17 Settembre 2019 – Martedì, XXIV del Tempo Ordinario – (1Tm 3,1-13; Sal 100[101]; Lc 7,11-17)
I Lettura: Paolo raccomanda delle precise caratteristiche che riguardano coloro che sono chiamati a diventare vescovi. Ci troviamo in un contesto di Chiesa primitivo che riporta delle notevoli differen-ze rispetto ad un contesto ecclesiale odierno. L’obbligo del celibato, subentrato in una fase successiva della storia del cristianesimo, non era richiesto a nessuno per esercitare il ministero, e poteva essere al massimo una scelta libera e del tutto personale, come nel caso dell’Apostolo Paolo. Si tratta soltanto di consuetudini e di leggi non ancora sufficientemente precisate nella vita ecclesiale dei primi tempi, ma abbozzate, costituendo la base degli sviluppi successivi.
Vangelo: Attraverso i miracoli operati tra la gente Gesù voleva rivelare che tramite la sua persona si rivela l’agire di Dio che salva. I miracoli sono anche segno profetico riguardo ai sacramenti e al po-tere salvifico esistente nella Chiesa. Nel caso specifico della risurrezione da morte di questo ragazzo, Gesù non attende alcuna professione esplicita di fede della madre, ma muovendosi a compassione, interviene. Ai tempi di Gesù per le donne senza un marito era molto difficile procurarsi di che vivere, questo unico figlio maschio era la sola speranza.
Ragazzo, dico a te, àlzati! – Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
«Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare – CCC 298: Dio, poiché può creare dal nulla, può anche, per opera dello Spirito Santo, donare ai peccatori la vita dell’anima, creando in essi un cuore puro, e ai defunti, con la risurrezione, la vita del corpo, egli «che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono» (Rm 4,17). E, dal momento che, con la sua Parola, ha potuto far risplendere la luce dalle tenebre, può anche donare la luce della fede a coloro che non lo conoscono.
Il corpo è destinato alla risurrezione – CCC 364-366: Il corpo dell’uomo partecipa alla dignità di «immagine di Dio»: è corpo umano proprio perché è animato dall’anima spirituale, ed è la persona umana tutta intera ad essere destinata a diventare, nel corpo di Cristo, il tempio dello Spirito. «Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi, attraverso di lui, toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore. Allora, non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione nell’ultimo giorno». L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la «forma» del corpo; ciò significa che grazie all’anima spirituale il corpo, composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura. La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio – non è «prodotta» dai genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale.
Come risuscitano i morti? – CCC 997: Che cosa significa «risuscitare»? Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù.
Chi risusciterà? – CCC 998: Tutti gli uomini che sono morti: «Usciranno [dai sepolcri], quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5,29).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa
Dalla morte alla vita: «Gesù andava in un villaggio chiamato Naim e andavano con lui i discepoli e una gran folla. Avvicinandosi alla porta del villaggio, s’incontra col funerale d’un ragazzo; era figlio unico, e la madre era vedova; e c’era tanta gente. Questa vedova, seguita dalla folla, è la santa Chiesa. Della quale è detto: “Benedirò la sua vedova” [Sal 131,15]. È vedova non perché non abbia marito, ma perché non lo può vedere; aspetta che venga alla fine dei tempi. È detta vedova, perché staccata dal marito. E questo vale per una donna vedova e per il tempo presente. Alla Chiesa del tempo presente il Signore si avvicina, perché non manca di visitare ogni giorno la sua Chiesa. Da questa viene portato via un defunto ogni volta che uno, morto per il peccato, si separa dalla Chiesa. La pia madre tuttavia lo segue in lacrime, perché neanche del figlio fuggitivo si dimentica la Chiesa. Piange infatti ogni giorno per quelli che peccano e non fanno penitenza dei loro peccati [2Cor 12,21]. Commosso a quella vista il Signore le disse: “Non piangere. E s’avvicinò e toccò la bara. I portatori si fermarono ed egli disse al morto: Ragazzo, te lo dico io, alzati. E quello ch’era morto si mise a sedere e cominciò a parlare. Ed egli lo diede a sua madre [ibid.]”. Dio consolatore degli afflitti guarda soprattutto le lacrime versate sui peccati degli altri. Tocca la bara, ferma i portatori e risuscita il morto, quando con la sua visita induce l’uomo alla penitenza. Son cattivi portatori quelli che conducono un uomo a seppellire. Son buoni portatori quelli che dal sepolcro riportano un uomo alla vita.» (Bruno di Segni
Silenzio / Preghiera / La tua traccia
«Il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”». Come vorremmo poter entrare tra le pieghe di questo Cuore colmo di compassione, fermarci a contemplare la sovrabbondanza della sua ricchezza, gustare la dolcezza della sua misericordia! Luca, da vero artista e pittore qual era, riesce a dipingere la scena con una finezza meravigliosa. Ecco avanzare il corteo funebre tra una folla piangente e disperata; ed ecco la bara del fanciullo con una donna, già toccata dal lutto per la perdita del marito, e ora straziata dal dolore per la perdita dell’unico figlio. Gesù si muove a compassione: nessuno lo invoca, nessuno lo chiama, ed egli non fa una richiesta di fede esplicita ma guarda negli occhi quella mamma e con dolcezza divina la invita a non piangere. Non perché era ormai inutile piangere, ma perché quel figlio gli sarebbe stato restituito vivo. Forse avrà detto quelle parole volgendosi un po’ verso sua Madre, sapendo che anche queste le avrebbe serbate e meditate in quel cuore che da lì a poco sarebbe stato trafitto per i nostri peccati nella terribile Passione del Figlio. Gesù tocca la bara, tutto si ferma: interminabili secondi. Infine una Parola detta con autorità, con ferma fiducia nel Padre che è Signore e da la vita: il bambino si siede, parla. È vivo! Viene ridato alla mamma tra la folla, che cambia il lutto in gioia, in lode a Dio.
Preghiamo
O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…