18 Settembre 2019 – Mercoledì, XXIV del Tempo Ordinario – (1Tm 3,14-16; Sal 110[111]; Lc 7,31-35)
I Lettura: Il mistero di Cristo è il centro e il cuore della proclamazione della verità che si realizza nella Chiesa mediante la predicazione apostolica. San Paolo, vuole esortare Timòteo a non perdere mai di vista quella che è l’attività principale della Chiesa del Dio vivente. Sarebbe un errore considerare come attività primaria della Chiesa le varie opere di carità. Il cuore e il centro di ciò che la Chiesa è chiamata a fare in questo mondo è la confessione del mistero della pietà, che è Cristo stesso.
Vangelo: Il brano proposto dalla liturgia di oggi si capisce bene solo se lo leggiamo unito ai versetti precedenti. Giovanni è il precursore, Gesù è colui che il Battista ha annunciato, cioè il Messia. Davanti all’annuncio di Giovanni e alla persona di Gesù, come si sono comportati tutti? I farisei in modo particolare, hanno assunto un atteggiamento di bambini capricciosi, a differenza dei pubbli-cani che hanno accolto la predicazione del Battista.
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto – Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve… – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 febbraio 1988): Tutta la vita terrena di Cristo e tutto lo svolgimento della sua missione rendono testimonianza alla verità della sua assoluta impeccabilità. Lui stesso ha lanciato la sfida: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Gv 8,46). Uomo “senza peccato”, Gesù Cristo è durante tutta la sua vita in lotta con il peccato e con tutto ciò che genera il peccato, a cominciare da satana, che è “padre della menzogna” nella storia dell’uomo “fin da principio” (cfr. Gv 8,44). Questa lotta si delinea già alla soglia della missione messianica di Gesù, nel momento della tentazione (cfr. Mc 1,13; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13), e raggiunge il suo culmine nella croce e nella risurrezione. Lotta che dunque termina con la vittoria. Questa lotta al peccato e alle sue stesse radici non rende Gesù estraneo all’uomo. Al contrario, lo avvicina agli uomini, a ogni uomo. Nella sua vita terrena Gesù era solito mostrarsi particolarmente vicino a quelli che agli occhi degli altri passavano come peccatori. Lo vediamo in molti testi del Vangelo. Sotto questo aspetto è importante il “paragone” che Gesù fa tra se stesso e Giovanni Battista. Egli dice: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,18-19). È evidente il carattere “polemico” di queste parole nei riguardi di coloro che prima hanno criticato Giovanni Battista, profeta solitario e asceta severo che viveva e battezzava nei pressi del Giordano, e poi criticano Gesù perché si muove e opera in mezzo alla gente. Ma è altrettanto trasparente da tali parole la verità del modo di essere, di sentire, di comportarsi di Gesù verso i peccatori.
Ritornare al centro del cuore – Benedetto XVI (Udienza Generale, 25 aprile 2012): Non dobbiamo perderci nell’attivismo puro, ma sempre lasciarci anche penetrare nella nostra attività dalla luce della Parola di Dio e così imparare la vera carità, il vero servizio per l’altro, che non ha bisogno di tante cose – ha bisogno certamente delle cose necessarie – ma ha bisogno soprattutto dell’affetto del nostro cuore, della luce di Dio… Senza la preghiera quotidiana vissuta con fedeltà, il nostro fare si svuota, perde l’anima profonda, si riduce ad un semplice attivismo che, alla fine, lascia insoddisfatti.
La vita interiore – Paolo VI (Ecclesiam Suam 40): La vita interiore si pone tuttora come la grande sorgente della spiritualità della Chiesa, modo suo proprio di ricevere le irradiazioni dello Spirito di Cristo, espressione radicale e insostituibile della sua attività religiosa e sociale, inviolabile difesa e risorgente energia nel suo difficile contatto col mondo profano.
… scadrebbe in attivismo sterile – Giovanni Paolo II (Discorso, 12 giugno 1988): Dall’Eucaristia deve… trarre ispirazione e forza e all’Eucaristia deve condurre tutta l’attività pastorale. Una azione pastorale senza questo collegamento vitale scadrebbe in attivismo sterile, in un umanitarismo privo di contenuto evangelico. Questo è vero per i sacerdoti, nati dall’Eucaristia e per l’Eucaristia, ma anche per gli operatori della pastorale, chiamati ad un impegno di testimonianza che si esaurirebbe ben presto se non trovasse alimento nella partecipazione al corpo e sangue del Signore; è vero per i religiosi che dall’Eucaristia possono attingere la forza per perseverare nella loro consacrazione e per viverla nel vincolo della fraternità.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto: infatti vi annunciamo la gioia del Regno celeste, e i vostri cuori non esultano minimamente di un moto di vivacità; predichiamo il terribile giudizio, e i vostri animi non scoppiano in un pianto di pentimento. È una forma di mancanza di fede nelle realtà divine non godere di ciò che è prospero e non piangere per il suo contrario. Dunque il Signore esige da noi il ballo, ma non quello di un corpo flessuoso, bensì quello della santità di una fede che si innalza” (Massimo da Torino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato». Chi suona il flauto, nella parabola dei ragazzi raccontata da Gesù e riportata dalla Liturgia della Parola, lo fa con uno scopo ben preciso: coinvolgere gli altri a ballare. Lo stesso si può dire per quanti cantano un lamento con lo scopo di coinvolgere emotivamente gli altri al punto da farli piangere. Il rimprovero di Gesù alla sua generazione possiamo oggi sentirlo rivolto a ciascuno di noi. Egli è venuto, ci ha parlato, ha mostrato la sua potenza e la sua gloria con segni e prodigi, ha sofferto ed è morto per noi, è risorto ed è asceso al cielo, ci ha donato lo Spirito Santo, ha fondato la Chiesa, ha instaurato i Sacramenti, ci ha donato Maria… Ma tutto questo rimane “inutile” se non viene accolto liberamente da noi, se non ci facciamo coinvolgere, se non permettiamo allo Spirito Santo di realizzare in noi la vita divina. Essere cristiani non significa semplicemente “ascoltare” Dio che ci suona il flauto (attraverso la Parola, i Sacramenti, la preghiera…), ma necessita il nostro coinvolgimento: siamo chiamati a “ballare” come lui vuole. Fuor da metafora significa lasciarci plasmare dalla preghiera di intercessione, mettersi a servizio dei fratelli, pronti ad evangelizzare, forti nel testimoniare, ecc. Insomma, non possiamo “usare” Dio solo per i nostri bisogni spirituali e temporali, ma dobbiamo imparare dal Figlio a compiere in pienezza la volontà salvifica del Padre.
Preghiamo
O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…