 2011): Con questa parabola, Gesù vuole insegnare ai discepoli ad usare bene i suoi doni: Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una missione da compiere. Sarebbe da stolti pensare che questi doni siano dovuti, così come rinunciare ad impiegarli sarebbe un venir meno allo scopo della propria esistenza. Commentando questa pagina evangelica, san Gregorio Magno nota che a nessuno il Signore fa mancare il dono della sua carità, dell’amore. Egli scrive: “È perciò necessario, fratelli miei, che poniate ogni cura nella custodia della carità, in ogni azione che dovete compiere” (Omelie sui Vangeli 9,6). E dopo aver precisato che la vera carità consiste nell’amare tanto gli amici quanto i nemici, aggiunge: “se uno manca di questa virtù, perde ogni bene che ha, è privato del talento ricevuto e viene buttato fuori, nelle tenebre” (ibidem).
I talenti arricchiscono…: CCC 1879-1880: La persona umana ha bisogno della vita sociale. Questa non è per l’uomo qualcosa di aggiunto, ma un’esigenza della sua natura. Attraverso il rapporto con gli altri, la reciprocità dei servizi e il dialogo con i fratelli, l’uomo sviluppa le proprie virtualità, e così risponde alla propria vocazione. Una società è un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro. Assemblea insieme visibile e spirituale, una società dura nel tempo: è erede del passato e prepara l’avvenire. Grazie ad essa, ogni uomo è costituito «erede», riceve dei «talenti» che arricchiscono la sua identità e che sono da far fruttificare. Giustamente, ciascuno deve dedizione alle comunità di cui fa parte e rispetto alle autorità incaricate del bene comune.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha – «Molti, pur essendo per natura sapienti e avendo un ingegno acuto, se però sono stati negligenti e con la pigrizia hanno corrotto la loro naturale ricchezza, a confronto di chi invece è un poco più tardo, ma con il lavoro e l’industria ha compensato i minori doni che ha ricevuto, perderanno i loro beni di natura e vedranno che il premio loro promesso sarà dato agli altri. Possiamo capire queste parole anche così: chi ha fede ed è animato da buona volontà nel Signore, riceverà dal giusto Giudice, anche se per la sua fragilità umana avrà accumulato minor numero di opere buone. Chi invece non avrà avuto fede, perderà anche le altre virtù che credeva di possedere per natura. Efficacemente dice che a costui “sarà tolto anche quello che crede di avere”. Infatti, anche tutto ciò che non appartiene alla fede in Cristo, non deve essere attribuito a chi male ne ha usato, ma a colui che ha dato anche al cattivo servo i beni naturali» (San Girolamo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». Il Signore dona a ciascuno secondo le proprie capacità e in base alle attese che ha su ciascuno. I talenti non sono dati senza discrezione, i carismi li otteniamo secondo il progetto che Dio ha per ciascuno di noi e il posto che abbiamo all’in-terno del suo grande disegno di salvezza per tutti gli uomini. Ecco perché chi ha molto non è per meriti personali o per una casualità fortunata, anzi sono grandi responsabilità che Dio mette nelle nostre mani e di cui dobbiamo rendere conto. Così anche chi ha ricevuto poco, non ha motivo di invidiare i grandi “carismatici”, ma al contempo non deve trovare scuse per non fare almeno quel poco che Dio si aspetta da lui. Ecco perché, nella parabola, il padrone rimprovera aspramente il servo pigro di non aver messo quell’unico denaro almeno in banca, sì da riscuoterne gli interessi. Come dire: se proprio non vuoi impegnarti a fare qualcosa tu, almeno sostieni con qualche sacrificio e preghiera il lavoro degli altri, sì da aver cosa dare loro tramite gli “interessi” delle tue buone azioni! Tutti, poco o molto, abbiamo ricevuto da Dio e tutti dobbiamo rendere conto di come lo abbiamo impiegato. E di talenti ne abbiamo tanti, a cominciare dalla vita, dalla salute, dal tempo, dall’intelligen-za, dalla possibilità di dare buon esempio…
Preghiamo
Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo…